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Autismo, un disturbo neuropsichico infantile di cui, soprattutto negli ultimi anni, si è sentito sempre più parlare. Come prima cosa, è importante precisare che parliamo di disturbo neuropsichico perché la base, a differenza di ciò che comunemente si crede, non è ambientale ma dovuta ad un alterato sviluppo del cervello. Attenzione! Nessuna “madre frigorifero” oppure atteggiamenti troppo freddi e insensibili ai bisogni del bambino alla base dell’autismo, come invece si credeva tempo fa.
Stiamo parlando di un disturbo che può comportare gravi difficoltà nella capacità di comunicare, di entrare in relazione con le persone, rapportarsi e saper stare all’interno di un gruppo e di adattarsi all’ambiente in generale. I problemi connessi alla condizione dell’autismo compaiono già nella prima infanzia, più o meno intorno al 2° o 3° anno di vita, per persistere poi tutta la vita. Alcuni dei sintomi più comuni, che approfondiremo di seguito, possono essere facilmente osservati già a partire dalla primissima infanzia. Il mutismo selettivo è un quadro clinico connesso all’ansia sociale secondo l’ultimo DSM, distinto dai sintomi di autismo.
Non a caso, chi è affetto da autismo, presenta problemi di interazioni sociali, problemi di comunicazione verbale e non verbale, oltre a comportamenti ripetitivi. Possono essere inoltre presenti disabilità intellettive, alterazioni della coordinazione motoria e alcuni disturbi gastro-intestinali. Insieme vedremo definizione, sintomi, cause, diverse tipologie di autismo e anche una parte dedicata al trattamento. Naturalmente, data la manifestazione precoce dei sintomi e le numerose difficoltà, si consiglia sempre una presa in carico tempestiva. Cercheremo anche di fornire un’idea più chiara su quale sia il quadro sintomatologico. Conoscere significa affrontare al meglio!
Il 2 aprile è la giornata mondiale della consapevolezza dell’autismo, istituita dall’ONU nel 2017.
Autismo, Definizione
L’autismo, oggi, è considerato un disturbo neuropsichico. E in passato? Il primo a parlare di autismo infantile precoce fu Kanner, psichiatra austriaco naturalizzato statunitense, che nel 1943 lo definì un’innata inabilità a creare un contatto normale, biologicamente determinato ed emotivo con gli altri. Kanner parla anche di soggetti con un’incapacità, presente sin dall’inizio della vita, di mettersi in contatto con gli altri e con le situazioni secondo il modo consueto, oltre ad un desiderio ansioso-ossessivo di mantenere inalterato le proprie abitudini di vita.
Dalla classica sindrome di Kanner si passa poi agli studi di Asperger. Il famoso pediatra austriaco descrisse quattro bambini che avevano imparato a parlare molto presto ma non erano mai stati capaci di integrarsi in un gruppo di pari, oltre a specificare la presenza di alcuni movimenti e abitudini stereotipate.
Questi resoconti significativi ritraggono ciò che oggi viene definito autismo o, meglio, spettro autistico. Lo spettro è ampio, comprensivo della classica sindrome di Kanner, originariamente chiamata “disturbo autistico del contatto affettivo”, e della sindrome di Asperger, inizialmente definita “psicopatia autistica in infanzia”. L’autismo è ora considerato come spettro che varia da lieve a molto grave, uno spettro di disturbi simili che rientrano sotto la terminologia di Disturbi dello Spettro Autistico o ASD.
A partire dal Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali 5 (2014), l’autismo si indica come sindrome del neurosviluppo a esordio precoce, definita dal punto di vista comportamentale. L’autismo è inoltre caratterizzato da difficoltà nella comunicazione e nella interazione sociale, accanto a difficoltà nella flessibilità comportamentale. La definizione ha subito numerose modifiche nel corso del tempo, per adattarsi al meglio a studi e ricerche più recenti.
La sigla americana ASD è tradotta in italiano con DSA, la stessa usata per i Disturbi Specifici dell’Apprendimento. Vedi anche: Dilessia, Disortografia e Discalculia
Diffusione del disturbo
Secondo alcune delle ricerche più recenti, l’autismo colpisce l’1-2% dei bambini nella popolazione normale, con una prevalenza maggiore nei maschi rispetto alle femmine di 4:1.
Una delle stime più recenti, ottenuta da studi su popolazione, suggerisce una prevalenza compresa tra 0.76% e 2.6%. Un’altra informazione importante da conoscere, quando parliamo di prevalenza, è che i Disturbi dello Spettro Autistico colpiscono con più frequenza la popolazione maschile (rapporto di circa 4:1).
La crescita della prevalenza è, in parte, un risultato legato ai cambiamenti nei concetti e nei criteri diagnostici ma non solo. Negli ultimi anni, si è registrata una maggiore consapevolezza, oltre a una perfezionata capacità di riconoscimento e all’età inferiore della diagnosi. I tabù e i giudizi erronei relativi agli autismo sono sempre stati molti, proprio a partire dalla scorretta interpretazione delle cause.
L’autismo evolve in schizofrenia con il passare del tempo? No. Sono due problematiche differenti, sebbene alcuni sintomi siano simili, come le alterazioni del pensiero (vedi anche: delirio) e dell’eloquio.
Autismo, Sintomi
Come abbiamo già accennato, l’autismo, secondo la definizione più recente, viene indicato come sindrome del neurosviluppo a esordio precoce, definita dal punto di vista comportamentale. L’autismo è inoltre caratterizzato da difficoltà nella comunicazione e nella interazione sociale, accanto a difficoltà nella flessibilità comportamentale. Stiamo parlando di bambini che amano la routine e che, molto spesso, reagiscono male a cambi di programma: fare una strada diversi per arrivare a scuola, mangiare un piatto mai assaggiato oppure cambiare ordine agli oggetti. La novità deve essere introdotta con calma per bambini affetti da ASD, altrimenti possono verificarsi episodi di aggressività. La rabbia è anche parte del disturbo oppositivo provocatorio, che emerge tipicamente durante lo sviluppo. Anche l’enuresi, tra i disturbi dell’evacuazione, può essere presente in bimbi autistici.
Criteri Diagnostici
Possiamo dire che, secondo la recente definizione inserita nel DSM-5, si sono apportate alcune modifiche. Le caratteristiche diagnostiche correlate a un ASD nel DSM-5 presentano questi criteri principali:
A. Compromissione costante dell’interazione e della comunicazione che sono di natura reciproca e sociale:
- Deficit di reciprocità socio-emotiva: deficit nella condivisione di interessi, emozioni o pensieri; incapacità ad iniziare uno scambio comunicativo. Migliorare questo aspetto del comportamento è tra gli obiettivi del metodo ABA.
- Deficit nei comportamenti comunicativi non verbali: come mancanza di contatto oculare e gesti senza alcuna intenzione comunicativa.
- Deficit dello sviluppo, della gestione e della comprensione delle relazioni. Quali: mancanza di gioco simbolico, assenza di interesse per i coetanei o difficoltà ad adeguarsi a contesti sociali.
B. Schemi di attività, interessi e comportamenti che sono limitati e ripetitivi:
- Movimenti, uso di oggetti ed eloquio stereotipati o ripetitivi (ripetere le ultime parole di una frase, mettere i giocattoli in fila)
- Aderenza rigida alla routine, con grandi difficoltà ad adattarsi a piccoli cambiamenti.
- Interessi molto limitati ma molto intensi, con eccessivo attaccamento per oggetti specifici.
I sintomi devono presentarsi fin dalla prima infanzia ed interferire con il funzionamento quotidiano della persona, soprattutto nelle aree sociali e professionali.
Patologie spesso associate all’autismo sono l’epilessia, la disabilità intellettiva, ansia, depressione e comportamenti oppositivi-provocatori.
Inoltre, i deficit di comunicazione sociale non devono essere correlati al livello di sviluppo dell’individuo. I bambini con caratteristiche associate ad un ASD, inoltre, non hanno la capacità di interagire con gli altri in modo positivo, secondo il DSM-5. Questi bambini hanno spesso problemi di pianificazione, organizzazione e meccanismi di coping, con conseguenti difficoltà.
Non solo, nella versione più recente del DSM, lo sviluppo atipico di linguaggio, storicamente connesso alla diagnosi di autismo, è stato eliminato dai criteri e si considera solo come condizione concomitante, nonostante una variazione nel linguaggio sia caratteristica dell’autismo.
Tipologie
L’aspetto più innovativo dei nuovi criteri del DSM, è quello di proporre l’autismo all’interno di un continuum, che va da sintomi lievi a più gravi. A seconda della gravità sintomatologia si distinguono due livelli di funzionamento: alto e basso. È possibile, inoltre, riferirsi anche ad una condizione intermedia di autismo medio-alto o medio-basso.
Autismo ad Alto Funzionamento
Quando parliamo di autismo ad alto funzionamento oppure HFA (High Functioning Autism), ci riferiamo a un sottotipo di ASD in cui il Quoziente Intellettivo (QI) totale è superiore a 65/70 e nel quale l’individuo ha sviluppato il linguaggio verbale. Non solo, per parlare di HFA non devono essere presenti disturbi neurologici e, di conseguenza, alcun tipo di disabilità intellettiva. Dunque l’adattamento e le difficoltà risultano essere minori rispetto ai casi più gravi di autismo. Possiamo trovarci di fronte bambini “geniali” con la caratteristica comune, d’altra parte, di interessi limitati.
In questi casi, il potenziale cognitivo, la memoria ma anche le abilità musicali, le capacità di calcolo e matematiche possono essere incredibilmente sviluppati. Questo riduce, almeno in parte, le difficoltà di adattamento e di funzionamento. I soggetti con autismo ad alto funzionamento sono capaci di comunicare verbalmente, oltre che dotati di un’intelligenza normale o addirittura superiore, tanto da avere a volte straordinarie abilità in molti campi.
Proprio grazie a queste capacità, in alcuni casi, superiori rispetto alla media, alcuni personaggi affetti da HFA possono distinguersi e diventare famosi. Questo è il caso del geniale regista Stanley Kubrick ma anche di Tim Burton oppure del celeberrimo Albert Einstein. Non tutti raggiungeranno il livello di queste menti geniali ma, senza ombra di dubbio, riscontreranno meno difficoltà.
Questo non esclude l’importanza di un trattamento anche nel caso di Autismo ad alto funzionamento, che è sempre il modo migliore per potenziare le abilità di questi bambini. Impariamo a sfruttare i numerosi mezzi e strumenti che abbiamo a disposizione. In generale, i bambini affetti da ASD sono paragonabili ad una clessidra. Il tempo in cui poter lavorare sulle loro competenze e in cui migliorarle al massimo è limitato ai primi anni di vita. Agire precocemente è la chiave!
- Con l’obiettivo di migliorare la gestione del comportamento, nascono anche i programmi di parent training rivolti ai genitori.
Autismo lieve
L’ultima versione del DSM, pubblicata nel 2014, ha proposto numerose modifiche nella classificazione dei Disturbi dello Spettro Autistico. Uno di questi cambiamenti riguarda anche il sottotipo di Autismo lieve, per molto tempo considerato come Sindrome di Asperger. La definizione “Sindrome di Asperger” prende il suo nome da quello del medico austriaco Hans Asperger, di cui abbiamo già parlato qualche paragrafo fa. Si tratta, sicuramente, di uno dei pionieri nello studio dei comportamenti autistici ma, da allora, sono cambiate alcune cose.
I criteri per la diagnosi di Sindrome di Asperger sono stati introdotti nel DSM-IV (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) nel 1994. Questa sindrome si considerava, proprio come l’Autismo, nella categoria dei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo. Si caratterizzava per la mancata presenza di ritardi clinicamente significativi nello sviluppo cognitivo e anche del linguaggio. Sono soggetti con pochi sintomi di disfunzione a livello di autonomie personali e di comportamento adattivo, tranne che nell’interazione sociale. Questa area rimane piuttosto limitata e necessita trattamenti che migliorino le competenze individuali.
D’altra parte però, con il DSM-5, pubblicato nel 2013, la diagnosi di Disturbi dello Spettro Autistico diventa unica, e di conseguenza scompare la categoria “Sindrome di Asperger”. Questa decisione è stata presa a seguito di risultati di pratica clinica e di esperienza scientifica, che hanno infatti concluso che le diverse caratteristiche delle persone con Autismo si descrivono meglio in termini di un continuum piuttosto che nell’uso di sottotipi. Dunque, ad oggi, viene utilizzata la stessa etichetta senza alcuna differenziazione per categorie. I disturbi connessi all’autismo sono posti su un continuum.
La sindrome di Aperger è spesso associata a un’identità di genere non eteronormativa, spesso variante o asessuale.
Autismo a Basso Funzionamento
L’autismo a basso funzionamento si associa a disabilità intellettiva più o meno grave. Nella maggior parte dei casi si tratta di persone che non sono autonome, se non per specifiche attività. Le difficoltà di linguaggio e di interazione sociale sono più marcate, così come gli interessi risultano essere maggiormente limitati e i gesti stereotipati.
Le difficoltà linguistiche sono correlato generalmente a deficit di natura percettiva e a ritardo cognitivo. Nulla a che vedere con l’afasia, una problematica del linguaggio che implica difficoltà del comprendere, produrre o elaborare messaggi linguistici.
Le caratteristiche tipiche dell’autismo concorrono, inoltre, all’insorgenza di differenti comportamenti problema, come la gestione dell’igiene, dei comportamenti aggressivi e, in adolescenza, della dimensione sessuale.
Durante il periodo di lockdown per emergenza Covid-19, i bambini con autismo e le loro famiglie si sono trovate in serie difficoltà per l’interruzione, improvvisa e radicale, della routine. Per alleviarne la sofferenza, bambini e caregiver hanno avuto la possibilità di uscire una volta al giorno di casa.
Autismo, Cause
Aprire il capitolo delle cause dei Disturbi dello Spettro Autistico significa affrontare un argomento particolarmente complesso. Questo perché la panoramica non è affatto chiara, come per la maggior parte dei disturbi, e stabilire un rapporto di causa ed effetto è quasi impossibile. Come già abbiamo detto e chiarito, ormai è confermato che la causa alla base dell’autismo non sia la deprivazione emotiva o il modo in cui una persona è stata allevata. Gli aspetti di cura e di educazione possono poi incidere naturalmente sul comportamento dell’individuo, ma non posso essere considerati causa del disturbo.
Alcuni studi recenti ritengono che le origini dell’autismo siano imputabili ad infezioni contratte dalle madre durante la gravidanza. Vedi anche: Aborto, Spontaneo e Volontario.
Modelli esplicativi neuropsicologici
I meccanismi psicologici alla base dell’autismo sono molto particolari. Tra i modelli interpretativi dell’autismo, sono considerati maggiormente attendibili: la Teoria della Mente, la Teoria della Coerenza Centrale Debole, la Teoria delle Funzioni Esecutive e la Teoria Socio-Affettiva.
Innanzitutto, quello di cui si è certi al momento, è la presenza di un deficit di mentalizzazione e metacognizione, ovvero nella capacità di riconoscere e comprendere le emozioni e i pensieri degli altri (nei casi più gravi anche i propri). Alla base c’è un malfunzionamento dei neuroni mirror, che intacca la possibilità di essere empatici.
Un’altra caratteristica del pensiero autistico è quella di elaborare le informazioni singolarmente: non è presente la visione d’insieme. Il focus è sui dettagli e ciò può interferire con la pianificazione delle azioni.
Negli anni ’60-’70 Bettelheim diffuse l’idea che l’autismo potesse essere causato da uno stile educativo materno troppo freddo e distaccato. La cosiddetta teoria della “madre frigorifero”. Benché terribile da pensare a primo impatto, questa teoria creò un senso di speranza generale nelle mamme che credetterò di poter guarire i figli modificano i loro pattern di attaccamento.
Ipotesi neuropsicologiche
Un filone di ricerca aperto negli ultimi anni ha chiarito che, alla base di questo disturbo, si nasconde un funzionamento neuropsicologico molto particolare. Vi è una forte evidenza che i comportamenti autistici possano essere causati da una varietà di fattori fisici, che influenzano lo sviluppo del cervello. D’altra parte, l’attività del cervello delle persone affette da autismo, osservata con tecniche di neuroimaging (risonanza magnetica funzionale) e altre tecniche di indagine, risulta per molti aspetti diversa da quella dei soggetti sani di controllo.
Minore connessione interemisferica
Per esempio, si è rilevata una minore connessione neurale a livello interemisferico. Non solo, l’attività risulta differente anche nelle aree cerebrali deputate al linguaggio. Questo potrebbe, almeno in parte, chiarire le difficoltà relative all’utilizzo del linguaggio e della comunicazione. Sembrerebbe, infatti, che i soggetti con autismo non considerino il linguaggio come strumento di interazione e questo potrebbe spiegare, almeno in parte, alcune difficoltà.
Variazioni neuronali
Sono state rilevate, inoltre, variazioni nella grandezza e nel numero dei neuroni della corteccia frontale (l’area deputata a funzioni cognitive di ragionamento e problem solving) e in quella temporale. In particolare, le cellule sono più piccole ma più numerose. Questa disposizione migliora la connessione neurale a livello locale, a discapito di quella intercerebrale. Ciò potrebbe essere la causa della maggiore sensibilità delle persone con autismo agli stimoli sensoriali e all’epilessia.
Un ulteriore aspetto che caratterizza il cervello autistico è la presenza di un numero superiore di connessioni tra i neuroni. Questo non è positivo perché il cervello, normalmente, elimina le connessioni che non gli servono più per far spazio a quelle nuove. Non rimuovendo quelle non più in uso, c’è un rallentamento nel funzionamento cognitivo.
Squilibrio neurotrasmettitoriale
Anche le quantità di neurotrasmettitori sono differenti: c’è uno squilibrio tra sistemi di eccitazione e inibizione che influisce sulla disregolazione comportamentale.
Sempre parlando di cause genetiche, recenti studi confermano il ruolo della una predisposizione genetica. In particolare, piuttosto che un unico gene, sembrerebbero essere diversi geni a spiegare la vulnerabilità al disturbo.
Autismo e Vaccini
Una tematica a lungo dibattuta e che, ancora oggi, capita di sentire: autismo e vaccini hanno una correlazione? A molti potrebbe sembrare una ipotesi surreale ma pensiamo sia importante dedicare un breve paragrafo a questo tema, per chiarire l’argomento una volta per tutte. Analizziamo il problema a partire dalla sua origine, per la prima volta, l’ipotesi che la vaccinazione MPR (Morbillo-Parotite-Rosolia) potesse essere connessa all’autismo, è stata sollevata verso la fine degli anni Novanta. Questa ipotesi nasce grazie al gastroenterologo inglese Wakefield e colleghi, che pubblicarono su Lancet un articolo che riportava conferme scientifiche a favore del rapporto tra autismo e vaccini.
Nell’articolo, gli autori scrivevano che il vaccino MPR potesse essere alla base di infiammazione intestinale. Nello specifico, sostenevano che producesse un aumento di permeabilità della barriera intestinale, oltre al passaggio in circolo di sostanze tossiche per l’encefalo e il conseguente sviluppo di autismo. Lo studio prendeva in considerazione, inoltre, un campione di 12 bambini che lamentavano disturbi gastrointestinali e avevano manifestato l’autismo dopo il vaccino con MPR.
In molti, leggendo questo articolo, iniziarono a credere a un rapporto di causa ed effetto tra vaccini e Disturbi dello Spettro Autistico. Ad oggi, possiamo smentire questa ipotesi con massima sicurezza. Numerosi studi, condotti in Europa e anche negli Stati Uniti in più di un decennio, hanno valutato e rifiutato l’ipotesi di una possibile connessione tra vaccinazione MPR ed autismo. Dunque le cause alla base dell’autismo sono diverse!
Sapevi che chi sostiene ancora questa ipotesi è probabile che soffra dell’effetto Dunning-Kruger?
Trattamento e Cura in Autismo
Trattamento e cura in autismo sono argomenti centrali e, soprattutto, sempre presenti nelle richieste di genitori e familiari che desiderano affrontare al meglio questa patologia. Un passo di fondamentale importanza è stato quello compiuto nel 2011, in cui è stata pubblicata in Italia la linea guida 21 dell’Istituto Superiore di Sanità, sul trattamento per l’autismo.
Per prendere visione delle Linee Guida potete visitare il sito specialeautismo.it.
Questo ha permesso di creare veri e propri protocolli che hanno, come obiettivo principale, quello di migliorare la condizione di questi bambini e delle loro famiglie, di ridurre lo stress e di potenziare al massimo le loro abilità. Avere gli strumenti giusti cambierà sicuramente prospettiva. Anche essere affiancati da professionisti è un aiuto prezioso.
Secondo le ricerche più recenti, il trattamento che risulta più efficace nell’ambito dei Disturbi dello Spettro Autistico è l’intervento psicoeducativo. Cosa significa? La psicoeducazione considera la famiglia come una risorsa per affrontare e risolvere i problemi relativi al disturbo. Inoltre ritiene significativo che, parte dell’intervento, sia affidato alle figure professionali di base dei servizi di salute mentale.
Dunque il trattamento precoce, già in infanzia, deve sempre essere affiancato a programmi scolastici specifici, al coinvolgimento attivo dei genitori e ad un’adeguata assistenza medica, quando è necessaria. Questo intervento coordinato può ridurre notevolmente i sintomi dell’autismo e aumentare le possibilità del bambino ad apprendere nuove abilità.
Nella comunicazione di una diagnosi alla famiglia, come nel caso di disabilità infantile, conta molto il coinvolgimento oltre che lo stile di comunicazione.
Metodo ABA
Per quanto riguarda i programmi comportamentali, l’intervento più usato è l’analisi comportamentale applicata o ABA. Si tratta di un tipo di approccio focalizzato sull’analisi dei comportamenti, con l’obiettivo di comprenderne le cause (antecedenti) e di prevenire le reazioni problematiche. Questo è reso possibile dando al bambino alternative più efficaci al problema. Comporta l’utilizzo di rinforzi positivi e negativi, nonché l’estinzione dei comportamenti problematici: è una tecnica basata sui concetti del condizionamento operante. Uno strumento prezioso in questo senso è la token economy. La ricerca è a favore di una sua efficacia nel migliorare le abilità cognitive, il linguaggio e gli aspetti comportamentali nei bambini con disturbi dello spettro autistico. Non si tratta però dell’unica alternativa.
Trattamento HFA e Autismo lieve
Nello spettro dell’autismo che va da basso ad alto funzionamento, ciò che cambia a livello di trattamento sono la qualità e la quantità di supporto richiesto. Si va da un bisogno di supporto molto significativo a uno non intensivo, come per i soggetti con una vecchia diagnosi di Sindrome di Asperger.