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Emozioni: Significato, Sviluppo, Disturbi, Come Gestire le Emozioni

Indice

Emozioni, processi “fulminei”. Quello delle emozioni è un settore relativamente giovane e fresco. Molti autori psicologi, neuropsicologi, sociologi, filosofi e pedagogisti, si sono già cimentati ad esplorare le emozioni a tutto tondo. Le emozioni riguardano una dimensione della vita dell’individuo rispetto alla quale spesso ci si pone molte domande. Quesiti che accompagnano in maniera trasversale la nostra vita (vedi anche: adolescenza e terza età) a cui si cercherà di dare forma, sviluppo e approfondimento attraverso la lettura e i paragrafi del presente articolo.

emozioni cosa sono

Ci soffermeremo, in particolare, sul significato delle emozioni e le varie tipologie, sullo sviluppo emotivo e i disturbi della dimensione psicopatologica in cui risulta presente una compromissione della capacità e consapevolezza emotiva della persona. Infine, un paragrafo utile e attuale dedicato alla gestione delle emozioni. È possibile oggi “educare alle emozioni”? Parlare di educazione in ambito emotivo vuol dire poter parlare di cambiamento. Significa identificare le emozioni non come qualcosa di immutabile e incontrollabile. Al contrario, come una dimensione su cui è possibile esercitare un’influenza intenzionale, organizzata e prolungata. La defusione in questo aiuta.

La possibilità di esercitare tale influenza implica che esista almeno un aspetto delle emozioni che possiamo organizzare e su cui possiamo applicare un controllo. Se le emozioni fossero solamente pure risposte istintive, l’unica possibilità di influire su di esse sarebbe quella di un controllo repressivo dettato dalla ragione. In questo articolo si cercherà di affrontare le emozioni in tutta la loro complessità e multidimensionalità. Non mancherà un approfondimento particolare sui concetti sviluppatisi a partire dal loro legame con i processi cognitivi e con il pensiero.

Vedi anche: Psicologia e Dominio Cognitivo

Emozioni, Significato

Ad oggi non esiste una definizione ed un significato di emozioni che incontri un consenso unanime. Tuttavia, è possibile individuare un nocciolo comune, condiviso da diversi autori.  Esso racchiude quelle che vengono considerate le caratteristiche che per consuetudine definiscono un’emozione. In particolare, la maggior parte degli studiosi ritiene che l’emozione, per essere considerata tale, debba durare per un tempo limitato. L’emozione sembrerebbe suscitata da una specifica situazione-stimolo esterna o interna e deve essere costituita da diverse componenti o modalità di reazione. Tra queste ultime, le principali sono: l’attivazione fisiologica, il comportamento espressivo e il sentimento o vissuto soggettivo.

Curiosità

A queste, alcuni autori aggiungono la tendenza all’azione (componente motivazionale) e la valutazione della situazione-stimolo (componente cognitiva).

Le emozioni, dunque, svolgono una funzione adattiva, in quanto costituiscono una risposta immediata ad una sollecitazione ambientale.

Emozioni tra Mente e Corpo

Partendo dalle considerazioni di James e Cannon: le reazioni fisiologiche e il vissuto soggettivo sono due aspetti fondamentali dell’emozione. Schachter e Singer, nel 1962, hanno elaborato la Teoria Cognitivo-Attivazionale, detta anche teoria dei due fattori. Secondo tale teoria per determinare l’esperienza soggettiva di un’emozione, sarebbero necessarie sia l’attivazione fisiologica sia l’interpretazione cognitiva di tale attivazione. In particolare, l’interpretazione cognitiva avviene attraverso il labelling, cioè l’etichettamento dell’esperienza emotiva. Questo processo viene effettuato attraverso un’elaborazione delle emozioni, un ragionamento e un’attribuzione causale. Più precisamente, la teoria dei due fattori si basa su tre postulati che trovate qui di seguito. Nella terapia ACT, una parte è dedicata anche alla capacità di stare nel presente in modo non giudicante, accettando anche le emozioni negative.

valutazione cognitiva delle emozioni

3 Postulati

a) Se una persona si sente attivata fisiologicamente senza sapere perché, cercherà una spiegazione plausibile nel contesto.

b) Se l’individuo dispone di una spiegazione adeguata della sua attivazione fisiologica, non avrà bisogno di cercarla nel contesto.

c) Il processo di interpretazione cognitiva avverrà solo nel caso in cui la persona è effettivamente attivata fisiologicamente.

Per verificare questi postulati, Schachter e Singer hanno svolto un esperimento d’inganno. Durante la ricerca gli studiosi  hanno manipolato alcune variabili. Tra queste: l’attivazione fisiologica, la spiegazione data agli individui riguardo l’attivazione fisiologica e il contesto in cui si trovavano. Come si è sviluppato l’esperimento?

Esperimento

I ricercatori hanno iniettato ai soggetti sperimentali l’epinefrina per 20 minuti.

Curiosità

L’epinefrina è una sostanza che stimola reazioni come aumento della pressione arteriosa, del battito cardiaco e della frequenza respiratoria.

Successivamente i soggetti vennero suddivisi in tre gruppi. Ciascuno di essi avrebbe, in seguito, ricevuto informazioni differenti sugli effetti della sostanza somministrata. Ad un gruppo vennero fornite spiegazioni corrette, ad un altro gruppo informazioni errate, al terzo gruppo non vennero date spiegazioni.

In seguito venne chiesto loro di compilare un questionario di autovalutazione, in ambienti diversi. In uno era presente un complice dello sperimentatore, che mostrava un atteggiamento euforico. Nell’altro ambiente era presente un complice che mostrava un atteggiamento aggressivo. I risultati hanno mostrato come, nel rispondere al questionario sul proprio vissuto soggettivo, i soggetti si fecero influenzare dal contesto. Sulla base di queste conclusioni, Schachter e Singer ritennero confermata la loro ipotesi. Secondo gli autori, l’emozione (vissuto soggettivo) è il risultato di una componente fisiologica di attivazione (effetti dell’epinefrina) e di una componente cognitiva di interpretazione dell’attivazione (comportamento euforico o aggressivo dello sperimentatore).

Sviluppo Emotivo

Negli anni, diversi autori hanno studiato e teorizzato come si sviluppano le emozioni. Anche in un percorso arduo come quello di adozione, il registro di tipo educativo e accuditivo fa riferimento al supporto emotivo, parte integrante di una cura responsabile.

Vediamo di seguito citate alcune tra le principali teorie sullo sviluppo emotivo. 

sviluppo emotivo

Vi è ad esempio la Teoria Della Differenziazione di Sroufe (1977), secondo cui il neonato non prova emozioni specifiche e distinguibili, ma uno stato globale di malessere o benessere. Alla nascita il bambino è dotato di configurazioni generali, non corrispondenti ad una specifica emozione. Soltanto con lo sviluppo, le singole emozioni si differenziano rispetto ad uno sfondo omogeneo. Ciascuna emozione si caratterizza per una specifica configurazione espressiva, comportamentale e vegetativa.

Secondo la Teoria Differenziale di Izard (1978), invece, il neonato è in grado fin dalla nascita di provare emozioni distinte e specifiche. Di fatti,  è possibile distinguere la gioia, il disgusto, la tristezza e, in un secondo momento, anche la paura e la rabbia.

Infine, vi è l’approccio funzionale di Campos (1983), che consiste in una sintesi delle due precedenti teorie. Egli sostiene che il neonato provi sin dalla nascita emozioni distinte. Tuttavia, le configurazioni associate a ciascuna emozione diventano precise e differenziate solamente con lo sviluppo.

Infant Research

Dagli anni ’80, lo sviluppo emotivo è stato approfondito dall’Infant Research. Tale corrente di ricerca ha analizzato lo sviluppo emotivo nei primi anni di vita ed ha sottolineato come le emozioni siano centrali nello sviluppo del Sé e nelle dinamiche di attaccamento bambino-caregiver. Secondo questo approccio, le emozioni strutturerebbero l’identità del bambino. Quest’ultimo interiorizza le sensazioni provate nella relazione con la madre e le memorizza, formando prototipi di interazione caratterizzati da specifici temi affettivi.

Come sostiene Emde, i temi affettivi costituiscono il nucleo affettivo del Sé e saranno riutilizzati nelle successive esperienze di relazione. Attraverso il rispecchiamento e la condivisione emotiva, la madre contribuisce a validare le emozioni del bambino. In particolare quelle positive, che si manifestano spontaneamente sin dalle prime settimane di vita (es. sorriso endogeno precoce). Secondo Stern, le emozioni positive guidano l’esperienza relazionale. Cosa significa? La madre si sintonizza con il bambino e riecheggia le sue emozioni.

Ricerche più recenti, sempre nell’ambito dell’Infant Research, confermano che il bambino possiede una duplice competenza, espressiva e di riconoscimento. La competenza espressiva permette al bambino di imitare il volto umano. Il piccolo si serve di uno schema corporeo trasmodale, percependo i movimenti altrui. La competenza di riconoscimento, invece, permette di distinguere le emozioni della madre e di reagire di conseguenza.

Emozioni e Legame Madre-Bambino

Lo sviluppo emotivo non riguarda però soltanto l’espressione e il riconoscimento delle emozioni. Si focalizza anche sull’acquisizione della capacità di modularne l’intensità. Secondo Sroufe (1996), il bambino non possiede un’innata competenza autoregolatoria delle emozioni, ma essa si sviluppa attraverso diverse fasi.

bambino abilità visuo-percettive

  • Omeostasi (primi 4 mesi di vita). La madre regola l’omeostasi del bambino facilitando il ritmo sonno-veglia (vedi anche insonnia).
  • Regolazione guidata (3-6 mesi). In questa fase la madre e il bambino formano un sistema di regolazione reciproca e si esercitano a coordinarsi.
  • Regolazione diadica (6 mesi). Il legame risulta consolidato.
  • Paura dell’estraneo (8-9 mesi). Il bambino piange quando si trova in presenza di una persona non familiare.
  • Emozioni sociali (intorno ai 2 anni). In quest’ultima fase compaiono le emozioni sociali complesse, come la vergogna o il senso di colpa. Il bambino di due anni, grazie allo sviluppo cognitivo compiuto, è in grado di capire le aspettative dei familiari e dell’ambiente. Riesce a valutare l’adeguatezza del proprio comportamento.

Apprendimento e Regolazione delle Emozioni

Sroufe, dunque, considera la relazione madre-bambino come una relazione innanzitutto emozionale. Non provvede solo all’aspetto strumentale di soddisfazione dei bisogni! Attraverso le emozioni, si stabilisce un legame all’interno del quale il bambino sviluppa fiducia nella disponibilità della madre. Il piccolo apprende modalità di regolazione emotiva autonome e diadiche.

Conoscere le tappe dello sviluppo emotivo è utile nell’ambito della psicologia educativa. Perché? Senza dubbio per promuovere il benessere del bambino nei diversi contesti di vita (es. inserimento a scuola), ma non solo. Questo tipo di conoscenza risulta importante anche per progetti di sostegno alla genitorialità (es. gestione delle emozioni in funzione di una patologia del bambino). Nell’ambito della psicologia clinica, invece, si può indagare lo sviluppo emotivo di un individuo. Questo permetterebbe di evidenziare carenze emotive che possono essere artefici dei disturbi della regolazione affettiva.

Curiosità

L’alessitimia, ossia l’incapacità di comprendere e definire le emozioni che si provano. Può inficiare il funzionamento dell’individuo. Egli diviene più vulnerabile allo sviluppo di comportamenti compulsivi e quindi di patologie più gravi.

Emozioni Primarie (o di Base)

In una situazione conflittuale o di pericolo, animali appartenenti a specie anche molto differenti tra loro tendono a produrre un comportamento espressivo simile. Come aveva già dimostrato Darwin nel suo lavoro comparativo (1872), animali in uno stato di aggressività o di difesa tendono a mostrarsi più grandi e forti di quanto realmente siano. Come mai? molto semplice e intuitivo: per incutere paura e sottomissione nei loro predatori o aggressori. Le idee di Darwin sono state più volte riprese e ancora oggi servono da sfondo a molte teorie sulle emozioni e sulla loro espressione. La rabbia, emozione primaria, entra a far parte anche del disturbo oppositivo provocatorio, tipicamente sviluppato in infanzia e adolescenza, e dell’enuresi, disturbo dell’evacuazione.

La maggior parte degli autori che si occupano di questo tema, infatti, si inserisce esplicitamente in una prospettiva darwiniana. Alla base di molti studi sulle emozioni, c’è il tentativo di identificare le cosiddette emozioni primarie o di base. Esse sono innate e universali, manifestate allo stesso modo da individui appartenenti a culture molto diverse tra loro. Anche nel caso della comunicazione di una diagnosi alla famiglia, come nel caso di disabilità infantile, conta molto il vissuto emotivo.

Espressione Facciale

Ekman ha approfondito, in particolare, l’espressione facciale delle emozione. Un elemento già studiato da Darwin, che aveva rilevato come nei primati superiori si potesse osservare una mimica universale e simile a quella della specie umana. Insieme a Friesen (1969), Ekman ha conferito maggiore sostegno sperimentale a questa ipotesi. Ha raccolto, infatti, numerosi dati che confermano l’universalità delle espressioni facciali delle emozioni basilari (Felicità, Sorpresa, Disgusto, Rabbia, Paura, Tristezza).

Esperimento

L’esperimento più noto, a questo proposito, è stato compiuto nel 1972 ed è stato di tipo interculturale. Gli autori hanno selezionato 6 fotografie, ciascuna associata ad un’espressione di felicità, sorpresa, disgusto, rabbia, paura, tristezza. Queste foto state mostrate a 21 gruppi di soggetti sperimentali, ciascuno residente in un diverso paese, di cui soltanto 11 stati erano occidentali. Ogni soggetto doveva associare la foto del viso ad una delle sei emozioni elencate. Il risultato ha mostrato che in tutti gli Stati i soggetti avevano associato allo stesso modo felicità, tristezza e disgusto ed erano in maggioranza d’accordo anche per le altre tre emozioni.

Le sei emozioni primarie o di base, quindi, sono state definite in questo caso sulla base di prove sperimentali relative al riconoscimento dell’espressione del volto.

Curiosità

Se non lo avete ancora visto, Inside Out è un film molto carino a cartoni animati che parla proprio delle emozioni di base.

Emozioni e Disturbi Clinici

Per quanto riguarda gli sviluppi applicativi, un ambito di applicazione delle teorie sulle emozioni è quello clinico: vi sono infatti diversi disturbi in cui si può osservare una disfunzione a livello emotivo. Ad esempio, l’alessitimia presenta una difficoltà a verbalizzare le emozioni, che quindi vengono vissute solo sul piano fisiologico senza riuscire ad etichettarle sul piano linguistico. Nel disturbo istrionico di personalità l’espressione delle emozioni è mutevole, instabile e superficiale, determinando drammaticità e teatralità in chi ne soffre.  Nei disturbi dell’umore (depressione e disturbo bipolare) sono presenti vissuti emotivi negativi come tristezza e malinconia, oppure stati estremi come mania ed eccitazione incontrollata. Nei disturbi d’ansia (fobia, panico) possono presentarsi emozioni incontrollabili, anticipazioni disfunzionali di emozioni o di situazioni che provocano iperattivazione fisiologica anche in assenza di uno stimolo. Ad esempio, nel disturbo post-traumatico da stress le emozioni connesse al trauma sono costantemente attive a livello sia fisiologico che cognitivo. Un mezzo, non molto funzionale utilizzato per ridurre l’intensità delle emozioni negative è l’autolesionismo, utilizzato soprattutto in età adolescenziale. Anche il mutismo selettivo è un quadro clinico connesso all’ansia sociale secondo l’ultimo DSM.

In disturbi psicotici (come la schizofrenia) si può verificare un appiattimento emotivo, uno stato di apatia e di indifferenza, oppure possono essere presenti oscillazioni del tono dell’umore. Anche in ambito psicosomatico (vedi anche: Ipocondria) le teorie delle emozioni possono essere utili a comprendere la conversione di alcuni disagi, che si esprimono soprattutto attraverso la componente fisiologica delle emozioni.

L’importanza delle emozioni è rilevante anche per il settore della psicologia che approfondisce gli aspetti clinici legati alla sessualità.

Vedi anche: Disfunzioni Sessuali

Curiosità

Un ulteriore ambito applicativo può essere la psicologia dell’età evolutiva, che studia lo sviluppo emotivo e le sue connessioni con quello cognitivo e sociale, oppure la psicologia sociale, che studia le regole di esibizione culturale.

Come Misurare le Emozioni

Vi sono diversi metodi che consentono l’indagine e lo studio delle emozioni. Alcuni tra questi si focalizzano sull’espressione facciale delle emozioni e possono essere ricondotti essenzialmente a due. Il primo è il metodo delle componenti, in cui si cerca di individuare in modo analitico i movimenti mimici che contribuiscono a determinare una certa espressione. Di nota importanza sperimentale è il FACS (Facial Action Coding System), realizzato da Ekman e Frieman. Vi è poi un test utilizzato per soggetti in età evolutiva: il TEC (Test di Comprensione delle Emozioni). Esso consente di determinare se soggetti dai 3 agli 11 anni sono in grado di comprendere e riconoscere le emozioni di base. Si richiede di interpretare un’espressione facciale e si valuta il riconoscimento dell’emozione manifestata.

Infine, un importante strumento per l’osservazione delle emozioni in contesto clinico è il colloquio. Durante il colloquio clinico, al di là di ciò che viene comunicato dal paziente, è di fondamentale importanza osservare tutto ciò che entra a far parte della comunicazione non verbale (la postura, la mimica facciale, lo sguardo). Come procedere? Attraverso i quali vengono espresse le emozioni. Il colloquio serve anche per esplorare il livello emozionale di un paziente e può aiutare a far tornare in superficie le emozioni negate.

Come Gestire le Emozioni

Una buona gestione delle proprie emozioni incrementa pure un maggior sviluppo della propria intelligenza emotiva. Essa infatti è in grado di promuovere la salute della persona tramite lo sviluppo di risorse interne o la modifica del proprio comportamento. Si basa principalmente sulla teoria che si tratta di una capacità innata, ma al tempo stesso in sviluppo nell’arco della vita. L’intelligenza emotiva di fatto è una capacità, un’abilità, un processo che permette di conoscere le proprie e altrui emozioni per auto-motivarsi e gestire le relazioni con gli altri (ad esempio in amore e in gruppo) anche ad esempio in casi di conflitto.

Giusti, Pacifico & Staffa (2007), riprendono le cinque abilità descritte da Goleman nel 1995 su cui si fonda l’intelligenza emotiva.

intelligenza emotiva

Intelligenza Emotiva: 5 Abilità

  • Autoconsapevolezza delle proprie emozioni. Quella capacità di riconoscere i sentimenti e per farlo è necessario riconoscere ed identificare le proprie emozioni, rendersi conto e capire la presenza di altri stati d’animo ed emozioni differenti dalle nostre, ma soprattutto essere consapevoli degli eventi che ci accadono attorno e dei pensieri che facciamo su di essi.
  • Controllo delle proprie emozioni. La capacità di autocontrollarsi e gestire le proprie emozioni. Dato che non possiamo controllare il momento in cui verremo assaliti dalle emozioni, è importante saper controllare la propria durata e intensità. Bisogna essere quindi in grado di saper tranquillizzare sé stessi e aumentare la propria capacità di resistenza. Questo lo si può fare solo quando c’è un apertura mentale, un volersi fermare nella situazione e provarla a guardare con gli occhi dell’altro e con le sue ragioni.
  • Auto-motivazione. La capacità di saper ritardare la gratificazione e reprimere i propri impulsi.
  • Consapevolezza sociale. Il riconoscere le emozioni altrui e per farlo entra in gioco il principio dell’empatia. Essa è la capacità di sentire l’altro, in modo tale da accogliere il suo dolore e le sue gioie. Per riconoscere le emozioni dell’altro è necessario sapersi decentrare in modo da poter vedere con occhi diversi la situazione. (Talvolta una mancanza di empatia può essere alla base di episodi di bullismo).
  • Intelligenza sociale. Include la gestione efficace delle relazioni tramite lo stile comunicativo assertivo e la gestione dei conflitti. Lo stile comunicativo assertivo è una relazione con gli altri che permette di esprimere la propria opinione e affermare i propri obiettivi, senza prevaricazione dell’interlocutore.

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