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Bias: Traduzione, Significato, Bias Cognitivi, Bias di Conferma

Indice

Bias è un termine che sta divenendo sempre più popolare, indipendentemente dall’ambito di applicazione. Infatti, come avremo modo di capire, le conseguenze derivanti dai bias riguardano la nostra vita quotidiana: da quella personale a quella lavorativa (vedi anche: effetto Dunning-Kruger).

Le conseguenze dei bias possono infatti ripercuotersi sulle diagnosi dei medici, sulle operazioni dei controllori di volo, sulle procedure produttive di un’azienda e così via. I bias possono riguardare anche i recruiter, per cui diviene importante studiarli anche in Psicologia del lavoro. Diventa dunque fondamentale imparare a riconoscerli per prevenirli a tutti i livelli.

Curiosità

Sai quali sono alcuni degli argomenti di cui si occupa la psicologia del lavoro?

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Bias: Traduzione

Sebbene possa essere tradotto dall’inglese letteralmente come “pregiudizio”, quando parliamo di bias in psicologia – ma anche in filosofia, economia, medicina e nelle scienze sociali in genere – i due concetti vanno distinti (per approfondire cosa sia un pregiudizio ti consigliamo di leggere l’articolo dedicato al concetto di Stereotipo).

Una traduzione più opportuna (dal francese e dal provenzale antico) sarebbe quella di “inclinazione” o “obliquità”, ma anche così ci dice poco. Forse la traduzione come “tendenza” è già più pertinente in quanto fa riferimento alla sistematicità che (come vedremo) contraddistingue i bias.

Come avrete avuto dunque modo di intuire, solitamente bias è un termine che non si traduce, poiché è stato importato dalla letteratura specialistica così com’è.

Significato di Bias

Cosa significa avere un bias? Cosa sono? Secondo lo psicologo premio Nobel per l’economia Daniel Kahneman:

Gli errori sistematici sono definiti «bias», preconcetti che ricorrono in maniera prevedibile in particolari circostanze.

Per comprendere meglio ciò che significa avere un bias, Kahneman mostra anche come si formano questi errori, adducendo come spiegazione le due modalità di pensiero che ci contraddistinguono, denominati sistema 1 e il sistema 2. Scopriamo di che si tratta.

Curiosità

Non tutti ne siamo affetti allo stesso modo. Per esempio, un determinato pensiero può essere interpretato in un modo da persone che soffrono di disturbo ossessivo compulsivo e da persone che non hanno questo disturbo. Se i secondi possono derubricare un certo pensiero come irrilevante, i primi tenderanno a interpretare lo stesso identico pensiero in maniera catastrofica.

Pensieri Lenti e Veloci

Kahneman ci parla di due sistemi di pensiero, uno “automatico” e uno “riflessivo”, che per semplicità di pronuncia chiama sistema 1 e sistema 2. Di seguito una breve descrizione.

  1. Sistema 1 (“pensiero veloce”). È il pilota automatico, agisce senza controllo e senza sforzi. Svolge tutte quelle attività immediate come rispondere a chi ci chiede qual è la capitale d’Italia o voltare la testa verso un rumore improvviso.
  2. Sistema 2 (“pensiero lento”). È la nostra capacità riflessiva, per cui entra in gioco per svolgere operazioni mentali complesse che il sistema 1 non è in grado di svolgere. Un esempio ne è il calcolo di operazioni aritmetiche come la moltiplicazione o confrontare il prezzo di due smartphone.

I bias sono dunque frutto del sistema 1, che agisce intuitivamente e senza che possa essere fermato. Per prevenire questi errori dovremmo ricorrere al sistema 2, il quale però potrebbe non vedere alcun indizio dell’errore. Inoltre, usare il sistema 2 implica uno sforzo cognitivo che gli esseri umani tendono a evitare, affidandosi piuttosto alla loro intuizione (sistema 1).

bias errore pensiero

Come se non bastasse, nonostante la motivazione possa spingere le persone a mettere in dubbio il proprio sistema 1, se ci troviamo in condizioni di fatica fisica, emotiva o cognitiva, non disporremo comunque di risorse sufficienti per attivare la supervisione del sistema 2, lasciando spazio all’emergere dei bias. Le persone che seguono ciecamente il sistema 1 sono di solito ansiose, impazienti, impulsive e incapaci di rimandare il soddisfacimento di una gratificazione.

D’altronde, mettere costantemente in discussione il sistema 1 sarebbe un’opzione impraticabile in termini di risorse e di praticità per la vita quotidiana. Per questioni routinarie, infatti, il sistema 1 è solitamente affidabile e lavora in tempi rapidi, al contrario del sistema 2, troppo lento per svolgere la maggior parte delle attività quotidiane.

Bias Cognitivi

Come abbiamo visto, esistono diverse tipologie di bias. Ci sono per esempio bias statistici (errore insito in una tecnica statistica), di pubblicazione degli articoli scientifici (pubblicare studi solo con un certo risultato), infrastrutturali (l’influenza di luogo e disponibilità di infrastrutture preesistenti sullo sviluppo socio-economico), ecc. Se parliamo degli errori di ragionamento degli esseri umani, allora parliamo nello specifico di bias cognitivi.

Curiosità

Esistono numerosissimi bias cognitivi. Il cognitive bias codex ne contiene tantissimi, raggruppati in quattro quadranti. Cliccando su ogni singolo bias, verrai reindirizzato alla relativa pagina Wikipedia (in inglese).

Essendo errori che riguardano tutti, non sorprende che l’interesse per i bias cognitivi abbia comunque tutt’altro fascino. D’altronde, come scrive Lewicka:

[…] il pensiero è, prima di tutto, lo strumento dell’azione. Capire il ragionamento umano affetto da bias, implica capire il ruolo che il ragionamento gioca nelle attività quotidiane.

In quest’ottica, un’interessante prospettiva sulla formazione dei bias cognitivi la fornisce la psicologia evoluzionista. Questa branca della psicologia studia i comportamenti umani nell’idea che questi siano il risultato del processo evolutivo di adattamento.

I bias cognitivi, dunque, non sarebbero da intendere come un difetto evolutivo, quanto come una precisa caratteristica dell’essere umano. Sarebbero dunque frutto dell’evoluzione. In tal senso, l’evoluzione avrebbe portato alla comparsa dei bias cognitivi per tre ragioni: euristiche, artefatti e gestione deli errori.

Euristiche

I bias sarebbero un effetto collaterale delle limitate risorse cognitive a disposizione dell’essere umano. Il tempo e le abilità di cui disponiamo non sono risorse illimitate, per cui abbiamo dovuto sviluppare delle scorciatoie da utilizzare come regola generale. Infatti, i vantaggi derivanti da una maggiore accuratezza, non riuscirebbero a compensare lo sforzo maggiore richiesto da strategie di pensiero più articolate. La selezione naturale favorirebbe, dunque, strategie che funzionano nella maggior parte dei casi, sebbene non siano sempre valide (vedi anche decision making).

I bias si verificherebbero dunque in quei casi in cui l’euristica non dà esito positivo. Tuttavia, questo spiega solo in parte l’emergere dei bias, in quanto non ci dà indicazioni sul perché se ne sviluppano alcuni piuttosto che altri.

Artefatti

A favorire la comparsa di bias ci pensano quelle situazioni per le quali semplicemente la mente umana “non è stata progettata”. In questo caso, dunque, un artefatto è una situazione artificiosa, per la quale la mente umana deve fare un certo sforzo per richiamare concetti astratti, con la quale non è previsto che debba interagire.

La stessa tipologia di problema, presentata con dati e contenuti differenti, può dare risultati anche abbastanza diversi tra loro. Se il problema sarà posto in modo da somigliare a quegli stessi problemi che la specie umana può aver affrontato durante la sua evoluzione, allora il tasso di errore (dunque di bias) si ridurrà, mostrando esseri umani in grado di scegliere le strategie di ragionamento più opportune.

Per esempio, parlare di probabilità (un artefatto, un concetto matematico astratto) produrrà maggiori errori rispetto al parlare di frequenza con cui un certo evento si verifica in un certo lasso di tempo (concetto di cui si può avere esperienza diretta tramite i nostri sensi).

Gestione degli Errori

Esistono due tipologie di errori:

  • Falsi positivi – fare qualcosa che sarebbe stato meglio non fare (fuggire da una situazione non pericolosa; rifiutare un alimento in realtà sicuro);
  • Falsi negativi – non fare qualcosa che sarebbe stato meglio fare (non scappare da una situazione realmente pericolosa; non rifiutare un alimento tossico).

Tuttavia, il costo associato a queste tipologie di errori non è uguale. Gli esseri umani si sarebbero dunque evoluti sviluppando dei processi mentali in grado di minimizzare non il tasso totale degli errori, quanto piuttosto di minimizzare i costi derivanti da questi errori. Detto altrimenti, è meglio compiere più errori ma con un costo irrisorio, piuttosto che un singolo errore ma con effetti disastrosi.

I bias emergerebbero dunque perché il costo dell’errore che producono è tutto sommato inferiore rispetto a modelli di comportamento più accurati.

Questo spiega perché le persone giudicheranno come più vicino un suono che sale d’intensità rispetto a uno la cui intensità diminuisce, nonostante le due fonti sonore si trovino alla stessa distanza di chi ascolta (fenomeno che prende il nome di auditory looming). Infatti, non è meglio forse farsi trovare pronti per qualcosa che sta arrivando in anticipo piuttosto che troppo tardi?

Per lo stesso motivo, gli uomini tenderebbero a percepire un interesse maggiore delle donne nei loro confronti di quanto realmente ne abbiano (sexual overperception bias). Infatti, il costo dell’errore dei rifiuti è percepito come minore rispetto al costo della mancata occasione riproduttiva (vedi anche: sessualità).

Al contrario, le donne tenderebbero a sottostimare quanto gli uomini vogliano impegnarsi in una relazione (committment skepticism). Da una prospettiva evolutiva, il costo dell’abbandono dopo la nascita della prole (che riduce la sopravvivenza della stessa) è considerato maggiore rispetto alla mancata occasione/ritardo nella riproduzione (vedi anche: sesso in gravidanza).

bias di conferma errore

Bias di Conferma

Uno dei più diffusi, noti e importanti bias è sicuramente il bias di conferma (confirmation bias), che dunque merita un approfondimento.

Il bias di conferma, in buona sostanza, fa sì che le nostre ipotesi, credenze, convinzioni, ecc., siano sempre confermate. Questo attraverso la ricerca, la selezione, l’interpretazione e la memorizzazione sistematica solo di quelle informazioni in linea con il nostro pensiero di partenza (vedi anche: attenzione e memoria).

Il bias di conferma ci porterà dunque a ignorare tutte quelle informazioni in contrasto con la nostra ipotesi iniziale. Selezioneremo accuratamente, dunque, solo le informazioni che confermano quanto già crediamo di sapere. Nello specifico, questo comportamento viene definito cherry-picking (letteralmente, raccogliere ciliegie).

In pratica, invece di adottare un approccio falsificazionista (cercare esempi che possano contraddire le nostre convinzioni), ricorriamo a un approccio verificazionista (cercare esempi coerenti con la nostra ipotesi).

Curiosità

Una serie di famosi esperimenti ha mostrato la tendenza degli esseri umani all’approccio verificazionista. Per esempio, supponiamo che io abbia una serie di 3 numeri: 2-4-6. Quale regola ho usato per costruire questa serie?

Per scoprirlo, chiederò di propormi una serie di numeri potrebbero soddisfare questa regola e a ogni proposta dirò se la regola è rispettata o meno, finché non ci si sentirà pronti a dirmi qual è la regola utilizzata, in base al proprio giudizio.

La maggior parte delle persone procederà formando un’ipotesi (per esempio, la regola è “i numeri devono essere pari”) proponendo serie come 4-8-12, 6-10-14 o 20-40-60. Lo sperimentatore confermerà l’aderenza alla regola delle serie proposte. Ora immaginatevi la sorpresa delle persone quando, ormai sicure di sé, si sentono dire dallo sperimentatore che la loro ipotesi è sbagliata (la regola è “i numeri devono essere uno maggiore dell’altro”).

Spiegazioni al Bias di Conferma

Per spiegare perché siamo afflitti dal bias di conferma, sono state avanzate alcune ipotesi:

  • Effetto del bias della positività. Le persone preferiscono processare le informazioni espresse in forma positiva invece che negativa. Non è dunque una questione motivazionale, ma di facilità di elaborazione delle informazioni;
  • Strategie positive di test. Il bias di conferma sarebbe una strategia di validazione delle ipotesi scelta per la sua semplicità cognitiva e per i risultati che se ne ottengono, positivi anch’essi;
  • Minimizzazione degli errori. Si fa riferimento alla spiegazione sulla gestione degli errori.

La gestione degli errori non è l’unico motivo evolutivo che spiega perché il bias di conferma sia ancora oggi diffuso. Infatti, questa tipologia di bias dovrebbe garantire vantaggi sufficienti da compensare gli svantaggi che provoca, considerando che porta ad accumulare prove di una realtà che non è quella fattuale.

Tuttavia, il punto è proprio questo: convinti che la realtà sia in un certo modo, le persone finiranno per agire in modo tale da modificare la realtà, come dimostrato dalle cosiddette profezie che si autoavverano. Il legame tra bias di conferma e profezie autoavveranti è presto spiegato.

Se una persona – che chiameremo Aldo – è convinta che un’altra persona – che chiameremo Giulia – abbia una precisa caratteristica di personalità – supponiamo: l’assertività o buone capacità comunicative – allora Aldo ignorerà tutte le prove che negano questa sua credenza. Aldo, dunque, genuinamente convinto dell’assertività di Giulia, sarà molto più persuasivo nel trasmettere questa sua idea a quest’ultima. Giulia, d’altra parte, riconoscendo la convinzione di Aldo, non penserà che quest’ultimo lo dica solo per farle un complimento (ma senza crederci davvero). Giulia sarà dunque più propensa a credersi davvero una persona assertiva, finendo per avere più probabilità di conformarsi a questa idea.

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