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Il termine bisessuale definisce una persona che prova attrazione erotica per uomini e donne. Come per tante altre minoranze, il rischio è quello di andare incontro al triste fenomeno della discriminazione: in questo caso, la bifobia.
Oggi parleremo di cosa vuol dire bisessualità e del pregiudizio che la caratterizza, connesso a un atteggiamento antibisessuale che delegittima l’esistenza di questo orientamento.
Bisessualità sotto (doppia) accusa
La prima a parlare di bifobia è stata Kathleen Bennett nel 1992 ma, anche se siamo nel 2025, sfortunatamente non possiamo smettere di parlarne. Questo pregiudizio solitamente si basa sull’additare chi è bisessuale, definendolo/definendola come persona confusa, avida, inaffidabile.
Perché tutt’oggi esiste questa narrazione discriminante, che si diffonde anche attraverso programmi televisivi molto noti e seguiti? Iniziamo a rispondere a questo domanda osservando un aspetto in particolare: se pensate che chi si riconosce in una delle lettere della sigla LGBTQIA+ faccia parte di una stessa “grande famiglia” godendo di stessi diritti e totale appoggio da parte degli altri membri, sappiate che state peccando di ingenuità.
Nel caso della bisessualità, infatti, si parla addirittura di una “doppia discriminazione” perché avviene da parte di persone eterosessuali ma anche omosessuali.
Come scrive la linguista Beatrice Cristalli nel suo Dizionario dedicato alle identità, «lo stereotipo dell’ipersessualizzazione della persona con orientamento bisessuale può portare a considerarla come romanticamente ingannevole e/o incapace di costruire legami stabili nel tempo».
Capiamo quindi che, ad esempio, un conduttore dichiaratamente omosessuale non sente necessariamente di dover comprendere e accogliere un personaggio tv bisessuale; potrebbe non accettarlo del tutto e metterlo in cattiva luce, per via dei suoi pregiudizi. E, ancora, facendo un ipotetico esempio, questa ipersessualizzazione dell’essere bisessuale potrebbe portare a interpretare i diversi flirt che una persona ha normalmente nel corso della sua vita come testimonianza di non essere stabile e affidabile.
Eterosessualità vs bisessualità: due pesi, due misure?
Al contrario, si può notare in parallelo che, se si hanno accanto persone eterosessuali che indirizzano le loro attenzioni su partner diversi/e ripetutamente, la questione passa del tutto inosservata e non viene tacciata di instabilità e incoerenza. I nostri riferimenti, naturalmente, non sono casuali: parliamo di un programma molto visto e che, ci piaccia o meno, condiziona la visione di un ampio pubblico.
E qui arriviamo ai “due pesi, due misure”, notando anche che il giudizio cambia se si tratta di un uomo che ha molteplici esperienze con diverse partner o se si parla invece di una donna che, per stereotipo legato al genere, viene “richiesta” come capace di sentimento unidirezionale, fedele e senza fine.
Come si esprime la bifobia
Tornando al nostro argomento principale: come si può esprimere la bifobia? Con frasi come “è confuso/a”, “è una persona facile/espansiva”, “non sa ancora cosa vuole dalla vita”, facendo pesare e giudicando negativamente il fatto che da una “cotta” per un uomo si possa poi averne dopo una per una donna, o viceversa.
Più grave ancora è mettere al voto l’identità sessuale di una persona chiedendo agli altri di esprimere, tramite il loro istinto ed eventuale loro “esperienza”, se credono o meno nell’identità professata da quella persona. Peccato che tali consapevolezze su sé stessi si possano avere solo guardandosi personalmente dentro e cercando di capire con quale realtà ci si identifica di più.
Quante cotte ha una persona etero nel corso della sua vita? Una, nessuna, centomila? E va bene in ogni caso. Se, invece, una persona bisessuale prova attrazione per una donna e poi prova attrazione per un uomo, sarà probabilmente additata come “espansiva” e “confusa”.
La salute mentale non è uno scherno
Importante inoltre sottolineare che espressioni come “vai da uno psicologo/psichiatra”, usate per offendere le persone con tono dispregiativo, non dovrebbero esistere. Ci si appella a queste categorie professionali per prendersi cura di sé.
Soffrire eventualmente di patologie mentali non significa avere addosso un marchio, le patologie non possono essere usate come offesa e soprattutto non rappresentano una colpa. Le patologie della mente sono sofferenza e proprio per questo dovrebbero attrarre sentimenti benevoli (compassione, altruismo, comprensione) e non odio.
Direste mai a qualcuno con tono dispregiativo e come se fosse una sua colpa personale “vai a curarti il probabile tumore che hai da uno bravo?” No. Perché sarebbe disumano.
Stessa identica cosa vale per le malattie mentali, che non sono una scelta.
L’offesa diventa ancora più grave se si invita l’altro ad andare da uno psicologo per “colpa” di un orientamento sessuale non etero-normato, considerando – ovviamente – che non rappresenta di per sé un problema da “curare”.
Ognuno/a dovrebbe essere libero/a di flirtare con chi vuole, quando vuole (si spera che lo faccia nel rispetto delle altre persone coinvolte e in totale chiarezza); soprattutto in un programma televisivo costruito su dinamiche amorose e, più in generale, relazionali.
Informarsi per comprendere
Il linguaggio che usiamo e, quindi, le parole che scegliamo per rivolgerci alle persone andrebbero prontamente attenzionati, facendo tesoro dell’invito di Francesco Cicconetti: «Informiamoci sempre, accettiamo di non sapere anche quando ci sembra di sapere già tutto».
E, allora, in questo mondo in cui è difficile stilare profili univoci perché nessuno di noi è solo bianco o nero, ma siamo tutti e tutte intense sfumature di grigio, e dove è difficile potersi fidare (soprattutto di personaggi che per lavoro devono interpretare una parte mascherandosi), magari non garantiamo per nessuno ma non permettiamoci di tirare in ballo argomenti importanti e destabilizzanti.
Tutto ciò risulta fondamentale specialmente per gli adolescenti che seguono i programmi di massa, mentre stanno ancora provando a costruire la loro personalità e scoprire la loro identità. Ricordiamoci che l’identità di una persona è tutto fuorché stabile. Chiunque potrebbe scoprire parti nuove di sé o provare cose diverse nei vari periodi della vita.
Ciò non toglie che non è diritto di nessuno/a mettere bocca su quello che un’altra persona prova e sente e soprattutto non ci si può permettere di invalidare l’identità sessuale altrui, neanche per attirare l’attenzione durante un reality.
Rischi legati ai pregiudizi
Informandosi, come suggerisce Cicconetti, e ascoltando le persone che si hanno intorno si scopre una grande sofferenza. Quest’ultima dettata soprattutto dal giudizio sociale che spinge anche a comportamenti tragici come autolesionismo o, peggio, ideazioni e comportamenti suicidari. Infatti, il rischio di suicidio in adolescenza è più alto tra le persone LGBT+, in particolare se transgender o bisessuali (cfr. https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC9177208/, https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC8922902/, https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC8252908/).
A proposito dei rischi, le psicoterapeute Montano e Rubbino scrivono: «il sistema dualistico e binario di identificazione di genere e orientamento sessuale promosso nelle nostre culture è sbagliato e distruttivo. La pressione sociale di tale modello costringe le persone bisessuali a scegliere tra parti di sé, provocando violente fratture nel proprio equilibrio psicologico e introiettando la convinzione di essere sbagliati».
Di fronte a questa gravissima realtà, dovremmo rivalutare i nostri pregiudizi e mettere prima di tutto al centro le persone, a prescindere da eventuali etichette che possano descriverci.
Cultura pop e accettazione sociale
E a chi vorrebbe tirar velocemente le fila della questione con un banale «si tratta solo di TV spazzatura» o «non bisogna dare peso al giudizio altrui», ricordiamo:
- l’accettazione sociale si può ottenere solo dalla massa e la massa è rappresentata proprio dallo spettatore medio della TV. Deve essere nostra premura far passare l’accettazione anche e soprattutto coinvolgendo lo sguardo di quello spettatore medio lì. Questo attraverso delle narrazioni che siano inclusive e rispettose della diversità umana;
- è vero che bisogna lavorare primariamente su di sé e accettarsi, cercando di distaccarsi dai pensieri malevoli, ignoranti e pregiudizievoli. Ma il Sé sociale, che si costruisce attraverso le interazioni con gli altri, è una parte fondamentale della nostra personalità e va curata. E per curarla bisogna curare le relazioni che ci circondano.
La cultura pop, quella a portata di mano che ognuno di noi usa come sottofondo in serata, magari prima di addormentarsi, è proprio quella capace di trasmettere significati pervasivi nel quotidiano. Una battaglia culturale è vinta nel momento in cui anche questi programmi superano certi scogli. Un pregiudizio e una discriminazione sono sconfitti quando si smette di vedere atteggiamenti e mancanze al bar, al tabacchino e anche nei programmi TV.
La cultura fatta di sensibilità e rispetto per gli altri e le altre non può essere appannaggio esclusivo di élite culturali, cenacoli e campus universitari. La cultura fatta di rispetto, inclusione e accettazione deve essere alla mercé di tutti e tutte.
Tutti e tutte dovremmo avere diritto a una vita degna di essere vissuta e a una società fatta di relazioni che ci accolgano e ci facciano crescere nel nome del rispetto reciproco.
Noi di Psicocultura speriamo che questo articolo possa essere d’aiuto per distaccarsi da certi messaggi bifobici e misogini oggigiorno troppo diffusi dai media contemporanei che possono essere pericolosissimi se assecondati.
Nessuno/a merita di sentirsi sbagliato/a a causa di certe trame malsane e assolutamente non appoggiabili dai professionisti e dalle professioniste del settore psicologico.
Bibliografia citata e consultata
Balsam K. F. & Mohr J. J. (2007), Adaptation to sexual orientation stigma: A comparison of bisexual and lesbian/gay adults. Journal of Counseling Psychology, 54(3), 306-319.
Cristalli B., Parla bene pensa bene. Piccolo dizionario delle identità, Giunti Editore/Bompiani, Milano 2022.
Garcia Nuñez D, Raible-Destan N, Hepp U, Kupferschmid S, Ribeaud D, Steinhoff A, Shanahan L, Eisner M, Stulz N. Suicidal ideation and self-injury in LGB youth: a longitudinal study from urban Switzerland. Child Adolesc Psychiatry Ment Health. 2022 Mar 14;16(1):21. doi: 10.1186/s13034-022-00450-5. PMID: 35287691; PMCID: PMC8922902.
Kingsbury M, Hammond NG, Johnstone F, Colman I. Suicidality among sexual minority and transgender adolescents: a nationally representative population-based study of youth in Canada. CMAJ. 2022 Jun 6;194(22):E767-E774. doi: 10.1503/cmaj.212054. PMID: 35667666; PMCID: PMC9177208.
Montano A., Rubbino R., Manuale di Psicoterapia per la popolazione LGBTQIA+, Aspetti socio-culturali, modelli teorici e protocolli di intervento, Erickson, Trento 2021.
Tan RKJ, Low TQY, Le D, Tan A, Tyler A, Tan C, Kwok C, Banerjee S, Cook AR, Wong ML. Experienced Homophobia and Suicide Among Young Gay, Bisexual, Transgender, and Queer Men in Singapore: Exploring the Mediating Role of Depression Severity, Self-Esteem, and Outness in the Pink Carpet Y Cohort Study. LGBT Health. 2021 Jul;8(5):349-358. doi: 10.1089/lgbt.2020.0323. Epub 2021 Jun 17. PMID: 34142861; PMCID: PMC8252908.
Weiss J. T., “GL vs. BT: The Archeology of Biphobia and Transphobia within the U.S. Gay and Lesbian Community”, in Journal of Bisexuality, Haworth Press, (3/4), 2004, pp. 25-55.