Sono soltanto ragazzi, chi li capisce è bravo!
L’avvento dei telefoni cellulari, di internet anche fuori casa e dei social network ha senza ombra di dubbio cambiato profondamente la genitorialità. Mark Prensky, scrittore statunitense che ha coniato la definizione di “nativi digitali”, indica il 1985 come l’anno della grande svolta, dal quale i nuovi nati rientrano di diritto nella categoria dei millennials. Secondo uno studio di Hearts & Science (2024), in Italia i dubbi e le paure dei genitori sono numerosi relativamente alla realtà virtuale: solo una minoranza, però, interviene, cercando di promuovere un uso più sicuro e consapevole della rete da parte dei propri figli. Soltanto il 27% dichiara di educare alla protezione delle informazioni personali, una percentuale analoga controlla app e giochi usati dai figli, il 20% stabilisce regole per l’uso della rete, il 24% insegna a riconoscere e affrontare situazioni di rischio online e il 20% incoraggia a segnalare problemi e situazioni sospette in rete.
Jamie, 13 anni, è accusato di aver accoltellato a morte una compagna di scuola e la polizia irrompe a casa sua alle prime ore del mattino. Dai primi interrogatori in caserma fino alle diverse perizie psicologiche, a distanza di qualche mese dal fatto, ognuna delle quattro puntate è girata in un’unica ripresa. Anche il punto di vista di chi guarda cambia molto rapidamente lungo queste quattro puntate, girate senza tagli: dall’empatia verso un ragazzino apparentemente innocente alla analisi realistica di ciò che ha fatto.
La nuova mini serie britannica, Adolescence, mette il focus su quanto l’utilizzo sregolato dei social network possa diventare rischioso per sé e per gli altri. Nonostante bambini e ragazzi abbiano ormai, fin dalla scuola elementare, un telefonino a uso esclusivo, nessuno di loro è in grado di saperli utilizzare in modo consapevole. Partendo dal fenomeno del cyberbullismo, che molti insegnanti e genitori ancora ignorano, possiamo osservare gli effetti distruttivi su Jamie: il costante e intenso bisogno di approvazione da parte dei coetanei (e delle coetanee), porta il protagonista di questa storia agghiacciante ad annientare chi prova ad intaccare la sua reputazione. Partendo da un “semplice” commento a un post di Instagram, passato inosservato persino allo scaglionamento attento degli investigatori, si apre un’interpretazione del caso di femminicidio differente da come appariva all’inizio della storia. La vittima rimane una, Katie, strappata giovanissima alla vita.
Evitamento emotivo e mascolinità tossica
Uno degli episodi più intensi è il secondo, che rappresenta il colloquio tra Jamie e la psicologa Briony Ariston: Jamie, a distanza di qualche mese dall’omicidio, si sta preparando a fronteggiare il processo e innumerevoli perizie psicologiche. Non esistono mostri e non esistono raptus, la premessa è chiara: ogni gesto è frutto di un insieme complesso di fattori. Qui assistiamo a una vera e propria decostruzione del protagonista, pezzo dopo pezzo, attraverso una identità non ancora formata ma segnata probabilmente per sempre.
L’alternanza tra momenti in cui Jamie appare come un tredicenne qualsiasi, impaurito e tenero, a attimi di profondo terrore, chiaramente leggibile anche negli occhi della psicologa che ha di fronte. Il ragazzo cerca di prevaricare su di lei, mettendosi in piedi, sbattendo i pugni sul tavolo e alzando il tono di voce: a tratti, ricorda le manifestazioni di rabbia discontrollata di suo padre. Si possono avvertire ancora tracce dell’infanzia, mescolate a una totale assenza di strumenti e di consapevolezza per gestire le proprie emozioni. Qui possiamo osservare chiaramente la visione del ragazzo del mondo femminile, da brividi, insieme alla mancanza di modelli di comportamento: genitori e insegnanti non bastano, online avviene tutt’altro.
Mentre assistiamo al dialogo tra Jamie e la psicologa, le reazioni sono tante: passiamo dalla rabbia alla paura fino alla sofferenza, nel giro di qualche secondo. Il suo disperato bisogno di approvazione ci addolora, le conseguenze di questo bisogno suscitano in noi uno sdegno e un furore incontrollabile.
Adolescence è una serie fondamentale per chiunque cresca adolescenti e preadolescenti: Jamie non ha nulla di poco normale, ci farebbe comodo crederlo ma non è così. L’analisi delle pressioni esercitate sui giovani d’oggi, influenzati dai social, bullizzati e cyberbullizzati o bulli loro stessi, può davvero fare la differenza. Cyberbullismo, slut shaming e cultura incel sono alcune delle tematiche centrali: quanti genitori di adolescenti ne hanno mai sentito parlare? Per chi non ha avuto a disposizione un telefono cellulare con connessione internet, quanto può essere complesso comprendere i reali rischi di una esposizione sregolata?
Jamie è un misogino in erba e “simula” molto bene sia a casa che a scuola. Gli insegnanti rimangono increduli, davanti a una scuola superiore che non appare affatto sconvolta. Alcuni se lo aspettavano, altri lo trovano persino divertente. Cosa ne traiamo? Che una conversazione tra genitori e figli non può essere facoltativa, ma necessariamente strutturata, anche con l’aiuto di un “mediatore” professionista.