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Disturbi di personalità, modalità disadattive di funzionamento. Ognuno di noi ha una propria personalità, ovvero un suo modo di essere e di approcciarsi al mondo, che si fonda sull’insieme di influenze genetiche e ambientali. Può accadere che alcuni dei tratti che compongono la nostra personalità si sviluppino in modo disfunzionale, creando problemi di natura relazionale e psicologica. Spesso le persone non sanno di avere una struttura di personalità poco efficace e percepiscono solo le conseguenze che questa può avere nelle varie dimensioni della loro vita.
Se non diagnosticati, tali problemi si rafforzano nel tempo, creando importanti disagi e diventando molto difficili da modificare. Le persone, infatti, continuano a confermare la propria immagine di sé attraverso comportamenti e strategie di coping inadeguate, creando un’identità sempre più solida e strutturata che ne rafforza la sintomatologia. Esaminiamo ora insieme quali sono i disturbi di personalità, come possono essere riconosciuti e quali trattamenti sono maggiormente indicati per la gestione sintomatologica.
Disturbi di Personalità, Cosa sono?
Una caratteristica fondamentale che accomuna tutti gli esseri viventi è la capacità di adattarsi ai cambiamenti. La flessibilità è infatti un elemento indispensabile per la sopravvivenza del singolo e della specie. Quando una persona ha pensieri o comportamenti troppi rigidi, agisce con le stesse modalità indipendentemente dalle caratteristiche del contesto. In questi casi si dice che ha un funzionamento disadattivo perché non funziona in modo efficace. I disturbi di personalità sono proprio questo, delle modalità di pensiero, emozione e comportamento poco flessibili che rendono difficile abituarsi ai vari cambiamenti e situazioni. Solitamente emergono durante l’adolescenza o nella prima età adulta, ma cominciano a formarsi già durante l’infanzia. Anzi, le dinamiche genitore-figlio che avvengono nelle prime fasi di vita sono cruciali per lo sviluppo di una personalità sana o patologica.
Queste patologie sono particolarmente complesse perché hanno effetti sulla quasi totalità della vita della persona. Per questo motivo, nella versione precedente del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM IV-TR) avevano un capitolo quasi interamente dedicato a loro.
Il modo di considerare questi quadri sta lentamente cambiando e sono al momento disponibili due diverse forme di concettualizzazione: l’approccio categoriale e la prospettiva dimensionale.
I disturbi psicologici sono stati per molto tempo divisi in due blocchi: l’Asse I racchiudeva i tutti i problemi clinici con sintomi temporanei e specifici, mentre l’Asse II comprendeva i disturbi di personalità e il ritardo mentale che hanno maggiore stabilità e strutturazione sintomatologica. Ad oggi i due gruppi sono stati unificati, privilegiando una visione più completa dei quadri diagnostici.
Approccio categoriale
L’approccio categoriale è quello che tradizionalmente inquadra i disturbi della personalità in base ai loro elementi distintivi e a cui faremo riferimento nei prossimi paragrafi. È un modello semplice da comprendere e da applicare, perché rispecchia le modalità diagnostiche degli altri disturbi clinici, come ad esempio fobia, depressione o disturbi alimentari (vedi anche vigoressia) descrivendo i quadri sintomatologici specifici per la diagnosi di ogni disturbo. Se ci pensiamo, però, una persona non è necessariamente “bianca” o “nera”. Può avere piuttosto solo alcuni tratti patologici e questi, a loro volta, possono essere più o meno marcati. Per questo motivo è stato proposto un nuovo punto di vista, quello dimensionale.
Prospettiva dimensionale
Nella prospettiva dimensionale, la personalità sana e quella patologica sono agli opposti di un continuum. I disturbi di personalità sono concepiti come alternazioni del funzionamento della personalità e si collocano lungo questo spettro. I tratti psicopatologici sono cinque (affettività negativa, distacco, antagonismo, disinibizione e psicoticismo) e influiscono sul funzionamento principalmente di due aree: la dimensione personale e quella relazionale.
La prima, il Sè, risulta compromesso rispetto alla percezione della propria identità e della capacità di porsi e raggiungere i propri obiettivi di vita. Il funzionamento interpersonale, invece, è danneggiato dalla mancanza di empatia e da difficoltà nelle dinamiche affettive.
Secondo il modello della prospettiva dimensionale, i disturbi di personalità sono 6 invece che 10 (antisociale, borderline, evitante, narcisistico, ossessivo-compulsivo schizotipico). A questi si aggiunge un nuovo profilo diagnostico, chiamato “Tratto-Specifico“, che viene utilizzato per indicare la presenza di un disturbo di personalità che non soddisfa appieno i criteri di nessun quadro sintomatologico.
Disturbi di Personalità, Diagnosi
Un disturbo di personalità è un modello costante di esperienza interiore e di comportamento molto diverso da quello atteso rispetto al contesto culturale di riferimento. I sintomi sono vari, di tipo cognitivo o affettivo, e possono esserci alterazioni nelle modalità interpersonali o nella capacità di controllare gli impulsi. La rigidità del funzionamento incide su molti aspetti della vita dell’individuo, come l’ambito lavorativo, sociale o personale, e provoca una sensazione di disagio rilevante. Come abbiamo accennato prima, questi disturbi sono stabili nel tempo e il loro esordio avviene tipicamente durante l’adolescenza o la prima età adulta.
La sintomatologia può modificarsi nel corso del tempo e aggravarsi in seguito a eventi traumatici che generano forte stress nella persona, come la perdita di una figura di riferimento (un genitore o un partner) o cambiamenti di vita significativi (ad esempio un licenziamento). In ogni caso, la diagnosi può essere formulata a partire dai 18 anni, non prima.
“L’incontro di due personalità è come il contatto tra due sostanze chimiche; se c’è una qualche reazione, entrambi ne vengono trasformati.”
Carl Gustav Jung
Disturbi di Personalità, Classificazione
Esistono 10 diversi disturbi che sono divisi in 3 gruppi, detti cluster, sulla base delle loro caratteristiche comuni. Alcuni di questi disturbi sono più frequenti nei maschi, mentre altri nelle femmine. In generale, i quadri più diffusi nella cultura occidentale sono quelli relativi all’influenza negativa del contesto sociale sul benessere psicologico della persona. In situazioni di questo tipo viene meno anche il compito genitoriale di cura responsabile, dunque entrano in gioco risposte di tutela come l’affido familiare.
Un ambiente particolarmente competitivo come il nostro, può infatti indurre la persona sperimentare costantemente sensazioni spiacevoli come ansia, insicurezza e preoccupazione. Bisogna considerare, inoltre, che spesso questi disturbi sono in comorbilità tra loro, ovvero si presentano contemporaneamente all’interno della stessa persona.
Disturbi di personalità: Cluster A
Il primo gruppo dei disturbi di personalità è formato da patologie accumunate alla presenza di tratti psicotici, in cui il pensiero è alterato e distorto. Si manifestano con comportamenti strani ed eccentrici e portano la persona a vivere in modo isolato e ad essere diffidente nei confronti degli altri.
- Personalità Paranoide: la caratteristica principale è una forte e costante sospettosità nei confronti degli altri e delle loro intenzioni. La persona è sempre diffidente e in guardia perché crede che gli altri siano guidati da motivazione malevoli.
- Personalità Schizotipica: tendenza all’isolamento sul piano sociale, che si manifesta con espressione limitata delle proprie emozioni e mancanza di interesse per attività che coinvolgono altri. La presenza di altre persone è, anzi, percepita come fastidiosa.
- Personalità Schizoide: il contatto con la realtà è molto ridotto. Questo disturbo ha molto della sintomatologia psicotica: pensiero e comportamento sono bizzarri e accompagnati da deficit di natura interpersonale che induce al distacco sociale. Possono esserci anche idee magiche o paranoiche.
Disturbi di personalità: Cluster B
La seconda classe di disturbi di personalità raggruppa patologie con alterazioni emotive che coinvolgono sia l’intensità che l’espressione dei propri stati interiori. Chi ha una personalità di questo tipo, fa fatica a regolare le proprie emozioni e a controllarle. Le emozioni risultano, pertanto, esasperate e imprevedibili.
- Personalità Antisociale: forma di personalità patologica di chi non ha alcun rispetto per le regole della società e per i diritti altrui. Tratti tipici del Disturbo Antisociale di Personalità sono la disonestà, l’impulsività, l’aggressività, la mancanza di empatia e di rimorso. Si può associare a ipersessualità e sex crime. Vedi anche: sex offender.
- Personalità Borderline: quadro sintomatologico caratterizzato da una marcata impulsività che rende instabili sia la percezione dell’immagine di sé e dei propri affetti che le relazioni interpersonali. Nel disturbo borderline in senso di vuoto interiore spinge la persona ad alternare comportamenti aggressivi a tentativi disperati per evitare gli abbandoni.
- Personalità Istrionica: si contraddistingue per la manifestazione teatrale ed eccessiva delle emozioni e per la tendenza ad essere seduttivi per poter essere sempre al centro dell’attenzione. Di fondo c’è una costante sensazione di inadeguatezza.
- Personalità Narcisistica: percezione di grandiosità, di essere migliori di tutti gli altri, e per questo di meritare ammirazione e di avere maggiori diritti. La completa assenza di empatia nel narcisismo è compensata da un eccesso di arroganza, con sfruttamento delle relazioni interpersonali.
Il borderline è un disturbo di personalità molto complesso a livello sintomatologico. Ha molti tratti simili ad altre forme patologiche, come il disturbo bipolare.
Disturbi di personalità: Cluster C
L’ultimo cluster è contraddistinto da elevati livelli di ansia e preoccupazioni correlati al contesto sociale. Le persone con questi disturbi di personalità sono particolamente inibite sul piano relazionale e tendono ad essere isolate.
- Personalità Evitante: un’eccessiva timidezza, provocata dalla percezione di essere inadeguati, porta l’individuo a temere moltissimo i giudizi negativi degli altri. Questo induce al ritiro sociale e all’evitamento di tutte le situazioni in cui potrebbe essere soggetto a critiche.
- Personalità Dipendente: la persona non si sente in grado di provvedere da sola a sé. È fortemente insicura e ha una bassa autostima. Ricerca il sostegno degli altri, a cui si sottomette, per riuscire a prendere delle decisioni o svolgere delle attività.
- Personalità Ossessivo-Compulsiva: si caratterizza per ricerca di perfezione e bisogno di avere sempre tutto sotto controllo. Queste persone si preoccupano costantemente per l’ordine nei suoi vari ambiti (come la pulizia, i soldi o la simmetria). Anche la moralità è spesso molto rigida.
Vedi anche: Disturbo ossessivo compulsivo, in cui troviamo anche la dismorfofobia che conferma l’importanza del rapporto tra alimentazione e psicologia.
Il Disturbo di Personalità Non Altrimenti Specificato (NAS), al pari del Disturbo di Tratto Specifico, è un’ulteriore diagnosi che si applica nel caso in cui i sintomi non siano riconducibili ad uno specifico disturbo, sebbene sia certa la presenza di un disturbo di personalità.
Test per Disturbi di Personalità
Per identificare le situazioni in cui la personalità è patologica, esistono diversi strumenti di valutazione che il clinico può somministrare durante un colloquio psicologico. È bene sottolineare che i test di personalità non sono dei giochi, ma dei mezzi di intervento terapeutico necessari per programmare il trattamento. Solo una persona formata in questo campo può somministare tali strumenti.
Gli strumenti di valutazione della personalità sono vari. Ne esistono di specifici che indagano esclusivamente le dimensioni della personalità. Altri, come le Scale Wechsler, sono test più ampi che valutano anche altri aspetti, come ad esempio l’intelligenza e la memoria. Possono essere sottoforma di questionari, interviste o reattivi psicologici.
Test obiettivi: questionari e interviste
Questionari e interviste sono modelli strutturati di intervento e, pertanto, sono definiti “obiettivi“. I questionari di personalità consistono in un elenco di domande a crocetta che vanno a sondare i vari aspetti della personalità. Alcuni dei più conosciuti sono l’SCL-90 (Symptom Checklist), il MCMI (Millon Clinical Multiaxial Inventory), l’MMPI e il PDI (Personality Disorder Inventory).
Ogni strumento è organizzato in modo diverso sulla base della teoria a cui fa riferimento, l’importante è che il test sia valido dal punto di vista metodologico e dei risultati conseguiti. Le interviste sono semi-strutturate, ovvero seguono una scaletta di domande ma permettono di fare eventuali approfondimenti. Tra queste, la più utilizzata in ambito clinico è la SCID, che si compone sia di una parte scritta che di una orale.
Test proiettivi
I test proiettivi utilizzano dei materiali vaghi e non strutturati che la persona deve interpretare o utilizzare per inventare delle storie o creare dei disegni. Questi strumenti sono chiamati “reattivi psicologici” proprio perché le reazioni che provocano nella persona permettono di dedurne i tratti della personalità. Il Rorschach è un esempio molto famoso di test interpretativo, mente il TAT (Thematic Apperception Test ) e il Disegno dell’Albero sono rispettivamente prove di tipo narrativo e grafico.
Disturbi di personalità, Trattamento
Il trattamento per i disturbi di personalità è complesso e spesso integrato perché è consigliabile accostare un supporto farmacologico ad una psicoterapia. In alcune situazioni può essere coinvolta anche la famiglia. Occorre considerare che i disturbi di personalità sono problematiche pervasive e ben strutturate, per cui gli interventi non permettono la completa risoluzione della patologia. L’obiettivo principale di questi trattamenti è infatti quello di ridurre il quadro sintomatologico e il conseguente disagio, oltre ad insegnare alla persona come gestire gli aspetti disfunzionali, come pensieri, emozioni e comportamenti non adeguati.
Inoltre, le difficoltà risiedono anche nel convincere le persone ad intraprendere un trattamento terapeutico e a portarlo a termine. Come abbiamo già visto, spesso non c’è consapevolezza per la presenza della patologia e i tratti di diffidenza e sospettosità complicano ulteriormente le dinamiche di alleanza e compliance terapeutica.
Farmaci
Il trattamento farmacologico può essere utile per contenere alcuni dei sintomi tipici dei disturbi di personalità e altri che spesso li accompagnano, come ansia, depressione o dipendenza da sostanze. Tra i farmaci più utilizzati troviamo gli antidepressivi, classe SSRI, che con l’inibizione della ricaptazione della serotonina tengono sotto controllo il tono dell’umore e i livelli di attivazione emotiva. Gli stabilizzatori dell’umore sono impiegati per contrastare tratti di aggressività e impulsività. I sintomi d’ansia possono essere trattati, invece, con benzodiazepine.
La farmacoterapia tuttavia non interviene sulle caratteristiche della personalità, che devono essere necessariamente trattate con un percorso di psicoterapia.
Psicoterapia
Il percorso psicoterapeutico è tendenzialmente a medio-lungo termine perché i tratti della personalità sono difficili da modificare. Solitamente l’intervento è individuale, ma spesso viene affiancato da sessioni di gruppo o di coppia/familiari.
Diverse forme di psicoterapia si sono dimostrate efficaci in questo campo, ma la cognitivo-comportamentale è considerata il trattamento d’elezione per i disturbi di personalità. Questa terapia modifica gli schemi rigidi di pensiero, emozione e comportamento su cui la persona ha costruito la percezione di sé, del mondo e del futuro. Lavora sulle distorsioni cognitive e sui comportamenti disadattivi attraverso diverse strategie, quali tecniche di ristrutturazione cognitiva, rilassamento (come Training autogeno e Rilassamento muscolare progressivo), esposizioni sistematiche e training per lo sviluppo di competenze sociali o di problem solving. Nella terapia ACT, una parte è dedicata anche alla capacità di stare nel presente in modo non giudicante.
Ci sono poi trattamenti più specifici che ottengono dei buoni risultati in relazione al tipo di problematica. Tra questi, i più significativi sono la terapia dialettico-comportamentale e la schema therapy.
Il percorso psicoterapeutico, in generale, mira a promuovere inizialmente la consapevolezza della patologia, che spesso non viene percepita come tale dalla persona. Ciò è fondamentale per favorire la sua accettazione e sviluppare, in seguito, modalità di funzionamento più adatte.
Interventi familiari
Alle volte la famiglia può essere coinvolta nel trattamento di disturbi di personalità quando questo è particolarmente invasivo. I comportamenti del nucleo familiare possono, infatti, involontariamente contribuire a mantenere i sintomi patologici. Una parte importante dell’intervento consiste quindi nell’informare la famiglia sulle caratteristiche della sintomatologia e nel guidarla verso modalità di comunicazione familiare più efficaci.
Non bisogna dimenticare, infine, che il disagio sperimentato da un soggetto con disturbo della personalità può riflettersi anche sulle persone a lui vicine, che possono sperimentare condizioni di stress e malessere a loro volta.
Vedi anche: Attaccamento e Ruolo del Caregiver