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Autostima, come ci sentiamo con noi stessi.
“Impara a piacere a te stesso. Quello che pensi tu di te stesso è molto più importante di quello che gli altri pensano di te”
Lucio Anneo Seneca
Facile a dirsi, difficile a crederci! Viviamo una società costruita su dinamiche che quasi inevitabilmente ci espongono al giudizio altrui, frutto di stereotipo e pregiudizio. Eppure il caro Seneca aveva la sua buona quota di ragione, ancora attuale e di ispirazione per tutti noi.
L’autostima è l’ingrediente basilare per vivere bene. Rientra tra quelle variabili psicologiche sottostanti ai processi cognitivi con i quali interagisce nel sistema di metacognizione. Il privilegio di essere consapevole del tuo valore ti consente di nutrire un profondo rispetto verso te stesso. Ma non solo!
Vedi anche: empowerment.
Godere di un’autostima adeguata ci aiuta anche a tessere le relazioni con gli altri e gestire anche quelle situazioni di conflitto che possono verificarsi nella vita di ciascuno di noi (vedi anche: bullismo e mobbing). In questi casi, infatti, è richiesto uno sforzo attivo di adattamento e riconfigurazione per poter raggiungere un obiettivo. Risulta intuibile, quindi, come sia per noi indispensabile essere “corazzati” da un buon bilancio del nostro valore personale.
Da queste premesse, iniziamo a percorrere questo breve viaggio informativo sull’autostima, il concetto di Sé e le strategie per migliorare questi aspetti.
Autostima, Definizione
Fornire una spiegazione del costrutto di autostima è un compito arduo! Si tratta di un concetto che ha alle spalle una lunga storia di differenti elaborazioni teoriche. Nel tentativo di dare una definizione concisa e di ampia condivisione nel mondo della letteratura psicologica, potremmo avvalerci della seguente.
L’autostima è “uno stile di risposta appreso che riflette le valutazioni operate dall’individuo delle sue esperienze e comportamenti passati e che predice, in una certa misura, i suoi comportamenti futuri” (Bracken, 1993).
Nell’autostima sono inclusi processi come l’autocontrollo, la fiducia in se stessi, l’autoregolazione, l’autorealizzazione, l’autoefficacia. Tutti aspetti che sperimentiamo, ad esempio, fin da studenti nel tentativo di costruirci un metodo di studio valido. Lo stesso vale per il contesto lavorativo, come insegna la psicologia del lavoro.
È importante tenere conto, in patologie come il ritardo mentale, della riabilitazione dello stile di attribuzione e dell’autostima. Vedi anche: Disabilità e Stress Genitoriale
Autostima e Concetto di Sé
L’autostima va innanzitutto distinta dal “concetto di sé”, che è l’insieme di elementi a cui una persona fa riferimento per definire se stessa. Ad esempio, io posso definire me stessa come persona interessata all’arte e alla scienza, come professionista impegnata, come persona coinvolta in relazioni interpersonali (figlia, moglie, genitore, amica), ecc…
Tuttavia, nel processo di formazione dell’autostima entra in campo il concetto di Sé!
Anche in un percorso arduo come quello di adozione, il vissuto dell’abbandono influisce sulla costruzione e realizzazione dell’identità. Questo è uno dei motivi per cui i figli adottivi tendono a svalutarsi perché si considerano colpevoli dell’abbandono. Vedi anche: Affido
Teoria della Discrepanza del Sé
Higgins (1987) ha proposto una teoria del Sé che permette di spiegare l’origine del disagio emotivo vissuto da alcuni soggetti, conseguente ad una discrepanza tra determinate credenze o desideri su se stessi.
Questa teoria è definita “Teoria della Discrepanza del Sé” (in inglese “Self-Discrepancy Theory”), in cui il Sé appare articolato in tre dimensioni o domini: Sé Ideale, Sé Reale e Sé Normativo.
Sé Ideale
Il Sé Ideale è la rappresentazione di quell’insieme di caratteristiche, aggettivi e possibilità che il soggetto desidera avere o essere. È il “come vorrei essere”.
Ad esempio, potrei desiderare di essere forte, coraggiosa o di godere di una personalità estroversa nei confronti degli altri.
Vedi anche: Disturbo Narcisistico di Personalità e Narcisismo
Tutte queste caratteristiche ideali potrebbero anche riflettere i desideri di qualcun altro, che poi il soggetto ha fatto suoi.
L’ideale di “bellezza magra” che pervade in parte la società di oggi ha contribuito all’aumento della diffusione di patologie come l’anoressia nervosa. Spesso, infatti, essa inizia con una dieta finalizzata a raggiungere quell’ideale di bellezza oggi così tanto ricercato.
Sé Reale
Il Sé Reale è la rappresentazione dell’insieme di caratteristiche e qualità che il soggetto attribuisce a sé stesso. Si tratta del “come sono attualmente”. Sono attributi che egli riconosce come suoi, dopo un esame di realtà o successivamente al confronto con gli altri. Dunque, si basano su una valutazione realistica e possono non corrispondere agli attributi del Sé Ideale.
Sé Normativo
Il Sé Normativo, infine, è la rappresentazione interna dei modelli morali e delle norme imposte dalla società che l’individuo ritiene di dover possedere. È il “come dovrei essere”. Ad esempio, egli potrebbe ritenere opportuno di dover essere più responsabile o di impegnarsi maggiormente nell’adempiere a tutti i compiti che la quotidianità gli richiede.
Partendo da questo preambolo teorico, quindi, possiamo avanzare alcune riflessioni.
Rapporto tra Sé Reale e Sé Ideale
L’autostima è una valutazione del concetto di sé, come rapporto tra il sé reale e il sé ideale. Nei disturbi del comportamento alimentare, nella dismorfofobia o nella vigoressia, per esempio, l’autostima viene costantemente riferita al proprio peso, all’immagine di sè o alla propria forma fisica. Alimentazione e psicologia entrano in relazione l’una con l’altra, analizzare questo rapporto permette di raggiungere un equilibrio anche in questo frangente.
In che senso?
Essa scaturisce dai risultati “incassati” delle nostre esperienze confrontati con le aspettative ideali. Ad esempio, se io attribuissi grande valore al conseguire grandi successi professionali, mentre la mia carriera fatica a decollare, nutrirei probabilmente bassa autostima circa le mie possibilità professionali. Tuttavia, potrei essere molto soddisfatta del mio aspetto fisico, delle mie capacità comunicative e relazionali. In questi ambiti, dunque, la mia autostima potrebbe essere elevata.
Ad ogni modo, se i settori dove io ho la percezione di essere efficace rivestono per me poca importanza, mentre quelli dove ritengo di essere carente sono per me molto importanti, è probabile che la mia autostima globale si mantenga molto bassa.
Un divario troppo grande tra sé percepito e sé ideale induce presumibilmente una bassa autostima, mentre un divario contenuto indica in genere un’autostima adeguata. Questo è quello che si verifica spesso durante l’adolescenza e che spinge i ragazzi (e soprattutto le ragazze) a sperimentarsi attraverso lo strumento del sexting.
Un’autostima globale positiva e adeguata, si potrebbe manifestare con affermazioni del tipo: “Vorrei avere un aspetto fisico migliore, ma, complessivamente, sono soddisfatto di me stesso come persona”. Tale affermazione riflette una visione obiettiva di sé: non sovrastima i propri punti di forza, vede e riconosce i punti di debolezza, senza tuttavia un atteggiamento ipercritico nel valutarli.
Cosa comporta avere un’alta autostima?
Significa essere in grado di riconoscere, in maniera realistica, di avere sia pregi sia difetti! Questo è un punto di partenza per impegnarsi nel tentativo di migliorare le proprie debolezze, apprezzando i propri punti di forza. Tutto ciò enfatizza una maggiore apertura all’ambiente, una maggiore autonomia e una maggiore fiducia nelle proprie capacità.
Bassa Autostima
Le persone persone con bassa autostima sperimentano meno felicità, sono pessimistiche, più tendenti a procrastinare e con una minore dose di motivazione rispetto a coloro i quali mostrano un’alta autostima. La bassa autostima si associa ad un umore più deflesso e a livelli di ansia maggiori. Chi ha una bassa autostima, infatti, cerca di evitare di affrontare i compiti più difficili, rispetto alle persone con un’alta autostima. Questi ultimi, al contrario, considerano le nuove esperienze un’opportunità! Anche l’ambiente può inficiare la nostra autostima, come insegna il metodo ABA. L’enuresi, tra i disturbi dell’evacuazione, colpisce anche l’autostima.
Le persone con bassa autostima spesso si sentono inadeguate e inferiori agli altri, un po’ come il brutto anatroccolo della famosa fiaba. Questo fenomeno è noto in psicologia come Sindrome del Brutto Anatroccolo.
Ansia e Autostima: quale legame? Quando ci capita di entrare in circolo d’ansia relativamente ad una situazione, in genere ci percepiamo come inadeguati, sbagliati e incapaci di affrontare le richieste (a volte sfidanti) dell’ambiente. Si rischiano così di sviluppare pensieri disfunzionali, emozioni negative e comportamenti di evitamento. Vuoi approfondire l’argomento? Dai un’occhiata al video: Ansia e Autostima – strategie per vivere meglio.
Differenza tra Autostima ed Autoefficacia
Approfondiamo più nel dettaglio in cosa si distinguono i concetti di autostima ed autoefficacia.
L’autostima si differenzia da altri concetti che possono sembrare simili. Essa si riferisce alla valutazione generale (o “globale”) che la persona dà del proprio valore personale. L’autoefficacia percepita, invece, consiste nella valutazione di quanto si riesce a realizzare in un determinato contesto.
In particolare, l’autoefficacia percepita si differenzia dall’autostima in due modi:
- Non è una variabile globale. Al contrario, è noto che le persone comunemente abbiano percezioni di autoefficacia diverse nelle diverse situazioni.
- Non è un’idea astratta di valore personale, bensì un giudizio relativo a ciò che si è in grado di fare.
Immaginiamo di dover affrontare un difficile esame di matematica e di avere un ottimo grado di autostima. Allo stesso tempo, però, è possibile sperimentare un senso di autoefficacia limitato alla possibilità di prendere un buon voto in quello specifico esame.
La teoria cognitivo-sociale, che vede nei suoi esponenti Bandura e Mischel, prevede in questo caso che la persona sarà ansiosa anche in presenza di un buon livello di autostima.
Autostima, Come Migliorare
Giunti a questo punto, raccogliamo e mettiamo insieme tutte le informazioni esposte. Nasce, di fatti, una domanda spontanea: come possiamo consolidare e migliorare la nostra autostima?
La Psicologa e Psicoterapeuta Maria Beatrice Toro (2010), ci suggerisce diverse strategie utili per accrescere la propria autostima. Sei curioso di scoprire quali? Vediamo insieme di cosa si tratta.
Autostima, Strategie Parte I
- Parti da quello che c’è. “Non guardare mai quello che non c’è, ma parti da quello che c’è e vivi il desiderio come condizione per migliorare la tua vita. Il desiderio deve diventare un progetto di creatività, non sentirti privato di qualcosa fin quando non ottieni ciò che desideri”. Vedi anche: Come cambiare vita: 6 regole per dare una svolta
- Poniti degli obiettivi. “Vivi senza condizionamenti e poniti obiettivi che siano tuoi e non degli altri”.
- Non fare paragoni. “Ognuno è lo specialista della propria vita. Accetta i giudizi perché possono essere una fonte di riflessione e accetta anche le critiche”.
- La tua voce interiore. “Nel corso della vita, la tua voce interiore deve respingere tutti quei messaggi negativi che potrebbero bloccarti e minare la tua autostima. Non ascoltare quindi frasi come Non sei capace, Non ce la farai, e via dicendo. Presto imparerai ad ascoltare questi giudizi, senza che la tua autostima ne sia ferita”.
Autostima, Strategie Parte II
- Ripeti come un mantra. “La vita è un’esperienza, non una prestazione”.
- Immagina la frase di cui hai bisogno. “Pensa ad una persona che consideri particolarmente saggia e positiva, può essere una persona reale o anche immaginaria. Cosa ti direbbe? La risposta che immagini di ricevere va usata come un mantra per qualche giorno”.
- Il doppio biglietto. “Puoi anche scrivere su un biglietto cosa ti dice la mente quando ti vuole mettere in riga e dall’altra parte dello stesso biglietto cosa ti dice quando ti vuole al contrario sostenere. Poi guarda il biglietto sia da una parte che dall’altra e osserva come cambiano i tuoi sentimenti. Tienilo infine solo dalla parte positive”.
Autostima e Problem Solving
Vale la pena sottolineare alcuni punti importanti. Teniamo ben a mente che lavorare per potenziare e incrementare le nostre abilità di problem solving può apportare molti benefici alla nostra autostima!
Vedi anche: Decision making
Perché?
Quando ci ritroviamo di fronte a una difficoltà, indipendentemente dalla natura della situazione, scatta una tendenza comune. In qualche maniera cerchiamo di risolvere il problema appellandoci a strategie sperimentate già in precedenza e in situazioni simili. Come dire: “se ha funzionato in passato, andrà bene anche stavolta!”.
Ma non sempre il collaudo precedente di una strategia risolutiva è garanzia di efficienza massima! Molte persone non se ne rendono conto in modo immediato. Perseverano nel provare e riprovare ad applicare quel metodo sperando di riscontrare una soluzione al loro problema.
Attenzione: insistere eccessivamente (senza alcun risultato) non è un bene! Non solo rende percettivamente più complicato il problema di quanto non lo sia nella realtà, ma può essere anche notevolmente frustrante e fonte di stress! Vedi anche: Coping, Come reagire allo stress
Senza dubbio, quindi, sviluppare le abilità necessarie per diventare un efficiente “problem solver” può migliorare la valutazione di noi stessi e accrescere la nostra autostima.
Autostima e Stile di Attribuzione
Soffermiamoci, in questo paragrafo, sull’importanza che le attribuzioni rivestono nel nostro sistema di autostima. Studi e ricerche recenti hanno mostrato che le ragioni e le cause a cui attribuiamo successi e insuccessi sono un fattore fondamentale per la costituzione dell’autostima. Si consolidano precocemente assumendo la forma di un vero e proprio stile di attribuzione, che una volta assunto e sedimentato risulta difficile da manipolare e cambiare.
Uno stile attribuzionale che orienta verso una scarsa autostima è tipico di chi ritiene che i propri insuccessi e successi dipendano da cause interne stabili (es. intelligenza, abilità cognitive e fattuali, impegno…) e non controllabili. Facciamo un esempio. A qualcuno tra voi lettori sarà probabilmente capitato di dirsi: “Non riesco bene perché non sono capace e intelligente e non posso fare niente per modificare questa situazione, perché sono nato così”. Ebbene, questa concettualizzazione di Sé si traduce spesso in rinuncia all’azione, rassegnazione e in casi più gravi anche depressione (vedi anche: Disturbo bipolare). Anche il mutismo selettivo è un quadro clinico connesso all’ansia sociale secondo l’ultimo DSM, capace di influire sull’autostima.
Pertanto, lavorare su di noi favorendo la ristrutturazione dello stile attribuzionale, può farci raggiungere una maggiore obiettività. È proprio grazie ad essa che potremmo, quindi, interpretare gli avvenimenti o le situazioni che non dipendono da noi come semplicemente sfavorevoli! Questo ci solleverà da un giudizio severo su noi stessi e sul nostro valore, concedendo un respiro più ampio alla nostra autostima.
L’autostima è influenzata da innumerevoli variabili, psicologiche e contestuali. Una di queste è la discriminazione sessista e/o omofobica. Per saperne di più leggi anche:
Autostima e Comunicazione
Un’altra variabile che influisce sulla nostra autostima è l’abilità di comunicare. La comunicazione è quel canale che ci consente di entrare in contatto con gli altri. Effettivamente essa è il pavimento sul quale percorriamo tutte le nostre interazioni sociali e in qualunque ambito della nostra vita (da quello personale a quello lavorativo). Per questa ragioni, essere dotati di buone capacità comunicative risulta fondamentale per farsi capire dagli altri e stabilire delle relazioni interpersonali soddisfacenti. Il public speaking è un valido strumento per migliorare l’autostima.
Chi soffre di Sindrome di Tourette ha mediamente una bassa autostima.
La comunicazione può essere più o meno efficace in base allo stile che adottiamo durante gli scambi sociali. Imparare e adottare una linea di comunicazione assertiva rispetto a quella passiva o aggressiva, ad esempio, consente di stare meglio con se stessi e con gli altri. Perché risulta vantaggiosa per incrementare l’autostima?
Comunicazione Assertiva
La comunicazione assertiva implica la capacità di saper comunicare i propri sentimenti (positivi e negativi), di intrattenere relazioni interpersonali, di esprimere un parere contrario a quello degli altri, di sapersi auto-apprezzare, ma anche di riconoscere i propri limiti, di prendere decisioni e di esercitare scelte senza eccessiva ansia. Tutto questo contribuisce a nutrire il valore che possiamo conferire a noi stessi.
Concludiamo questo breve viaggio intrapreso in “direzione autostima” con una considerazione importante. Per potere intervenire sull’autostima e migliorarla, occorre tenere presente le dimensioni da cui essa è costituita, come si forma e i fattori che maggiormente la influenzano (es. le attribuzioni causali, le abilità sociali e di problem solving, lo stile di comunicazione…).
E ricorda:
Quando conosci il tuo reale valore, nessuno potrà farti sentire inutile.