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Attenzione, funzione afferente al nostro dominio cognitivo che ci consente di esplorare attivamente l’ambiente e di focalizzarci soltanto sui fenomeni che ci interessano. Un’abilità cognitiva grazie alla quale siamo in grado di pianificare le azioni future, basate sul monitoraggio dell’ambiente attuale e sulla connessione di ricordi e/o sensazioni esperite dal passato.
Quali sono state le prime teorie sull’attenzione? Quanti e quali tipi di attenzione esistono e come facciamo per potenziarli? Nei paragrafi seguenti affronteremo il tema dell’attenzione, soffermandoci anche sui disturbi dell’attenzione e sui test ad uso clinico impiegati per valutarla.
Attenzione, Definizione
Per attenzione si intende l’insieme di quei dispositivi e meccanismi cognitivi che permettono di selezionare e filtrare gli stimoli ed elaborare le informazioni per fornire un output di risposta adeguato.
Dunque, l’attenzione rappresenta una capacità primaria per lo sviluppo e la sopravvivenza dell’essere umano ed è un processo cognitivo alla base di molti altri, come la memoria, la percezione, il linguaggio, il pensiero declinato nella sua funzione di problem solving e di decision making. In ambito scolastico, la Didattica Metacognitiva ha dimostrato la sua efficacia per l’affinamento di competenze trasversali come appunto l’attenzione e le altre abilità appena citate. Nella terapia ACT, una parte è dedicata anche alla capacità di stare nel presente focalizzandosi su cosa si fa.
L’attenzione è una funzione altamente associata al nostro livello di attivazione psicofisiologica. Ad un basso livello di attivazione, la persona tenderà a distrarsi facilmente e quindi si dimostrerà poco performante nel suo compito. Al contrario, in corrispondenza di un alto livello di attivazione insorgerà l’ansia che avrà un impatto negativo sui risultati del compito. Questo avviene anche nel mutismo selettivo, un quadro clinico connesso all’ansia sociale secondo l’ultimo DSM.
Cenni Storici
La capacità attentiva del genere umano è stata oggetto di studio fin dalla nascita della psicologia. I primi studi quantitativi sull’attenzione sono attribuiti a Wilhelm Wundt, che si focalizzò sulla misurazione del tempo necessario per spostare l’attenzione da uno stimolo all’altro. Successivamente, i cognitivisti la definirono come un processo di selezione che permetteva di filtrare le informazioni provenienti dall’esterno, selezionando solo quelle necessarie allo scopo dell’individuo.
Tuttavia, le principali teorie a cui si fa riferimento per indagare l’attenzione furono postulate a partire dalla seconda metà del Novecento.
Tipi di Attenzione
L’attenzione, come già accennato, è un processo cognitivo molto complesso. Il lavoro del nostro cervello per soddisfare l’attenzione è talmente esteso che possiamo concettualmente scomporre questa funzione in diversi tipi di attenzione. Questo è un punto chiave, non solo perché ci concede di differenziare il nostro funzionamento attentivo in base alle circostanze del compito che stiamo eseguendo, ma anche per comprendere come poter fortificare ogni sfumatura della nostra attenzione attraverso l’esercizio quotidiano. Il potenziamento cognitivo, in alcuni casi, può essere un valido alleato.
Procediamo per gradi e iniziamo a vagliare ciascuna tipologia di attenzione e ciò che sottende.
Attenzione Selettiva
L’attenzione selettiva consiste nella capacità di focalizzare il sistema percettivo su un’informazione rilevante. Gli studi su questa funzione furono avviati da Cherry, che analizzò il cosiddetto fenomeno del cocktail party. In cosa consiste?
Immaginiamo un soggetto ad una festa, il quale riesce a prestare attenzione ad una sola conversazione nonostante ve ne siano parecchie in corso che potrebbero interferire. L’ipotesi di fondo è l’esistenza di un processo di selezione degli stimoli che permette di selezionare alcuni stimoli lasciandone decadere altri.
Filtro Attentivo
Da queste premesse teoriche, nel 1958, lo psicologo Donald Broadbent postulò la Teoria del filtro.
Secondo lo studioso, vi è l’esistenza di un filtro che si frappone tra il sistema sensoriale e il sistema percettivo determinando l’attivazione cosciente delle informazioni che riescono a superarlo.
Un famoso esperimento a sostegno della teoria del filtro prevedeva la presentazione ai soggetti sperimentali di una serie di sei numeri in una cuffia stereofonica. I numeri venivano presentati ad orecchio alternato e alla fine della presentazione i soggetti dovevano ripeterli senza un ordine preciso. I risultati mostrarono che i soggetti tendevano a ripeterli raggruppandoli in base all’orecchio con cui li avevano ascoltati.
Broadbent spiegò i risultati dell’esperimento tramite un modello teorico. Alla presentazione di uno stimolo, vi è una fase iniziale in cui il sistema sensoriale analizza in parallelo tutte le informazioni, le quali passano nel magazzino della memoria a breve termine. Successivamente vi è una fase di elaborazione attribuita al sistema percettivo, che elabora le informazioni in modo seriale (una dopo l’altra).
Per concludere, secondo la teoria di Broadbent, tra i due sistemi si trova un filtro, il quale seleziona gli stimoli che possono accedere dal sistema sensoriale al sistema percettivo.
La Teoria del filtro è basata su una proprietà degli stimoli: la salienza. È una proprietà oggettiva, perché dal punto di vista sia dell’attenzione visiva sia della percezione visiva. Gli stimoli definiti salienti sono quelli che differiscono dallo sfondo. Quindi, saltano all’occhio immediatamente! La salienza è relativamente facile da misurare. Ad esempio, in via sperimentale, è possibile “mappare” la quantità di salienza in diverse aree di un’immagine misurando il relativo contrasto e luminosità.
Attenzione Focalizzata
L’attenzione focalizzata è l’abilità cognitive che consente di sottoporre lo stimolo selezionato ad ulteriori elaborazioni. Inoltre, permette anche di operare in maniera più efficace verso questo stimolo attraverso una capacità di captare l’elemento più veloce, insieme alla capacità discriminativa migliore ed una più elevata predisposizione alla risposta ai medesimi stimoli. Tutto questo richiede un alto livello di allerta e di attivazione!
Attenzione Divisa
L’attenzione divisa consiste nella capacità di prestare attenzione a più informazioni rilevanti e di eseguire contemporaneamente più operazioni mentali. Possiamo dirlo: la nostra mente è qualcosa di incredibile!
Nonostante questi compiti da eseguire possano non richiederci chissà quale grande fatica, è necessario suddividere le risorse della nostra attenzione. Così facendo, possiamo sostenere una discreta se non addirittura ottimale performance in entrambi!
Potrebbero capitare circostanze in cui i due compiti da svolgere in contemporanea possano richiedere più risorse cognitive e attentive. Come ci risulta possibile, ad esempio, a seguire con lo sguardo la lavagna dove il nostro docente spiega e al contempo prendere appunti comprensibili senza perdere il filo?
Esiste una particolare classe di processi attentivi: i processi pre-attentivi e automatici. Ad esempio, andare in bici dopo averlo appreso da tanto anni. Essi non richiedono l’impiego di molte risorse e possono essere svolti in maniera meccanica e contemporaneamente o insieme a processi attentivi contrallati. Questi ultimi, al contrario, sono dal punto di vista del dominio cognitivo molto impegnativi!
Attenzione Sostenuta
L’attenzione sostenuta permette di focalizzare l’attività mentale per una durata prolungata. Per questa ragione, viene impiegata in tutta quella vasta gamma di compiti da eseguire che richiedono una capacità di concentrazione con un ritmo costante nel tempo. È come se il nostro cervello fosse capace di persistere in una certa attività.
Immaginiamo di dover studiare per un esame. Cosa ci occorre? Per esempio leggere gli appunti, le pagine del manuale ed elaborare le informazioni per diverse ore. Chiaramente il beneficio di quest’attività cognitivo non sarà immediato (scopriremo l’efficacia probabilmente solo il giorno dell’esame stesso). Dunque, la nostra attenzione sostenuta non è esente da diverse “minacce” che possono far vacillare la nostra motivazione al compito.
L’attenzione sostenuta è tipica anche di alcune forme di meditazione. Scopri quali!
Attenzione Alternata
L’attenzione alternata fa riferimento alla capacità di direzionare in modo flessibile l’attenzione da un compito ad un altro.
Facciamo un esempio pratico. Immaginiamo di dover preparare un primo piatto abbastanza complesso (con la consapevolezza di non essere un grande Chef).
La preparazione richiede di lavorare su ogni singolo ingrediente in fasi diverse e alternate. Per poter fare ciò, dobbiamo passare dall’eseguire un’azione ad un’altra successiva! Chiaramente dobbiamo tenere a mente tutte le operazioni e i passaggi compiuti fino a questo momento. Come una sorta di “segnalibro”. Perché? Dopo aver completato l’aggiunta di un ingrediente, potremmo dover tornare indietro e riprendere ciò che stavamo facendo in precedenza.
Disturbi dell’Attenzione
Lo studio dell’attenzione presenta diversi ambiti applicativi. In ambito clinico, le anomalie dell’attenzione possono essere suddivise in ipoprossessia (o disattenzione), associata a diminuzione della vigilanza, e iperprossessia presente in stati detti di super-coscienza (es. in intossicazioni da allucinogeni, fobia, disturbo ossessivo-compulsivo).
Nel contesto della psicopatologia vi possono essere disturbi in cui l’attenzione può risultare ridotta a causa di scompensi legati al trauma psicologico, al PTSD o Disturbo Post Traumatico da Stress, o di altre condizioni stressanti (come il lutto o l’aborto o l’insonnia) e psichiatriche come la schizofrenia, depressione, Parkinson, disturbo bipolare e altri disturbi di personalità). Anche in un quadro di burnout o mobbing l’attenzione viene minata!
Per approfondire l’argomento sui disturbi di personalità puoi consultare gli articoli dedicati:
Nel contesto clinico legato alla psicologia dello sviluppo, si può riscontrare una diminuzione dell’attenzione, ad esempio, nel disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), in cui nei soggetti si verifica un’incapacità a mantenere l’attenzione su compiti, giochi o altre attività, con una continua tendenza alla distrazione. La scarsa concentrazione entra a far parte anche del disturbo oppositivo provocatorio, tipicamente sviluppato in infanzia e adolescenza.
Vedi anche: DSA (Disturbi Specifici di Apprendimento), Discalculia, Disortografia e Dislessia, in cui l’attenzione risulta deficitaria
In neuropsicologia, l’attenzione è oggetto di studio nei pazienti che hanno riportato gravi lesioni cerebrali. Un esempio di disturbo dovuto a danno neurologico è l’eminattenzione (o neglect), caratterizzato dalla difficoltà del paziente a prestare attenzione allo spazio extracorporeo controlesionale.
Attenzione, Test
Gli strumenti per valutare l’attenzione sono molteplici. Alcuni sono specifici per una determinata componente della capacità attentiva.
Per quanto concerne l’attenzione selettiva, i più utilizzati sono i test di barrage e il test delle campanelle, nei quali i pazienti devono barrare gli stimoli target in mezzo a stimoli distrattori. Altri test per la valutazione dell’attenzione selettiva sono alcune proposte contenute nella VALS, ossia la batteria per attenzione visiva selettiva e attenzione uditiva selettiva e il test delle matrici attentive. Quest’ultimo è costituito da tre matrici composte da 13 righe da 10 numeri, nelle quali i soggetti devono ricercare tutti i numeri corrispondenti a quelli indicati nella matrice (stimoli target), nel minor tempo possibile. Dalla prima alla terza aumenta il livello di complessità.
Per quanto riguarda invece l’attenzione divisa e l’attenzione alternata, tra gli strumenti più utilizzati vi sono il Trail Making Test (TMT) e lo Stroop Test. Il TMT è costituito da due parti (A e B), la prima delle quali prevede la pianificazione visuo-motoria di un percorso numerico, mentre la seconda valuta le capacità di shifting attentivo tra due sequenze automatizzate (alfabetico/numerica). Lo Stroop Test, invece, è una prova articolata in vari sub-test, come leggere una lista di colori, nominare il colore dell’inchiostro con cui sono scritti i nomi dei colori (es. se la parola “blu” è scritta in giallo devono dire “giallo”). Questo tipo di test valuta la capacità di controllare l’effetto interferenza.
Esercizi per Migliorare l’Attenzione
Come possiamo migliorare la nostra attenzione?
È un quesito al quale è utile dare una risposta, poiché l’attenzione è una funzione cognitiva adoperiamo in qualsiasi momento delle nostre giornate e della nostra vita. Ecco di seguito qualche piccolo consiglio da poter mettere in pratica, da cui poter trarre beneficio.
- Obiettivi chiari e ben definiti. Nessuno sforzo sovrannaturale per chi non ama fare progetti impegnativi! Basterà semplicemente pianificare obiettivi a breve termine e farlo in maniera adeguata. Anche nel public speaking, per attirare l’attenzione del pubblico serve uno scopo ben definito.
- Contesto adatto. Spesso siamo bombardati da innumerevoli stimoli distrattori. Ciò vale sia per gli adulti, ad esempio nel loro ambiente di lavoro, sia per i bambini o adolescenti durante le intense giornate di studio scolastico. Come procedere? Sicuramente “snellire” e “isolare” il contesto da fattori devianti la propria attenzione potrà consentirci di creare un ambiente adatto per ogni attività, coerente rispetto allo scopo delle stesse.
- Metodi e Strumenti. È possibile, per i giovani studenti, avvalersi di un’organizzazione ottimale e gestire il proprio studio in modo metodologicamente corretto ed efficace! Ad esempio, strutturare l’apprendimento attraverso l’utilizzo di mappe concettuali, elaborare riassunti, sfruttare gli evidenziatori colorati per le sottolineature così da favorire anche la base percettiva dell’informazione ecc…
Per chi fosse interessato ad approfondire l’argomento relativo al metodo di studio per ogni fascia d’età, si consigli la lettura dell’articolo qui riportato: Metodo di Studio: Universitario, Superiori e Tecniche
Altri Esercizi
- Causa della disattenzione. Risulta fondamentale non sottovalutare mai ciò che ci circonda. Spesso possiamo incorrere nell’errore che determinati stimoli presenti nel nostro ambiente non siano motivo di distrazione per noi o per i più piccoli (vedi anche: bias). Eppure anche quel piccolo oggetto, quel sottofondo musicale o la presenza di una persona nuova può essere la causa, seppur inconsapevolmente, che porta a deviare la nostra attenzione e distrarci dal compito in atto.
- Avere a disposizione ciò che ci è utile. Quante volte sarò capitato a ciascuno di noi di “perdersi” nella ricerca di un qualsiasi oggetto, anche solo una penna per prendere appunti, e abbandonare l’attenzione prestate nei confronti di chi ci sta parlando? Tutto nella norma, niente panico. In modo molto elementare ci basterà, per il futuro, “attrezzarci” e gestire il nostro spazio di lavoro o di studio avendo a portata di mano tutti gli strumento a noi necessari.
- Giochi attentivi. Esistono numerosi giochi da tavola da poter condividere in compagnia tra amici o familiari, utili per stimolare in modo costante la nostra attenzione. Quali? Ad esempio trovare le differenze tra carte che riportano immagini simili, ricercare la parola connessa per significato semantico a quella precedente, il gioco del memory (utile anche per allenare la memoria, inclusa la memoria di lavoro) il rebus, disegni da copiare, creazione di figure di dimensioni differenti e così via.