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Disabilità e Stress genitoriale: Impatto su Famiglia, Fratelli e Supporto 

Indice

Disabilità e stress genitoriale, una relazione essenziale da prendere in considerazione. Parliamo di un presupposto importante da prendere in considerazione, proprio perchè spesso spinge le famiglie di bambini e ragazzi con disabilità ad accumulare stress e sensi di colpa. Non a caso, la diagnosi di disabilità infantile può innescare diverse risposte emotive nei genitori e nell’intero sistema familiare. Sebbene molti di loro rispondano positivamente alle sfide emotive e assistenziali, può spesso generare una crisi che richiederà un notevole adattamento psicologico.

Come approfondiremo all’interno dell’articolo, sono differenti i fattori da prendere in considerazione per diminuire la reazione familiare negativa. Tra i più importanti, troviamo l’aspetto fondamentale della modalità di comunicazione della diagnosi, capace sia di favorire l’adattamento alla situazione che, quando le modalità di comunicazione sono scorrette, provocare un forte trauma, legato alla discrepanza tra il bambino “ideale” e il bambino “imperfetto”. Naturalmente, le sfide che i genitori si trovano a dover affrontare, in un modo o nell’altro, impattano sulla loro salute e sul loro benessere. Valutare con attenzione quali sono gli aspetti più importanti da considerare è essenziale. Anche il supporto è uno strumento fondamentale.

disabilità e famiglia

Le famiglie devono trovare il tempo e l’energia per affrontare le sfide che, in un modo o nell’altro, impattano su ogni area della loro vita e si aggiungono ai già presenti compiti e responsabilità quotidiane. In questo panorama, il percorso terapeutico permette loro di guardare avanti. Vediamo quali sono le strategie di coping più adatte, l’importanza della comunicazione della diagnosi e l’impatto anche sui fratelli.

Disabilità e Stress Genitoriale

La diagnosi di disabilità riguarda, solo in Italia, circa 2 milioni e 300 mila le famiglie, nelle quali vive almeno una persona con limitazioni gravi, secondo le stime più recenti del 2019. Questo evento segna la vita di tutti i componenti del nucleo familiare, anche più allargato, con reazioni differenti. Le fasi del nostro ciclo di vita sono scandite da eventi critici, che possono essere visti come qualcosa di non necessariamente negativo. Spesso e volentieri, proprio come nel caso di disabilità infantile, l’evento è improvviso e imprevedibile. La crisi stessa può, sempre in ottica evolutiva, essere considerata costruttiva e strettamente connessa al cambiamento. La capacità della famiglia di cambiare, di adattarsi e di adempiere un compito evolutivo distinguono la famiglia “normale” da quella “patologica”.

Detto questo, il nostro obiettivo non è certo quello di delineare una famiglia perfetta, in cui la diagnosi di disabilità viene fin da subito considerata come evento fortunato. Lo scopo di questo articolo è tutt’altro, tra cui il desiderio di diminuire il senso di colpa che i familiari vivono quando si ritrovano a pensare “perchè a noi?”. Costruire intorno a sè una rete solida di sostengo e supporto, anche dal punto di vista economico, non aiuterà a trovare una risposta a questa domanda ma offrirà la possibilità di superare al meglio le difficoltà. Rimanere soli può solo aumentare il dolore e la frustrazione.

Curiosità

Altre due situazioni, durante lo sviluppo del minore, che richiedono supporto anche per il sistema familiare sono l’affido e l’adozione.

disabilità e genitori

Vissuti Emotivi

La diagnosi di disabilità dello sviluppo in un bambino può, di conseguenza, innescare una serie di diverse risposte emotive nei genitori e nell’intero sistema familiare. Molto dipende anche dal tipo di diagnosi, dal ritardo mentale ai disturbi del neurosviluppo, come l’autismo. In alcuni genitori, la scoperta che il loro bambino ha una disabilità, arriva innanzitutto come una delusione e può portare un persistente senso di perdita. Talvolta, può anche generare una crisi che richiede un notevole adattamento psicologico e implicherà elementi di danno, perdita e debolezza. tutto questo può portare i genitori a soffrire anche di disturbi del sonno (vedi anche: insonnia). L’aumento di stress è fisiologico.

Dal punto di vista dei vissuti emotivi, sono numerosi i compiti assistenziali fisicamente e mentalmente impegnativi che possono portare a reazioni negative. Non di rado, inoltre, l’interruzione delle routine familiari crea livelli più elevati di stress nelle famiglie di bambini con disabilità rispetto alle altre famiglie. La notizia della diagnosi costituisce un trauma, che può richiedere un lasso di tempo differente per adattarsi alla situazione e alle nuove esigenze. Detto questo, la famiglia è un sistema in evoluzione, capace di affrontare anche compiti evolutivi che richiedono un più o meno vasto processo di riorganizzazione.

Dare spazio ai propri vissuti emotivi, anche se di natura egoistica, è il primo passo per riuscire a creare un nuovo equilibrio all’interno del sistema familiare.

  • Con l’obiettivo di migliorare la gestione del comportamento, nascono anche i programmi di parent training rivolti ai genitori. A seconda dell’obiettivo, cambia l’approccio. Ad esempio, i parent training per autismo e HFA.

Strategie di Coping 

Parlando di quali sono i meccanismi di coping utili a sviluppare resilienza in caso di disabilità infantile, uno studio di Cyrulnik e Malaguti (2005) mostra che la resilienza familiare, ovvero la capacità di superare le avversità, sopravvivere allo stress e contrapporsi alla pressione esercitata dall’ambiente, adattandosi in modo positivo, nasce dal combinarsi di tre fattori. Il primo è relativo alla capacità di affrontare le avversità, interpretando la sofferenza come occasione di crescita. Il secondo fattore si riferisce all’atteggiamento positivo, ovvero alla capacità di veder oltre le difficoltà, ipotizzando comunque un futuro migliore. Per ciò che riguarda il terzo, consiste nella trascendenza e nella spiritualità che aiutano a dare un significato alle sofferenze inserendole in un percorso di crescita spirituale.

disabilità e genitorialità

Possiamo affermare quindi che la capacità del genitore di far fronte ad una situazione stressante è determinata dall’interazione tra l’evento stressante e i successivi eventi sfavorevoli della vita. Entrano naturalmente in gioco anche le risorse familiari, le percezioni dei genitori e le strategie di coping utilizzate, anche nel vissuto di maternità e paternità. Il risultato di questa interazione è il livello di adattamento familiare. Qui la condivisione dei propri vissuti e il percorso terapeutico possono essere un supporto essenziale. Nessun evento in sé è critico per lo sviluppo della famiglia.

Può però diventare rilevante per come viene percepito e per il significato che gli viene attribuito. Questo è in gran parte correlato alle esperienze personali, alle credenze e ai valori sociali trasmessi di generazione in generazione nella storia di ogni famiglia. Conta la capacità di regolazione delle proprie emozioni, di affrontare i conflitti, ma anche l’autoefficacia e il locus of control. Nel mutismo selettivo, un quadro clinico connesso all’ansia sociale secondo l’ultimo DSM, non si parla di disabilità.

Disabilità e Comunicazione della Diagnosi

Oltre alla capacità di adattamento della famiglia stessa, un altro aspetto fondamentale da considerare è la modalità con cui la diagnosi viene comunicata. La chiarezza e la gradualità delle informazioni sono elementi importanti. Lo scopo non è quello di impedire la sofferenza che la diagnosi di disabilità comporta, ma accompagnare la famiglia verso un cammino fatto di speranza e favorire l’adattamento alla situazione. Il presupposto da cui partire è che la diagnosi, soprattutto se comunicata attraverso modalità scorrette, può provocare nei genitori un forte trauma. Questa reazione si lega alla discrepanza tra il bambino “ideale” che hanno costruito come oggetto d’amore durante l’attesa e il bambino “imperfetto” che la realtà presenta loro. I genitori si trovano a dover elaborare un lutto vero e proprio, ossia la perdita del bambino atteso, e ad investire le cariche affettive sul figlio reale.

Non a caso, come sottolinea una studio di Zanobini et al. (2002), ciò che i genitori spesso lamentano è di essere stati lasciati soli di fronte alla diagnosi. Denunciano soprattutto la mancanza di un adeguato sostegno affettivo ed empatia da parte degli operatori. Fornire il giusto supporto è uno strumento imprescindibile. Dallo shock e il dolore iniziali, i genitori generano spesso sensi di colpa e rabbia, fino ad arrivare a una fase di trattativa. Quest’ultima sfocia in un’accettazione del problema e nell’elaborazione di un progetto. La prima fase, per esempio, è caratterizzata da un diffuso senso di impotenza, l’immagine che si concretizza nella mente dei genitori è spesso drammatica, senza speranza e peggiore di qualsiasi realtà. Vediamo queste fasi più nello specifico.

Curiosità

Vedi anche aprassia, un disturbo neuropsicologico del movimento volontario.

disabilità e genitori

Fasi della Reazione alla Diagnosi

Nella fase di shock, la reazione di incredulità e negazione è un comprensibile tentativo di sfuggire a una realtà inaccettabile. Nei casi più gravi, durante questa fase può accadere di tutto. Dalle speranze represse e inespresse che il bambino muoia, affrettate decisioni di abbandono, tacite richieste di impedire la sopravvivenza ad un bambino “infelice”, accuse al personale sanitario di aver effettuato uno scambio di neonati. Ogni opzione va presa in considerazione. In altri casi, per sfuggire alla realtà, si concretizza la speranza di un possibile errore diagnostico (vedi anche: bias). Ciò si verifica in particolare quando il bambino non presenta evidenti segni o sintomi patologici.

Dal tentativo vano di trovare un colpevole, il percorso del sistema familiare non può essere delineato con chiarezza. I fattori che entrano in gioco a questo livello sono numerosi, dalle strategie di problem solving che la famiglia è solita utilizzare di fronte a un trauma alle caratteristiche della situazione. Per esempio, il tipo di gravità della disabilità e l’eventuale presenza di altri figli con lo stesso problema. La reazione iniziale caratterizza però la comunicazione di diverse diagnosi, relativa anche ai DSA, come dislessia, disortografia o discalculia. La paura che il bambino non possa mai raggiungere gli standard dei suoi coetanei si fa strada nei genitori. Solo lentamente si supera la prima fase di shock e incredulità, in cui le aspettative e le speranze si spostano sul figlio reale, cioè verso un figlio che, nonostante i suoi problemi, comincia ad esistere con una sua identità e individualità.

Impatto sui Fratelli 

L’interesse rivolto verso i fratelli di ragazzi e bambini con una diagnosi di disabilità è cresciuto solo in tempi recenti. Nella maggior parte dei casi, quando si pensa al sistema famiglia in situazioni di disabilità, l’attenzione ricade sulle problematiche del bambino disabile o sulla ferita genitoriale. Spesso non si presta sufficiente attenzione ad eventuali fratelli e sorelle. In modo specifico, non si considera l’impatto che una diagnosi di questo tipo può avere sui loro bisogni, sulle loro paure e sulle nuove responsabilità.

Anche in questo frangente ricade la difficoltà dei genitori, che spesso e volentieri non si sentono all’altezza di comunicare la diagnosi agli altri figli. Partiamo dal presupposto che, anche in questo caso, la comunicazione della diagnosi è un momento cruciale. Questo passaggio riguarda prima di tutto proprio i genitori, che si trovano a dover raccontare al figlio sano che qualcosa del fratello o della sorella è diverso da lui. L’impatto cambia, anche a seconda della fase dello sviluppo: un fratello più piccolo reagirà in modo diverso da un ragazzo in piena adolescenza.

Come Comportarsi?

Possiamo affermare che la scelta migliore è quella di trovare un giusto equilibrio tra il desiderio di salvaguardare e proteggere eventuali fratelli e, dall’altra parte, l’eccessiva responsabilizzazione. Come mostra uno studio di Tortorelli (2016), in età adulta i fratelli riportano spesso il rimpianto di non aver conosciuto maggiori dettagli della situazione del fratello, di non essersi sentiti pienamente parte della famiglia. Talvolta, anche di essersi sentiti esclusi da una situazione percepita come particolare ma della quale non si sapeva quasi niente.

Anche per i fratelli è necessario prendere in considerazione una forma di supporto. Il focus di questi interventi non è soltanto la disabilità. L’obiettivo è la creazione di legami in un gruppo di pari che hanno vissuto la comune esperienza della disabilità in famiglia. Tutto questo, partendo da situazioni ludiche, permette loro di iniziare a costituire una rete sociale di fondamentale importanza. Il sostegno di persone che vivono esperienze simili può essere di particolare aiuto, quando cresceranno e rischieranno di sentirsi soli nella propria esperienza di disabilità.

Supporto Familiare e Disabilità 

Nella scelta del supporto familiare più adatto è importante sottolineare l’esistenza di una relazione bidirezionale tra la famiglia e la malattia del bambino. Questo perchè è vero che la famiglia ha degli effetti sulla malattia, ma è vero anche il contrario, ossia che la malattia ha un impatto sulla famiglia. Le sfide che i caregiver si trovano a dover affrontare, in un modo o nell’altro, impattano sulla loro salute e sul loro benessere. L’effetto ricade anche sulle loro relazioni e attività familiari, sulla gestione del tempo, sulle routine quotidiane. Non solo, anche sui costi economici, sulla loro carriera e sulle attività genitoriali.

Comprendere il benessere e il livello di stress dei genitori è importante perché fornisce una visione più approfondita delle sfide quotidiane che affrontano. Tutto questo può infatti influenzare la loro salute e il loro benessere. oltre ad influire sulla qualità dell’assistenza che forniscono al figlio.

disabilità

Tipi di Supporto

L’approccio comunemente indicato come ‘Family-centered care’ (FCC) è uno dei più utilizzati. Il FCC riconosce e valorizza il ruolo centrale che le famiglie svolgono nella salute e nel benessere dei bambini. Inoltre, incoraggia la collaborazione, la condivisione delle informazioni e la compartecipazione alla presa di decisioni tra genitori e operatori sanitari, per rispondere al meglio alle esigenze di questi bambini. In generale, in queste situazioni gli interventi psicologici possono essere definiti trattamenti psicoterapici specificamente progettati per modificare la cognizione dei genitori. L’obiettivo è influenzare positivamente il loro comportamento, affinché genitori e figli raggiungano esiti più favorevoli. Migliorare questo aspetto del comportamento è tra gli obiettivi del metodo ABA, sempre più usato.

La terapia cognitivo-comportamentale (Cognitive-Behaviour Therapy, CBT), il colloquio motivazionale (Motivational Interviewing, MI), la terapia di risoluzione dei problemi (Problem-Solving Therapy, PST) e il trattamento sistemico, come la terapia familiare (Family Therapy, FT) e la terapia multi-sistemica (Multi-Systemic Therapy, MST), sono gli interventi, rivolti a genitori e famiglie di giovani con disturbi cronici, maggiormente utilizzati e diffusi. Negli ultimi anni si sta anche sperimentando l’utilizzo dell’EMDR, ossia la desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari. Questo approccio terapeutico si focalizza sul ricordo dell’esperienza traumatica e utilizza i movimenti oculari per trattare disturbi direttamente legati a esperienze traumatiche o particolarmente stressanti dal punto di vista emotivo.

Disabilità e Lockdown

In linea generale, l’epidemia da COVID-19 iniziata nel 2020 ha causato livelli più elevati di disagio psicologico nella popolazione. Questo ha provocato però un rischio più elevato nel dover affrontare problematiche nuove e differenti, soprattutto tra le persone che soffrono di una preesistente problematica di salute mentale o fisica. L’esperienza di distanziamento sociale ha stravolto il nostro modo di vivere. Questo ha provocato anche una brusca interruzione nelle terapie e degli interventi riabilitativi per ragazzi e bambini con disabilità.

genitori e disabilità

I dati più recenti a nostra disposizione provengono dalle indagini dell’IRCCS Medea dell’Associazione La Nostra Famiglia. Il centro ha avviato, agli inizi di Aprile e nel momento più critico della pandemia, l’indagine RADAR (Esperienze nell’emergenza COVID-19 nei bambini con disabilità e nei loro genitori). Riguardo lo stress percepito dai genitori, in generale si sentono più sopraffatti e sovraccaricati nel proprio ruolo genitoriale, soprattutto in caso di figli con pluridiagnosi. Inoltre, nei bambini di tutte le età con disturbi del linguaggio, dell’apprendimento, deficit motori, disturbo dello spettro autistico o disabilità intellettiva, si è rilevato un incremento significativo di alcuni “comportamenti problema”. Tra questi, la regolazione delle emozioni ma anche l’aumento di comportamenti aggressivi.

A partire da questi risultati, è possibile dedurre che i bambini con disabilità hanno bisogno di interventi terapeutici, riabilitativi ed educativi, utili ad affrontare la loro quotidianità insieme alle famiglie. A differenza dei primi mesi di pandemia, che ci hanno colto del tutto impreparati, adesso è arrivato il momento di attivare interventi utili a venire incontro ai bisogni di queste famiglie. Oltre al supporto del sistema di servizi educativi, è necessario un rafforzamento del sistema integrato dei servizi socio-educativi e socio-assistenziali a livello locale.

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