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Lutto, Come Superarlo? Significato, Fasi, Elaborazione e Lutto Complicato

Indice

Lutto, lo stato psicologico conseguente ad una perdita. Il lutto è un evento spiacevole, tendenzialmente doloroso e destabilizzante. È un cambiamento che non siamo noi a determinare, ma di cui possiamo solamente prendere atto. Il fatto di non avere “voce in capitolo” rende questi avvenimenti così irreali e li connota di incertezza: per questo la prima reazione al lutto è solitamente quella dello shock.

Il lutto si ricollega per lo più alla morte di una persona amata, che sia il proprio partner, un amico o un membro della propria famiglia. In realtà il significato del lutto è ben più esteso e ha valore sostanzialmente di “perdita di un qualcosa”. Si può essere in lutto per un licenziamento, per la mancanza di un diritto fondamentale, per un trasferimento, per una separazione

Ciò che verrà sottolineato in questo articolo, al di là delle informazioni teoriche e pratiche su come gestire una perdita, è l’aspetto di normalità del lutto. Le emozioni e le sensazioni fisiche spiacevoli conseguenti a cambiamenti improvvisi e drastici della vita inevitabilmente richiedono un periodo di assestamento. Questo avviene anche in percorsi ardui come affido e adozione. Quindi è normale essere tristi, arrabbiati o disperati in circostanze come queste! Si sconfina nella patologia solo quando tali reazioni perdurano troppo a lungo nel tempo.

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Curiosità

È morto a Dicembre 2020 Gigi Proietti, figura poliedrica del mondo dello spettacolo. Avrebbe compiuto a breve 80 anni.

Significato del Lutto

Il lutto corrisponde all’esperienza di una perdita significativa, di qualcosa o qualcuno a cui eravamo affettivamente legati. Come abbiamo già accennato, tale evento può corrispondere alla morte di una persona cara, come un figlio (vedi anche: aborto), un compagno di vita, un amico e così via. Oppure, può riguardare la fine di una relazione affettiva, la perdita del proprio lavoro, la nascita di un figlio con una qualche forma di disabilità, il distacco dal proprio animale domestico. Ancora, l’abbandono della propria abitazione a causa, per esempio, di calamità naturali o situazioni di conflitto, nonché ulteriori limitazioni della sfera personale. Ricorderete tutti il periodo di lockdown appena trascorso, che ha radicalmente ridotto la possibilità di libero arbitrio, privandoci del diritto alla libertà (nonostante fosse innegabilmente per una giusta causa). Anche quella circostanza, per alcuni, è stata vissuta come un lutto.

Tutti questi esempio servono proprio per ricordare che il lutto è parte integrante della vita, umana e animale. I momenti di piacere si alternano a stati di tranquillità e ad eventi potenzialmente traumatici. Non apprezzeremmo realmente il valore della vita se non avesse termine, come non noteremmo gli aspetti positivi se non potessimo fare il confronto con quelli negativi.

Poiché non abbiamo il controllo praticamente su nulla della nostra esistenza, la cosa più sensata che possiamo fare è quella di prenderne atto e di accettare il cambiamento. Insegnamenti, questi, di origine orientale proposti nella meditazione Vipassana, prima, ed attualmente in vigore nella Mindfulness.

Lutto e Perdita

Attenzione! La perdita non è sempre legata a qualcosa di reale. Poiché corrisponde alla percezione soggettiva di un evento, può essere anche immaginaria o addirittura non cosciente. È possibile che si verifichi anche prima che si concretizzi un evento, come nel caso di familiari che si ammalano di demenza (vedi anche: Alzheimer) o Parkinson. In questo senso si parla di perdita anticipata.

Fasi del Lutto

Il lutto, dunque, è considerato la normale reazione ad una condizione di perdita. Si risolve spontaneamente entro 6 mesi circa, attraverso un processo di elaborazione emotiva e cognitiva dell’evento. La teoria più famosa e accreditata sulle fasi del lutto è quella proposta da Kubler-Ross. Anche nel caso della comunicazione di una diagnosi alla famiglia, come nel caso di disabilità infantile, il genitore vive il lutto per la perdita del “figlio ideale”.

Letture Consigliate

Clicca qui per la bibliografia dell’autrice e psichiatra statunitense Elisabeth Kubler-Ross.

Modello Kubler-Ross

L’autrice (1970) ha identificato cinque fasi:

  1. Negazione o rifiuto: “Non è possibile!”. In un primo momento si resta sotto shock: non si percepisce il fatto come realmente accaduto. Ciò è funzionale perché permette di prendere le distanze da emozioni decisamente molto intense e di non venirne sopraffatti.
  2. Rabbia. “Perché proprio a me?”. Il senso di irrealtà iniziale lascia presto il posto alla rabbia. Si attribuiscono colpe e responsabilità, ci si chiude in sé stessi e si ha la forte sensazione di non essere compresi dagli altri.
  3. Depressione: “Non sarò più come prima”. Prima o poi sopraggiunge la fase di down, che è anche quella con cui più frequentemente si identifica la persona in lutto. Prende piede la consapevolezza del cambiamento che la perdita comporterà nella quotidianità dell’individuo. A questa fase si associano sensazioni di sconfitta e senso di colpa.
  4. Contrattazione o patteggiamento: “Salviamo il salvabile”. Con il tempo il dolore lascia spazio ad una ritrovata lucidità: parte il tentativo di riprendere il controllo sulla propria vita verificando le risorse a propria disposizione e mettendo in atto quella che viene definita in psicologia un’attività di problem solving.
  5. Accettazione: “Mettiamoci l’anima in pace”. L’elaborazione completa del lutto termina con la sua accettazione. Questo termine non è da intendersi tanto con il concetto di “rassegnazione”, quanto piuttosto con quello di integrazione dell’evento nel proprio vissuto personale. Anche questa perdita, infatti, contribuisce a definire chi siamo, partecipa alla costruzione della nostra personalità.

Elaborazione del Lutto

Nel panorama italiano del lutto, spicca il contributo del Professor Francesco Rovetto. Mentre la teoria di Kubler-Ross postula una successione lineare nelle fasi di elaborazione dell’evento, Rovetto ritiene che il superamento del lutto avvenga in modo più personale. L’autore ritiene, infatti, che la durata delle tappe e l’ordine con cui si susseguono sia variabile e dipenda dalle caratteristiche individuali. Non un modello rigido, dunque, ma più complesso e realistico.

Fasi di elaborazione

  • Shock, che può durare da qualche ora ad alcuni giorni. La persona fatica a rendersi conto dell’accaduto, in alcune situazioni si può sperimentare freezing (incapacità di parlare o reagire). In questa fase possono essere di grande aiuto la vicinanza emotiva e fisica degli altri e lo svolgimento di riti.
  • Disorganizzazione, la cui durata può variare da ore a settimane. L’emozione prevalente è l’ansia. Si fatica a progettare il futuro, anche quello nell’immediato, a prendere decisioni e a completare semplici compiti.
  • Aggressività verso sé stessi (vedi anche: Autolesionismo) e gli altri. È una reazione che viene messa in atto nel tentativo di controllare il senso di frustrazione, ma anche lo stato depressivo.
  • Invidia nei confronti di chi ha ancora ciò che noi abbiamo perso.
  • Vergogna per la propria condizione, con il timore di indurre tristezza negli altri. Non si vuole essere il “poverino”.
  • Negazione dell’evento e del dolore provato. Può essere accompagnato dal privarsi di tutte le attività correlate all’oggetto del lutto che veniva svolte in precedenza con piacere.

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  • Ricerca attiva dell’oggetto che si è perso, attraverso la visione di foto e video, la richiesta di informazioni da parte di altri, la visita al cimitero in caso di defunti…
  • Razionalizzazione dell’evento e della reazione che si ha avuto.
  • Colpa, uno strumento paradossale di difesa: la persona attribuisce la responsabilità dell’accaduto a sé, ad altri o all’oggetto della perdita. Questo permette, in un breve lasso di tempo, di immaginare una situazione parallela in cui la perdita non si è ancora verificata. “Se lui/lei non avesse fatto così, sarebbe ancora qui”…
  • Depressione, comune correlato del lutto. È solitamente la fase più lunga e intensa del processo di elaborazione. Spesso si tende a rinchiudersi nella visione narcisistica del proprio dolore. “Nessuno ha mai sofferto come me”, “Non potrò mai sostituire ciò che ho perso”…
  • Identificazione, si fanno collegamenti tra il lutto ed attività, luoghi, oggetti o altre persone. È un meccanismo che porta, se ha esito positivo, ad accettare la propria condizione.
  • Reintegrazione dell’esperienza. Quando con il tempo il lutto viene integrato nel proprio vissuto, fondendosi con l’immagine che si ha di sé, ha termine il processo di elaborazione. La tristezza lascia il posto a momenti di felicità e il ricordo della persona o dell’oggetto che si è perso non è più doloroso, ma produce semplicemente nostalgia.

Lutto Acuto

Dopo una perdita, è dunque normale sperimentare emozioni sensazioni fisiche negative proprio perché si percepisce il distacco da una persona o da un oggetto a cui si teneva particolarmente. Ciò è naturale anche alla luce del fatto che tale risposta è adattiva: permette di gestire le emozioni che in un primo momento potrebbero essere troppo intense.

Come per una qualsiasi problematica, di natura psicologica ma anche fisica, il momento più critico è quello iniziale: la rottura dell’omeostasi, la condizione di equilibrio. Questa fase si definisce “acuta” proprio perché sentimenti e sintomi fisici sono particolarmente forti.

Il lutto acuto è la prima fase del lutto, quella in cui si sperimentano reazioni più o meno comuni alla perdita, ma comunque considerate nomali e non assolutamente patologiche.

  • Reazioni comuni: la risposta adattiva iniziale al lutto solitamente comprende sentimento di nostalgia e di tristezza, ricordi ed immagini intrusive (flashback dell’oggetto o della persona che si è persa, molto simili ai flash del PTSD), desiderio di ricongiungersi all’oggetto smarrito e tendenza all’isolamento.
  • Reazioni più insolite ma non patologiche: sentimento di colpa riguardante attività fatte dal soggetto sopravvissuto; pensieri relativi al fatto che sarebbe meglio essere morti al posto della persona deceduta; pensieri eccessivi e morbosi di inutilità; marcato rallentamento psicomotorio; esperienze allucinatorie diverse dal pensiero di udire la voce o di vedere fuggevolmente l’immagine della persona deceduta. Vedi anche: Schizofrenia

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Processo di Accettazione

Il lutto acuto si risolve entro qualche mese attraversando un processo di accettazione che si esplica in tre stadi:

  1. Inizialmente si sviluppa la consapevolezza della perdita e delle sue conseguenze. Anche in un percorso arduo come quello di affido o adozione, il lutto entra in gioco associato all’abbandono della famiglia d’origine per il bambino adottivo. L’elaborazione richiede del tempo.
  2. Poi si sviluppano modalità alternative di relazionarsi alla persona che si è persa, rielaborando il suo Modello Operativo Interno (vedi anche: Attaccamento).
  3. Infine si elabora un nuovo progetto di vita che tenga conto del cambiamento indotto dal lutto. Si riporta l’attenzione su di sé e sul proprio futuro.

Lutto: Come Superarlo?

Come fare per superare il lutto ed arrivare a strutturare un nuovo progetto di vita? Come integrare l’esperienza della perdita nella nostra identità?

Ecco qui tre consigli pratici su come affrontare non solo il lutto, ma un po’ tutti gli eventi di vita negativi che potrebbero capitarvi.

Stare nel Dolore

La prima cosa, la più importante, in caso di lutto è imparare a stare nel proprio dolore. Concedersi di essere tristi, di piangere, ma anche di arrabbiarsi, di non volersi alzare dal letto. In una primissima fase di lutto acuto è fondamentale riconoscersi il diritto di soffrire. Avete perso qualcosa di prezioso per voi: è normale provare emozioni spiacevoli ed è giusto, per un po’, lasciare spazio a questa dimensione emotiva. Solo imparando a convivere con il dolore, questo smetterà di farvi paura e potrete poi considerarlo parte integrante della vita.

Praticare la Resilienza

Ricordate, però, che avete anche il diritto di tornare a vivere serenamente il prima possibile. Non negatevi la possibilità di essere felici, di fare le cose che rendono bella la vostra vita. Fate leva sulle vostre capacità di adattamento (vedi anche: coping) e mettere in campo tutta la resilienza che avete per ritornare alla normalità.

superare il dolore

Contare sulla Rete Sociale

Circondatevi di persone che tengono a voi: non isolatevi. Accettate la vicinanza affettiva e fisica che i vostri cari vi offrono, e sentitevi liberi di poterla chiedere qualora ne sentiste il bisogno. Riempite le vostre giornate con attività piacevoli che potete condividere con altri. La distrazione, infatti, blocca la rimuginazione, ovvero quella tendenza della nostra mente che ci porta a ripensare agli eventi spiacevoli della vita, alimentando la spirale dell’ansia e della depressione.

Mantenere una Buona Routine

Non c’è niente di meglio che instaurare e poi mantenere una routine positiva e funzionale per aumentare il nostro benessere psicofisico. Dare continuità alla nostra vita è fondamentale per sentirci bene, anche quando siamo giù di morale, non ne vediamo il motivo o semplicemente non ne abbiamo voglia.

Un’alimentazione equilibrata, dello sport, il sesso, un sonno regolare (vedi anche insonnia), la luce del sole e la socialità sono gli ingredienti base per questa ricetta. Può sembrare banale, ma prestare attenzione a questi aspetti è tutt’altro che scontato. Ce ne si dimentica facilmente quando si è sotto stress, soprattutto se è il risultato di un lutto.

La routine quotidiana ci mantiene in equilibrio e fare attività piacevoli ci fa rilasciare endorfine, che concorrono al nostro buon umore. Provare per credere!

Lutto Complicato

Quando lo stato di lutto tarda a risolversi, ovvero quando la persona non giunge alla tappa fondamentale della reintegrazione, significa che è subentrata una condizione patologica. In altre parole, il disagio provato dalla persona non è diminuito nel corso del tempo e, anzi, è tale da compromettere il benessere nelle varie aree di vita il lavoro, le relazioni sociali, la dimensione affettiva…). In questi casi, quando la reazione al lutto è eccessiva rispetto all’evento di per sé, si parla di disturbo da lutto complesso persistente o, più semplicemente, di lutto complicato.

Criteri diagnostici

Secondo il DSM 5, per parlare di condizione patologica conseguente al lutto occorre che vengano rispettati alcuni criteri diagnosti. Questi:

1. Si deve essere verificato un lutto o una perdita emotivamente significativa.

2. La persona deve provare distress da separazione per un periodo di almeno 1 anno (nei bambini bastano 6 mesi), che si concretizza con:

  • Persistente nostalgia per la perdita;
  • Tristezza e intensa sofferenza psicologica;
  • Preoccupazione per la persona persa e per le circostanze della morte.

3. I sintomi emotivi, cognitivi e comportamentali si manifestano con:

  • Sofferenza provocata dalla morte. Ci possono essere difficoltà nell’accettare la separazione, dubbi che si sia realmente verificata la morte, ricordi dolorosi, rabbia, sensazioni di autocolpevolezza ed evitamento di pensieri legati alla perdita.
  • Disordine sociale e dell’identità. La persona può desiderare di morire per avvicinarsi alla persona persa, non riuscire a fidarsi più degli altri, sentirsi isolata e senza scopo nella vita, percepire la perdita di una parte della propria identità oppure provare meno piacere e interesse nello svolgere attività o programmare il proprio futuro.

Questi ultimi aspetti possono essere confusi con un più tradizionale disturbo dell’umore: la depressione. Ecco perché è importante fare una piccola digressione per esaminare la differenza tra lutto complicato e depressione maggiore. In gergo si chiama “diagnosi differenziale”.

lutto complicato
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Reazione alla Perdita o Depressione?

Una persona in lutto non necessariamente è depressa, anche se spesso l’estrema condizione di tristezza viene scambiata per un disturbo depressivo maggiore. È possibile che da un lutto si sviluppi un quadro clinico depressivo, ma solitamente questo accade quando il soggetto è predisposto all’insorgenza della patologia. Quando, cioè, è maggiormente vulnerabile a fattori di rischio.

Ad ogni modo è possibile distingue la reazione patologica da lutto dalla depressione maggiore sulla base delle emozioni sperimentate dalla persona:

  • Senso di vuoto e percezione di perdita corrispondono al quadro clinico del lutto complicato. L’umore non è sempre deflesso: ha degli alti e bassi che corrispondono ai momenti di preoccupazione o di ricordo per l’oggetto della perdita. L’autostima rimane intatta.
  • Umore depresso e incapacità nel provare piacere o felicità riguardano invece la diagnosi di depressione maggiore. Questa condizione permane per la maggior parte dei giorni per quasi tutto il giorno: è quindi più stabile della prima.

Un’ulteriore differenza che vale la pena sottolineare riguarda i pensieri suicidari che possono essere presenti in entrambi i quadri patologici. Mentre nella depressione la persona può pensare al suicido come una via di fuga dalla sofferenza, nel caso di lutto complicato, questo è più che altro un mezzo per raggiungere la persona amata.

Cause e Fattori di Rischio

Solo una piccola percentuale di persone va incontro ad un lutto complicato. La stima attuale americana varia dal 2,4% al 4,8%. E quindi ci viene da chiederci: perché alcuni sviluppano una condizione patologica dopo un lutto mentre altri no?

Un po’ come per tutte le altre patologie, psicologiche ed organiche, questo dipende dall’interazione tra fattori di vulnerabilità individuale ed eventi di vita esterni, ambientali.

La predisposizione è una variabile soggettiva rilevante. È il genere femminile, più di quello maschile, ad avere maggiore tendenza a sviluppare il lutto complicato. Un dato di fatto, non un banale discorso sessista. Problematiche pregresse a livello psicologico (come depressione o disturbi di personalità), rapporti familiari complicati e difficoltà economiche sono altri fattori che concorrono ad aumentare la probabilità di insorgenza del disturbo. Sono da considerare, anche, eventi traumatici e abusi, soprattutto in fasi di vita precoci.

Tra le cause ambientali troviamo, invece, due aspetti principali:

  • Morte improvvisa e violenta (che potrebbe in alternativa predisporre allo sviluppo del PTSD), soprattutto se legata alla perdita di un figlio o di una persona a cui si era particolarmente vicini;
  • Rete sociale ed affettiva scarsa o comunque non adeguata.

Resilienza e strategie di coping funzionali sono, invece, fattori che proteggono dall’insorgenza del lutto patologico e da altre forme di psicopatologia.

lutto terapia
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Terapia per il Lutto Complicato

Quando la normale reazione al lutto, che abbiamo definito lutto acuto, cristallizza e non va a risolversi spontaneamente, è importante riconoscerlo per potersi poi affidare all’aiuto di figure esperte.

La terapia per il lutto complicato prevede principalmente un intervento di psicoterapia, che può essere associato ad un trattamento farmacologico nel caso in cui i sintomi siano particolarmente rilevanti.

Le psicoterapie che si sono dimostrate più efficace in caso di lutto sono quelle ad approccio cognitivocomportamentale, come la Grief-Help Therapy e la Complicater Gief Therapy. In generale, l’obiettivo principe di questi interventi è quello di integrare l’esperienza del lutto nella propria storia di vita, superando il dolore per la perdita attraverso il completamento del processo di elaborazione. Per fare ciò, si aiuta la persona a:

  • Riconoscere ed esprimere le proprie emozioni;
  • Sviluppare strategie di coping più funzionali e potenziare la resilienza;
  • Incrementare la propria rete sociale;
  • Creare una nuova relazione con la persona defunta;
  • Migliorare la percezione di sé;
  • Elaborare un nuovo progetto di vita che tenga conto della perdita subita.

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