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Alzheimer, malattia neurodegenerativa tanto nota quanto temuta.
Spesso, nell’oceano della disinformazione, si rischia di sottovalutare aspetti importantissimi legati alla qualità della vita, che aiutano a fare prevenzione. Altrettanto, si possono ignorare sintomi chiave iniziali o addirittura “inciampare” nella confusione più totale. Pensare all’Alzheimer spesso porta a porci alcune domande. Che cosa scatena questa malattia? Cosa si può fare? Esiste un modo per trattarla e prevenirla? Chi rischia di più?
Ricordate: fondamentale è informarsi! Non abbiate paura di chiedere e rivolgervi a professionisti competenti. Parlare di ciò che può spaventare è l’inizio per affrontare al meglio il problema.
Proviamo a sciogliere insieme qualche dubbio rispetto a cosa sia la Malattia di Alzheimer, l’evoluzione dei suoi sintomi e le possibilità di trattamento al di là dei farmaci.
Alzheimer, Cos’è
La Malattia di Alzheimer è la forma più nota di demenza (circa il 60% dei casi). Nessuno sa come inizi effettivamente il processo della malattia. Neppure molto conosciamo del perché alcuni dei normali cambiamenti associati all’età senile diventino così estremi e distruttivi nei malati di Alzheimer.
Quello che possiamo affermare e che a breve vedremo nei paragrafi seguenti, è quanto accade nel cervello. Quali sono i correlati anatomo-clinici e afferenti al dominio cognitivo una volta che l’Alzheimer ha esordito.
Con il progredire della malattia, i sintomi legati alle funzioni cognitive (es. memoria, linguaggio, pensiero, funzioni esecutive, ecc…) diventano sempre più evidenti. Così, iniziano ad interferire con le attività quotidiane e con le relazioni sociali generando una fonte di stress non di poco conto. Le difficoltà pratiche nella vita di tutti i giorni, come ad esempio quella di vestirsi, lavarsi o andare alla toilette, diventano sempre più gravi e alienanti. Il risultato è che la persona colpita dalla Malattia di Alzheimer diventa completamente dipendente da chi si occupa di lui. In questa direzione, è dunque importante “sostenere chi sostiene”, un supporto psicologico rivolto a familiari e operatori che quotidianamente lavorano con pazienti affetti da Alzheimer. Mai sentito parlare di burnout?
Questa malattia eredita il nome da Alois Alzheimer, neurologo tedesco. Nel 1907 egli descrisse per primo i sintomi e gli aspetti neuropatologici della Malattia di Alzheimer.
Alzheimer, Epidemiologia
Secondo i dati registrati dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) a settembre 2018, nel mondo si contano 46,8 milioni di persone affette da una forma di demenza.
Una cifra che sembrerebbe essere destinata quasi a raddoppiare ogni 20 anni. Addirittura si stima possa raggiungere 74,7 milioni di persone malate nel 2030 e 131,5 milioni nel 2050. Sono oltre 9,9 milioni i nuovi casi di demenza che insorgono ogni anno, vale a dire un nuovo caso ogni 3,2 secondi.
In Italia, il numero totale dei pazienti con demenza è stimato in oltre un milione (di cui circa 600 mila con demenza di Alzheimer) e circa 3 milioni sono le persone che sarebbero coinvolte in maniera diretta o indiretta nell’assistenza dei loro familiari malati.
Perché cifre così elevate qui in Italia? Non trascuriamo il fatto che il nostro sia uno dei paesi europei più anziani! Quasi il 17% della popolazione, per un totale di 9,5 milioni, ha superato i 65 anni di età entrando ufficialmente in quella fascia del ciclo di vita umano chiamata terza età. Dunque, è comprensibile come siano in aumento tutte le malattie croniche perché legate all’età. Tra queste vi sono anche le demenze e l’Alzheimer in prima fila!
Alzheimer, Sintomi
Esiste una certa eterogeneità nelle manifestazioni di esordio e nella progressione della Malattia di Alzheimer. Tuttavia, nei casi più tipici, l’Alzheimer presenta un decorso e delle caratteristiche abbastanza riconoscibili.
In generale, i sintomi di esordio sono di natura cognitiva. Ad essi si aggiungono, in seguito, sintomi di tipo neurologico (es. difficoltà nei movimenti o convulsioni).
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Per facilitare la comprensione dell’evoluzione dei sintomi durante la Malattia di Alzheimer, possiamo distinguere differenti fasi che si susseguono.
Fase Iniziale
Nella fase iniziale della malattia, il paziente o i suoi familiari cominciano a notare principalmente difficoltà nella memoria di tutti i giorni. Ad esempio, il paziente si dimentica oggetti, eventi accaduti di recente, luoghi ed appuntamenti. Spesso, tali dimenticanze vengono minimizzate perché attribuite ad eventi oggetto di stress, frequenti nella vita di tutti. Oppure, in maniera ancor più generica, al semplice invecchiamento.
L’Alzheimer comporta una progressiva amnesia, ossia un disturbo selettivo della memoria caratterizzato dall’incapacità a rievocare le esperienze passate e/o ad acquisire nuove informazioni.
Oltre ai disturbi legati soprattutto alla memoria autobiografica più recente, si associano anche difficoltà legate al linguaggio. Ad esempio, difficoltà nella denominazione di persone (prima poco note e poi anche familiari) e oggetti, ossia anomie. Tutto ciò può impattare negativamente sulla comunicazione, rendendo il discorso inconcludente. Il paziente, infatti, può prendersi lunghe pause per la ricerca della parola scritta.
Altre Difficoltà della Fase Iniziale
Sono presenti difficoltà anche nel calcolo e nel disegno grafico. Inoltre, vi possono essere brevi e sporadici episodi di disorientamento topografico. Ad esempio, la persona con un inizio di Alzheimer può perdersi mentre percorre strade note, tanto da dover chiedere aiuto ai passanti.
È importante sottolineare che in questa prima fase di malattia, il paziente può conservare coscienza dei propri disturbi. Può percepire che “qualcosa non funziona più” . Dunque, scontrandosi con i propri inspiegabili fallimenti, le persone affette da Alzheimer tendono a chiudersi in se stesse evitando situazioni sociali che potremmo definire di “messa alla prova”. Immaginiamo, ad esempio, giocare a carte con amici, una partita di scacchi oppure intraprendere una semplice discussione con qualcuno.
Fase Intermedia
Nella fase intermedia di malattia, i disturbi cognitivi si accentuano e ne insorgono di ulteriori. Per quanto concerne la memoria, il paziente ha difficoltà estrema a ricordare eventi recenti, anche se significativi sul piano emozionale e comincia a disorientarsi nel tempo. Non riesce più a collocare temporalmente gli eventi e a ricordare data, mese, anno e stagione corrente.
Anche rispetto ai luoghi, risulta presente un importante disorientamento spaziale. La persona con Alzheimer intermedio, sembra non essere in grado di definire dove si trovi nel momento in cui gli viene posta la domanda.
Le anomie aumentano e iniziano a riguardare oggetti di uso frequente. Il discorso diventa frammentario, incoerente e dai contenuti molto poveri. La comprensione sempre più ridotta.
Altre Difficoltà della Fase Intermedia
Il paziente mostra forte difficoltà nell’esecuzione di procedure abituali (es. cucinare, guidare l’automobile, apparecchiare la tavola, sistemare oggetti nel cassetto giusto, ecc….).
Nella copia di un disegno può mostrare il fenomeno del closing-in. Si tratta della tendenza a produrre la copia di un disegno (es. forma o sagoma) utilizzando parti del modello, oppure tracciare alcuni segni grafici direttamente sul modello.
Il closing-in è presente nei bambini normali in età prescolare. Può essere osservato anche in pazienti con cerebrolesioni focali, ma soprattutto con danni cerebrali diffusi.
Spesso, nella fase intermedia della Malattia di Alzheimer, compaiono i primi disturbi comportamentali. Il paziente può manifestare un atteggiamento apatico, perde l’iniziativa personale, è poco reattivo. A tratti può dimostrare aggressività. Facciamo un esempio. Alla domanda da parte del clinico “quanti anni ha?” oppure “come si chiama?” il paziente in genere tende a guardare angosciato il suo familiare di riferimento che lo ha accompagnato. Il tentativo è di ricevere aiuto per fornire la risposta.
L’atteggiamento di ricerca di un feedback e di un suggerimento da parte del familiare e/o accompagnatore, è stato definito “segno della testa ruotata”.
Non è più presente coscienza di malattia. Chi soffre di Alzheimer, in questo stadio, può manifestare una certa aggressività sia verbale sia motoria.
Dal punto di vista psicopatologico, potrebbero comparire manifestazioni allucinatorie per periodi più o meno lunghi. In prevalenza allucinazioni visive, soprattutto serali e di contenuto complesso (es. scene, persone).
Le allucinazioni, così come il delirio, sono sintomi caratterizzanti anche disturbi psichiatrici tra cui la Schizofrenia
Fase Avanzata
Nella fase avanzata della Malattia di Alzheimer, i disturbi di memoria diventano gravissimi! Il paziente presenta difficoltà importanti nella comunicazione, limitata soltanto ai bisogni primari. Non riesce ad esprimere contenuti attraverso il linguaggio.
Si realizza la triade afasia, agnosia e aprassia che si associa a completa amnesia. Questo caratterizza il quadro clinico conclamato dell’Alzheimer.
Un quadro afasiologico frequente è l’afasia transcorticale sensoriale, con eloquio fluente ma incomprensibile. Gravi deficit di comprensione, ma capacità di ripetizione in parte conservata.
Dal punto di vista comportamentale, in questa fase compare la deambulazione compulsiva. Immaginiamo un paziente che cammina avanti e indietro, senza mai fermarsi, spesso neanche di notte! Proprio questo è uno dei tanti fattori che a lungo termine tenda a stressare e frustare molto coloro che hanno in gestione e cura assistenziale la persona con Alzheimer.
Altri aspetti comportamentali rilevanti, in questa fase, sono: comportamenti motori ripetitivi e afinalistici (es. fare e disfare il letto in continuazione) e tendenza alla fuga (es. tentativi continui di evadere di casa o dalla struttura di ricovero).
Infine, presenti marcati disturbi del sonno come ad esempio un’inversione del ritmo sonno-veglia o insonnia.
Fase Terminale
Nella fase terminale, compaiono i segni neurologici. Il paziente comincia ad avere difficoltà nella deambulazione (es. si muove a piccoli passi o tende a cadere) e nella percezione visiva (vedi anche la prosopagnosia come deficit di riconoscimento dei volti). Anche la capacità di controllare gli sfinteri è alterata e l’alimentazione autonoma risulta impossibile.
I familiari della persona con Alzheimer possono sperimentare, prima della sua morte reale , la percezione di un lutto anticipato. La degenerazione della patologia cambia, infatti, radicalmente il soggetto. Quante volte ci sarà capitato si sentire frasi come queste: “Non è più lui/lei”, “Se ne è già andato/a”, “Ero già pronto da tempo”…
Alzheimer, Cause
Come ci si può spiegare la comparsa della Malattia di Alzheimer? A cosa si può ricondurre la progressione dei sintomi neuropsicologici e psicopatologici di questi pazienti?
La risposta che la scienza prova a darci parte dal cervello!
Il cervello dei malati di Alzheimer presenta in abbondanza due strutture anomale: le placche beta-amiloidi e i grovigli neurofibrillari. Molti studi condotti sull’Alzheimer, infatti, mostrano il coinvolgimento iniziale di alcune aree cerebrali, a causa di queste strutture. Fino ad arrivare a compromettere l’intero cervello!
Le placche sono depositi densi, per lo più insolubili (non possono essere dissolti) di proteine e di materiale cellulare all’interno e intorno ai neuroni. I grovigli sono fibre intrecciate e insolubili che si formano all’interno della cellula nervosa.
Alzheimer e Cervello
La malattia colpisce inizialmente le aree temporo-parietali. In particolare, la sezione del lobo parietale e la parte mediale del lobo temporale dove ha sede l’ippocampo (importante per la nostra memoria). Il danneggiamento di tali regioni cerebrali spiega i disturbi del calcolo, le anomie, le difficoltà nella comprensione verbale e il disorientamento topografico. La compromissione precoce delle strutture ippocampali rende ragione, invece, dei disturbi della memoria.
Queste zone del cervello, come dimostrato dalle immagini radiologiche, diventano atrofiche. Per questo motivo, possiamo spiegarci la diversa entità della perdita e compromissione di funzioni cognitive importanti e non solo.
Per atrofia cerebrale si intende una riduzione permanente del tessuto cerebrale. Essa coinvolge la sostanza grigia, quello “strato” del cervello che raccoglie i corpi cellulari dei neuroni. Ma colpisce anche la sostanza bianca costituita prevalentemente dagli assoni,strutture che conducono gli stimoli partendo dal corpo del neurone stesso.
In un secondo momento, la malattia si estende alle regioni frontali e temporali anteriori del cervello. Ciò spiegherebbe l’insorgenza dei disturbi comportamentali. Infine, è danneggiato il lobo occipitale, conducendo a disturbi del riconoscimento visivo e alle allucinazioni.
Nelle fasi più avanzate della malattia sono coinvolte anche le aree motorie primarie, per cui il paziente presenta chiari disturbi neurologici.
(Per un approfondimento su come studiare le aree cerebrali, vedi anche: Tecniche di neuroimaging).
Alzheimer, Stimolazione Cognitiva
Con il termine stimolazione cognitiva si fa riferimento a quell’insieme di approcci che cercano di migliorare il funzionamento cognitivo globale ed il funzionamento sociale. Come vengono soddisfatti questi obiettivi? Attraverso la programmazione e il coinvolgimento del paziente (solitamente in gruppo) in attività quotidiane molto pratiche e discussioni su tematiche ad esempio di attualità. La stimolazione cognitiva risulta, ad oggi, il trattamento che meglio si adatta alle patologie progressive come l’Alzheimer.
Nel corso del tempo, sono stati sviluppati vari approcci di questo trattamento sempre più raffinati.
Fate attenzione, perché state per vedere qualcosa di straordinario. Nel video che vi proponiamo la protagonista è Marta C. González. Un’ex prima ballerina di cui l’Alzheimer ha cancellato i ricordi, ma quando ascolta la musica che danzava un tempo, ecco che la memoria del cuore si risveglia. Come per magia: tutti i passi le tornano alla mente. Guarda il video: ex ballerina affetta da Alzheimer.
Cognitive Stimulation Therapy (CST)
Un recente approccio, sviluppato presso la University College of London, è la Cognitive Stimulation Therapy (CST). Si tratta di un intervento basato sull’apprendimento esperienziale multisensoriale, focalizzato sulle possibili difficoltà quotidiane riscontrate da una persona affetta da Malattia di Alzheimer.
Si articola in 14 sessioni strutturate, ciascuna caratterizzata da un tema dominante. Ad esempio giochi fisici, infanzia, cibo, uso del denaro, giochi di parole, lettura e commento di notizie o riconoscimento di personaggi famosi. Gli incontri sono distribuiti due volte alla settimana, per una durata di 45 minuti ciascuno.
Successivamente, è previsto un programma di mantenimento, organizzato in 24 sessioni con cadenza una volta alla settimana. I temi sono simili al programma base iniziale e “intensivo”, ma prevedono l’utilizzo di materiali diversi, per evitare di annoiare i partecipanti. L’obiettivo, ribadiamolo, è sempre quello di allenare l’attività mentale anche attraverso l’espediente della curiosità!
Principi base della CST
- Promuovere nuove idee, pensieri, associazioni.
- Usare l’orientamento spazio-temporale.
- Favorire le opinioni personali.
- Usare misure di facilitazione per il ricordo degli eventi personali di vita.
- Stimolare il linguaggio.
- Stimolare le funzioni esecutive (es. problem solving)
- Rispetto
- Coinvolgimento
- Inclusione
- Divertimento
Efficacia della CST
“I potenziali benefici della CST sono evidenziabili sia a livello cognitivo sia a livello comportamentale e di qualità di vita” (Spectoret al., 2003).
Nello scenario inglese, sono presenti numerose evidenze di efficacia di questo trattamento, considerato “evidence-based”, ossia basato su evidenze empiriche. Studi controllati hanno mostrato miglioramenti nel funzionamento cognitivo globale, valutato attraverso il Mini – Mental State Examination (MMSE) e l’Alzheimer Disease Assessment Scale-Cognition (ADAS-cog).
Inoltre, si sono riscontrati benefici rispetto alla qualità di vita della persona con Alzheimer. La CST andrebbe a rafforzare l’autostima personale: il paziente si sente ancora parte di relazioni sociali significative. Senza dubbio, questo riduce notevolmente la tendenza all’isolamento.
Carta dei Diritti del Malato di Alzheimer
Nel 1999 è stata approvata la Carta dei Diritti del Malato di Alzheimer. Si tratta di un prezioso documento, per i suoi aspetti umanitari e di attenzione rispetto alla condizione di malattia. Esso fu redatto da parte delle Assemblee Generali di: Alzheimer’s Disease International, Alzheimer Europe e Alzheimer Italia.
Il malato di Alzheimer ha diritto a:
- rispetto e dignità, pari a quelli di ogni altro cittadino.
- essere informato.
- partecipare alle decisioni riguardanti il tipo di cura e di assistenza, presente e futura.
- accedere a ogni servizio sanitario e/o assistenziale.
- disporre di servizi specializzati.
- scegliere fra le diverse opzioni di cura/assistenza che gli si prospettano.
- una speciale tutela e garanzia contro gli abusi fisici e patrimoniali.
- avere, per legge, un tutore ufficiale scelto dal tribunale.
Alzheimer, Prevenzione
Dal punto di vista scientifico è stimato che circa un terzo dei casi clinici di persone affette da Malattia di Alzheimer siano riconducibili a fattori di rischio.
Oltre ad aspetti genetici, l’età senile è il principale fattore di rischio (dai 65 anni in poi), pur essendovi casi precoci. Anche il genere femminile (vedi anche identità di genere) mostra un rischio doppio rispetto a quello maschile di sviluppare la patologia degenerativa.
Esistono, poi, altri fattori di rischio legati allo stile di vita e pertanto potenzialmente modificabili. All’interno di questa categoria troviamo ad esempio: diabete, ipertensione, obesità, inattività fisica, depressione, fumo e basso livello di istruzione.
Ebbene, proprio su questi ultimi fattori è possibile agire il più precocemente possibile. Come? Ad esempio, cambiando e migliorando il proprio stile di vita.
Stile di Vita Sano: 6 Regole (Parte 1)
1. Esercizio fisico. Il famoso detto “mens sana in corpore sano” fa riferimento al fatto che una persona in buona salute fisica usa con più efficienza anche le proprie capacità intellettive. Qualsiasi attività fisica, anche una breve corsa di pochi minuti all’inizio di ogni giornata, ha un valore enorme! Può servire ad aumentare il flusso sanguigno in tutto il corpo, incluso il cervello e le sue funzioni cognitive!
Alcuni esempi di attività utili: esercizio aerobico, stretching muscolare, corsetta al parco.
2. No fumo.Il classico soggetto “fumatore medio” ha un rischio maggiore di sviluppare Malattia di Alzheimer. Abbandona la sigaretta, abbi cura di te stesso!
3. Attenzione al cuore. Monitoriamo il nostro funzionamento cardiovascolare, è importante. Mi raccomando, senza stress o ansia!
4. Alimentazione. il cervello necessita di essere adeguatamente nutrito! Ciò è fondamentale affinché il suo livello di efficienza rimanga costante. A questo scopo esistono particolari categorie di alimenti che una volta consumati influiscono in maniera significativa sulle performance cerebrali.
Super favorita la dieta mediterranea! Con frutta e verdura (preferibilmente di stagione), pasta, pane e cereali (si consiglia integrali). Anche l’olio di oliva, cipolla, aglio. È importantissimo limitare il consumo di carne rossa, insaccati vari, salumi, sale e dolci.
5. Allenamento mentale. Tenere allenata la nostra mente con semplici attività può favorire i meccanismi di plasticità cerebrale e un certo benessere cognitivo. Come? Potremmo ad esempio dedicarci alla lettura di un quotidiano o un libro, organizzare giochi da tavola con amici, fare qualche gita culturale.
Guarda anche i consigli per: memoria di lavoro.
6. Rete sociale. Continua a “tessere la tua tela sociale”. Relazionarsi con gli altri, favorire gli aspetti della comunicazione è un’operazione altamente stimolante per il nostro cervello!
Queste semplici indicazioni di prevenzione primaria consentono di agire sui fattori di rischio ancor prima dell’insorgenza della patologia. Quali vantaggi? Una riduzione dei casi di Malattia di Alzheimer e un ritardo nell’esordio dei sintomi. Insomma, non è mai troppo tardi per dare una svolta alla propria vita!