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Aggressività, agire la propria rabbia. L’aggressività, nell’immaginario collettivo, si riferisce alla messa in atto di comportamenti violenti, fino a vere e proprie esplosioni di collera. è infatti l’elemento alla base di molti fenomeni negativi di cui sentiamo, purtroppo, sempre più spesso parlare, come il bullismo, il mobbing o i reati a sfondo sessuale. È un termine che la maggior parte delle volte usiamo sotto forma di aggettivo: “persona aggressiva”, “cane aggressivo”, “rispondere in modo aggressivo” e così via.
L’aggressività fa parte della nostra vita quotidiana, sia se siamo noi ad agirla verso gli altri sia quando la subiamo. Può capitarci di dover gestire comportamenti aggressivi in ambito lavorativo, come sottolinea la psicologia del lavoro, ad esempio da parte di colleghi, sia nella sfera sociale e relazionale con amici o parenti. Conoscere strategie per affrontare situazioni di questo tipo ci permette di uscirne, con nonchalance, nel miglior modo possibile, abilità che depongono a favore di una buona leadership.
A partire dal concetto di aggressività, parleremo delle caratteristiche specifiche in ogni fascia d’età, per arrivare a capire come gestirla al meglio. Buona lettura!
Aggressività: Definizione e Caratteristiche
L’aggressività è un’azione che danneggia intenzionalmente qualcuno in modo fisico o psicologico. Un comportamento, dunque, da non confondere con la rabbia, che invece è l’emozione che si associa ad esso.
“Intenzionalmente” è una parola chiave. In passato, infatti, si riteneva che l’aggressività fosse qualcosa di istintivo perché presente in tutto il mondo animale (e quindi funzionale alla sopravvivenza). Effettivamente, se ci pensate, l’aggressività è uno strumento di difesa: l’animale, come l’uomo, diventa aggressivo quando deve proteggere i suoi piccoli, il suo cibo, il luogo in cui vive o la posizione che riveste nel suo branco. Anche in un percorso arduo come quello di adozione, l’aggressività del figlio adottivo può entrare in gioco perché si sente minacciato e spaventato dalla rete di nuove relazioni in costruzione.
A differenza degli animali, però, l’uomo può diventare violento anche senza un vero e proprio motivo. Ciò ha fatto presumere che l’aggressività potesse essere in qualche modo appresa, ovvero imparata. Vedi anche: Apprendimento Sociale
Ecco quali sono le diverse forme che l’aggressività umana può assumere:
- Strumentale, cioè in funzione del raggiungimento di uno scopo, come avviene per soggetti con Disturbo Antisociale di personalità.
- Pura, fine a se stessa.
- Etero-diretta, ovvero rivolta verso gli altri o le cose. Può essere attuata direttamente contro la vittima, oppure essere mediata da altri ed essere, quindi, indiretta. La rabbia è anche parte del disturbo oppositivo provocatorio, che emerge tipicamente durante lo sviluppo.
- Auto-diretta, violenza rivolta contro se stessi. È il caso, ad esempio, di autolesionismo o suicidio.
- Reattiva, in risposta ad un torto subito.
- Proattiva, attuata in modo programmato con l’intento di arrecare un danno.
- Attiva, compiuta attraverso un gesto dannoso.
- Passiva, dovuta al sottrarsi ad un’azione. L’omissione di soccorso, piuttosto che l’evitare di rispondere ad una domanda.
- Verbale, quando l’aggressione avviene attraverso le parole.
- Non Verbale, se si comunica aggressività attraverso il linguaggio del corpo.
- Individuale, agita da una singola persona.
- Di gruppo, cioè messa in atto da più individui contemporaneamente.
Il burnout è una sindrome da esaurimento emotivo provocata da continue situazioni di stress all’interno del contesto lavorativo. Una possibile causa è l’aggressività di gruppo messa in atto dai colleghi.
Differenze di genere
L’uomo e la donna hanno modalità leggermente diverse di manifestare la propria aggressività, frutto di un atteggiamento di fondo. Non è una regola, sia chiaro.
L’aggressività è correlata ad elevati livelli di testosterone. Scopri come la concentrazione di questo ormone si modifica durante la gravidanza, nell’uomo e nella donna.
Vedi anche:
Il genere maschile tende ad essere più diretto: utilizza maggiormente lo scontro fisico, sia corporeo che con oggetti. L’aggressività verbale viene invece veicolata attraverso parole pungenti ed offensive.
Le femmine, invece, agiscono l’aggressività in modo più subdolo. Usano principalmente ricatti, si negano nella comunicazione o escludono l’altro dall’attività. Una sorta di aggressività mascherata.
In generale un comportamento aggressivo può essere motivato dalla frustrazione di un bisogno. Siamo biologicamente programmati, infatti, a reagire negativamente quando qualcuno o qualcosa si frappone tra noi e il nostro obiettivo. Quando ciò avviene, sperimentiamo una sensazione di frustrazione che, se rinforzata dall’ambiente esterno, ci spinge a far valere la nostra opinione in modo aggressivo. Anche l’enuresi, tra i disturbi dell’evacuazione, provoca aggressività.
Per scoprire come fare per elaborare la rabbia nel lutto, vedi anche: Lutto, Come Superarlo?
Aggressività in Psicologia: Adulti
Dal punto di vista clinico, l’aggressività è un sintomo presente in diversi quadri psicopatologici. Le persone con psicosi o schizofrenia possono avere episodi violenti quando sono in fase acuta, come anche soggetti con depressione, disturbo bipolare o con stati d’ansia. L’ansia, infatti, comporta una condizione di maggiore attivazione psicofisica che si definisce “di allarme”. Quando siamo all’attenti, anche cose di poco conto possono farci scattare all’improvviso e reagire in modo più aggressivo di quanto non vorremmo. Anche l’aver subito traumi psicologici innesca la reazione d’allarme tipica del panico, rendendo maggiormente suscettibili ad atti violenti.
Nello spettro dell’autismo è abbastanza frequente lo scoppio di rabbia a livello emotivo e comportamentale. A queste persone, infatti, manca un’adeguata capacità nel riconoscere e nel gestire le emozioni che determina momenti di aggressività apparentemente immotivata. Anche il potenziamento cognitivo, in alcuni casi, può essere un valido alleato.
In generale possiamo dire che il comportamento aggressivo è possibile che si verifichi quando ci sono delle problematiche legate al discontrollo degli impulsi. Nell’adulto ciò si concretizza in disturbi di personalità del cluster B, in particolare nell’antisociale, nel narcisismo maligno nel borderline di personalità. Nel bambino e nell’anziano lo vedremo nei prossimi paragrafi.
Il comportamento aggressivo può essere provocato, inoltre, dall’uso di alcol o droghe stimolanti. Anche alcuni psicofarmaci, in particolare per il trattamento di sintomi depressivi, possono portare all’aggressività come effetto collaterale.
Infine, consideriamo che chiunque, quando sta male fisicamente, tende a reagire in modo più aggressivo. Il dolore ci rende più insofferenti.
Aggressività nei Bambini
L’aggressività nei bambini è fonte di grande preoccupazione per l’adulto, che teme un problema di tipo comportamentale. Il disturbo della condotta, l’oppositivo-provocatorio e l’esplosivo intermittente sono effettivamente una possibilità, ma non l’unica causa di comportamenti aggressivi nell’infanzia. Anche il rapporto tra Internet e ragazzi può provocare comportamenti aggressivi, a causa di un meccanismo di disimpegno morale. L’insulto virtuale ha meno valore di una denigrazione dal vivo nell’immaginario comune.
I bambini possono reagire aggressivamente perché, come l’adulto, vivono un momento di forte stress o hanno un problema di natura fisica. O ancora, è possibile che non abbinano sviluppato adeguate capacità relazionali e non sappiano, pertanto, interagire con gli altri in modo funzionale. Alcuni modi di comportarsi del bambino con ADHD, ad esempio, possono venire scambiati per violenti quando in realtà più semplicemente non sono socialmente adatti.
È importante considerare, inoltre, che i bambini sono di natura più impulsivi dell’adulto perché sono ancora in fase di sviluppo. Le loro strutture cerebrali non sono ancora complete e ciò determina la mancanza di un efficiente meccanismo di regolazione degli impulsi. Per questo motivo sono più emotivi e meno logici dell’adulto, non solo in età infantile ma anche in quella adolescenziale. La piena maturazione cerebrale avviene, infatti, al completamento dell’adolescenza. Si parla dei 18 anni circa.
Aggressività negli Anziani
La terza età porta con sé una maggiore attenzione ai propri stati interiori in termini di emozioni e pensieri. L’anziano, ad un certo punto della sua vita, comincia infatti a riflettere sul proprio passato e sulle esperienze fatte. È concentrato a cercare significati emotivi positivi negli avvenimenti, tralasciando i cambiamenti che avvengono intorno a lui. Ciò gli permette di ottimizzare gli stati emotivi, riducendo quindi l’aggressività, attraverso una modalità di regolazione più sofisticata delle emozioni.
Le reazioni di aggressività clinicamente significative nella terza età corrispondono alla presenza di patologie caratterizzate da decadimento cognitivo. Situazioni di demenza senile, Alzheimer e Morbo di Parkison sono frequentemente associate a episodi aggressività, verbale e in alcuni casi fisica. Questo accade, in un primo periodo, a causa del forte stress che queste patologie comportano: la persona si accorge della sua condizione di decadimento e ciò influisce in maniera negativa sul suo umore e sulla sua autostima. Nelle fasi avanzate, invece, compaiono in seguito a problemi di memoria e di inibizione degli impulsi.
Vedi anche: Memoria di lavoro
L’aggressività nell’anziano complica le dinamiche di accudimento, rendendo più difficile il compito del caregiver. Queste problematiche hanno impatto sia sulla gestione pratica della persona in terza età che sulla dimensione emotiva di chi lo circonda.
Aggressività e Comunicazione
L’aggressività, nella nostra cultura, si esprime principalmente attraverso la comunicazione verbale. Al lavoro, in una discussione con un amico o con il nostro partner, c’è sempre la possibilità di trovarsi in una situazione di conflitto in cui qualcuno cercare di farsi valere attraverso un atteggiamento aggressivo.
Gli stili comunicativi sono tre e vengono scelti sulla base della preferenza individuale: sono quello aggressivo, appunto, passivo e assertivo. Per approfondire l’argomento leggi anche: Comunicazione: Definizione, Elementi, Assiomi e Stili
Possiamo scegliere, in base alla situazione in cui ci troviamo e alle nostre caratteristiche di personalità, quale stile utilizzare. In generale, quello più efficace e funzionale è quello assertivo.
L’assertività corrisponde ad una comunicazione decisa, ma non prepotente, dei propri sentimenti. Permette di esprimere un parare personale senza prevaricare sull’altro, di prendere decisioni e di esercitare scelte senza eccesiva ansia. Si basa sull’empatia e richiede una certa dose di resilienza.
Aggressività: Come Gestirla?
Abbiamo appena visto che padroneggiare l’arte dell’assertività è lo strumento più utile in caso di situazioni aggressive. Facile a dirsi, ma non a farsi. Come fare per gestire l’aggressività?
Innanzitutto occorre distinguere due condizioni differenti. Siamo noi ad dover capire come contenere la rabbia oppure dobbiamo imparare ad affrontare i comportamenti aggressivi altrui?
Imparare a contenere la rabbia
Se rientrate nel primo caso, le opzioni sono diverse. Sicuramente lo strumento principale per conoscersi e comprendere da dove arrivano rabbia ed aggressività è la psicoterapia. Bisogna prima identificare le cause del problema per, poi, intervenire su di esse. Il percorso terapeutico è utile anche quando sono presenti problematiche di tipo psicologico associate al sintomo dell’aggressività.
È possibile anche optare per training di assertività, svolti da esperti in comunicazione assertiva (solitamente psicologi o psicoterapeuti) per potenziare competenze specifiche della comunicazione. Inoltre, possono essere utili anche training di rilassamento (ad esempio Training autogeno o Rilassamento muscolare progressivo) o esercizi di Mindfulness per abbassare lo stato di attivazione fisica che accompagna gli episodi di aggressività, imparando a padroneggiare l’intensità dei nostri stati emotivi.
Anche la meditazione può portare importarti benefici in termini di accettazione delle emozioni negative.
Imparare ad essere assertivi
Quando invece ci troviamo in situazioni in cui altri rivolgono la loro aggressività verso di noi, la cosa più furba che possiamo fare è rispondere in modo assertivo. L’assertività disarma il conflitto, bloccando l’aggressività dell’altro.
Se il momento è particolarmente carico a livello emotivo e/o avete paura di perdere la calma, distanziatevi dal conflitto. Potete guardare altrove, girarvi di spalle o cambiare stanza. Questo destabilizzerà l’altro, che non si aspetta una reazione di questo tipo, e creerà uno spazio dove poter esprimere, assertivamente, la vostra opinione. Questo trucchetto funziona particolarmente bene con bambini con problemi comportamentali. Ignorare un comportamento sbagliato fa si che, con il tempo, non sia più così interessante da essere messo in atto.
Con gli anziani, invece, occorre agire preventivamente quando si notano i primi segnali di stress, evitando così che la rabbia si trasformi in aggressività. Distrarlo attraverso attività o altri discorsi interromperà, con probabilità, l’escalation dell’emotività. Se ciò non accade, ricordate di non contraddire la persona che ha problemi di demenza, né di sommergerla di parole: non è detto che riesca a comprendere appieno quanto gli state comunicando.