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Qui sul portale di Psicocultura stiamo portando avanti una serie di articoli che riguardano il mondo della psicologia dinamica. Tra i protagonisti indiscussi, abbiamo già incontrato Freud e Jung. Un altro posto d’onore nell’ambito psicodinamico spetta a Jacques Lacan. Lacan ha lasciato il segno soprattutto per la sua originale reinterpretazione delle teorie di Freud tramite la linguistica strutturale. Cercheremo di scoprire di più su questo studioso nel corso della lettura di questo articolo.
Biografia di Lacan
Lacan è considerato tra gli studiosi principali della corrente filosofico-antropologica strutturalista e post-strutturalista, in relazione al periodo tra la fine degli anni cinquanta e i gli anni ottanta.
Lacan ha studiato medicina, specializzandosi in psichiatria alla scuola di G. Clérambault nel 1932, con una tesi dal titolo La psicosi paranoica nei suoi rapporti con la personalità. Nel 1938, terminato un percorso di analisi con Loewenstein, entra nella Société psychanalytique de Paris per poi distaccarsene nel 1953, per via di una mozione votata contro di lui per non aver rispettato la durata standard della seduta analitica di 50 minuti a favore di una a “durata variabile” di pochi minuti fino ad alcune ore. Sempre nello stesso anno, fonda la Société française de psychanalyse insieme a F. Dolto, D. Lagache e altri colleghi e nel 1964, dopo essere stato ‘scomunicato’, crea l’École freudienne de Paris.
La sua originalità è da ricollegarsi primariamente alla reinterpretazione del pensiero freudiano attraverso la linguistica strutturale. Per Lacan, è essenziale stare attenti a “come” si dice qualcosa ancora più che a “cosa” si dice. Il suo insegnamento è stato trasmesso per lo più oralmente durante i seminari che sono stati pubblicati dopo la sua scomparsa.
Inconscio come linguaggio
La psicoanalisi rivista da Lacan viene fondata a partire dalla riconsiderazione di inconscio “strutturato come linguaggio”. La “parola” diviene l’unico strumento del processo di cura e il terapeuta deve “lasciar parlare” il paziente attraverso il suo inconscio senza imporre il proprio sapere scientifico in modo razionale. L’inconscio, quindi, funziona con una logica che, però, non è ricollegabile alla logica dell’Io cosciente.
Per Lacan è essenziale che la psicoanalisi si snodi a partire dal metodo scientifico e, di conseguenza, ritiene che il sapere debba essere matematizzato. La considerazione data al matema all’interno della sua teoria analitica è centrale ed è proprio la particolarità che ha reso originale il suo approccio.
Per Lacan è altresì essenziale leggere l’inconscio attraverso la congiunzione di saperi. Tra questi saperi considerati imprescindibili dallo studioso, troviamo la linguistica, la filosofia, l’antropologia e la topologia. Infatti, è proprio attraverso le teorie della linguistica degli studiosi Ferdinand de Saussure e Roman Jacobson che Lacan arriva a teorizzare la sua interpretazione in merito alla struttura del linguaggio delle formazioni dell’inconscio.
Trauma
Per Lacan, il trauma è da ricollegarsi al linguaggio. Il linguaggio manca di significante e tutti gli esseri umani vengono traumatizzati dall’incontro con il linguaggio – anche coloro che non necessariamente parlano. L’inconscio risulta essere un linguaggio senza codice e questo rappresenta, pertanto, un trauma.
Lo stadio dello specchio
Tra i primi sei e i diciotto mesi d’età, il bambino in braccio alla madre, si ritrova davanti allo specchio e reagisce all’immagine come se appartenesse a un altro reale. Ma, nel momento in cui vede lo sguardo della madre sullo stesso specchio, l’immagine allora gli si mostra come sua. È proprio grazie a questo sguardo esterno (della madre) che il bambino riesce a considerare quell’immagine non come un oggetto esterno ma come un’immagine che gli appartiene. L’investimento del bambino avviene innanzitutto sull’immagine completa vista allo specchio prima ancora che sul proprio corpo, inizialmente percepito come frammentato.
Questa è per Lacan da considerarsi come la prima identificazione, immaginaria, ed è doppiamente alienante perché dipende dallo sguardo della madre. Senza lo sguardo della madre riflesso sullo specchio, lui non si riconoscerebbe. L’immagine del corpo, in questa prospettiva, finisce per sostituire la realtà del corpo. Quello che viene investito è l’altro nello specchio e contemporaneamente il desiderio dell’altro, attraverso lo sguardo della mamma. Identificandosi con la madre, il bambino assume il desiderio della madre come proprio.
Dallo stadio dello specchio, Lacan inizia già a mostrare una posizione diversa rispetto a quella di Loewenstein, Kris, Hartmann e in generale rispetto agli psicoanalisti dell’Io. Mentre questi ultimi andavano a considerare l’Io come istanza centrale e sintesi della personalità, per Lacan invece l’Io è da considerarsi alienato in modo primordiale. Inoltre, partendo dalla dialettica hegeliana della lotta a morte, Lacan sviluppa la considerazione secondo cui l’Io è da intendersi minacciato da quello stesso altro senza il quale non esisterebbe; si conclude che il nucleo più in profondità dell’Io è da intendersi come paranoico.
Se per la psicoanalisi dell’Io e per le teorie cognitivo-comportamentali, l’Io viene visto come quell’elemento centrale della cura, in alleanza con il terapeuta che si impegna a rinforzarlo fino a che la cura termina con un Io completo e identificato con quello dell’analista, in Lacan la prospettiva cambia del tutto. Infatti, secondo Lacan, l’Io risulta decentrato e la cura finisce per diventare una “paranoia controllata”.
Reale, simbolico, immaginario
Dopo aver introdotto il tema dello stadio nello specchio, Lacan teorizza un’ulteriore categoria distinta dall’immaginario: il simbolico. Da qui, lo psichico viene concettualizzato attraverso la tripartizione dei registri che sono il reale, il simbolico e l’immaginario.
Lacan concepisce il simbolico in modo diverso rispetto al solito (per esempio, rispetto a Jung). Il simbolico è qui in relazione diretta con il significante e non riguarda l’Io (moi) ma il soggetto (je). La realtà umana è articolata intorno al linguaggio e soltanto il significante può renderne conto. Significante e significato, a detta di Lacan, non coincidono e il significante ha una posizione di dominio sul significato. In aggiunta, un significante può essere definito da un altro significante che lo determina a posteriori. Per Lacan questa è da considerarsi la legge della catena significante.
Il bambino accede al simbolico tramite il legame con la mamma, in relazione all’intermittenza della sua presenza. Lacan designa il simbolico con il termine di Altro, tesoro dei significanti, la quale relazione con il soggetto viene distinta dalla relazione immaginaria che si ha dell’Io con l’altro (a-a’).
L’Altro è inoltre luogo del codice, ovvero quello spazio dove agisce l’inconscio. L’inconscio non resiste, ma tende a ripetere. Le resistenze invece vanno ricollegate al livello immaginario, nella relazione tra io (moi) e altro, relazione che, con la sua inerzia, perturba la relazione simbolica con l’Altro (S-A). È qui che capiamo come avviene l’operazione analitica, che si vede operare a livello dell’asse simbolico; lo psicoanalista non può che annullarsi come io (moi) per poter agire poi a partire dal luogo dell’Altro.
Il terzo registro riguarda il labile confine tra immaginario e simbolico ed è il reale. Il reale sta al di fuori rispetto alla diretta azione del significante e dell’altalena immaginaria dove il soggetto (moi) è bloccato tra la fascinazione che si presenta irresistibile nei confronti della propria immagine (narcisismo) e la pulsione aggressiva riferita all’altro, al simile (desiderio invidioso).
Il fantasma per Lacan
Il soggetto dell’inconscio ritrova non nel significante ma nell’oggetto del fantasma quella che Lacan definisce essere una certezza soggettiva.
La scelta si articola nel rapporto con la madre o in quella figura che si occupa primariamente delle cure. Lacan divide tre dimensioni della madre. La madre immaginaria può assecondare o non assecondare il bimbo. È il modello dal quale arriva la costruzione degli oggetti immaginari. La madre simbolica risulta mancante, si assenta dal bambino. La madre ha inoltre una terza dimensione, reale, nel senso che può venire al posto del godimento primordiale.
Lacan, servendosi della scrittura di linguaggio, descrive il padre e la madre come due significanti e indica due funzioni. La funzione del padre è da ricollegarsi al nome e la funzione della madre è invece insita nel desiderio. Quello che maggiormente si pone all’attenzione del bambino è l’alternanza della presenza-assenza della madre. Nella sua assenza, la madre diviene enigmatica per il bambino. Il padre disvela ciò che fa assentare la madre, ciò che la fa desiderare, cioè il fallo (che ha tutta un’interpretazione particolare per Lacan e che vi invitiamo, eventualmente, ad approfondire nella sua particolare accezione).
La metafora paterna allontana il bambino dalla madre e lo sposta da una posizione di oggetto a quella di soggetto. Qui avviene un’ulteriore separazione rispetto al godimento. Nella psicosi, ciò che avviene è che la funzione del padre non ha opportunamente diviso il bambino dalla madre, che è completata invece dal bambino e ritrova nel bambino l’oggetto del suo fantasma. Il fantasma è da considerarsi come quella ‘storiella’ che ognuno finisce per raccontarsi nell’illusione di ritrovare la parte perduta di godimento, cioè la libido primordiale. È una storiella che ha come chiave centrale un oggetto: anale e orale, sguardo e voce.
Nella psicosi non avviene la separazione, il bambino resta quindi oggetto del godimento dell’Altro, è contenuto nel fantasma materno, il cui uso che ne fa la madre, non è ricollegabile alla funzione del padre. Il soggetto psicotico, dunque, se non ha stabilito una metafora in alternativa a quella paterna, finisce per essere ostaggio del godimento, che coincide col linguaggio.
Bibliografia
Se queste teorie vi sembrano ostiche e complicate, non disperate! Lacan è considerato essere tra gli autori più complessi del mondo psicologico. La sua complessità, però, deriva primariamente da teorizzazioni originali che, appunto, si distanziano e si distinguono dalle più ovvie e diffuse considerazioni di natura più immediatamente comprensibile e, proprio per questo, si rendono teorie degne di nota.
Nonostante sia stato ‘scomunicato’ da molti degli studiosi a lui contemporanei, gode di altissima stima da parte del mondo psicologico e tutt’oggi è tra i più conosciuti e considerati teorici del mondo psicologico (e non solo). Diverse sono le scuole di specializzazione che si basano sul suo paradigma teorico e, quindi, molteplici i professionisti che improntano le loro pratiche cliniche partendo dal modello lacaniano.
Il modo migliore per comprendere il suo contributo scientifico nel repertorio psicologico (e rispetto alle altre discipline sopracitate), oltre a confrontarsi e chiedere delucidazioni agli esperti, resta quello di leggere direttamente le sue opere. Un’ampia sintesi dell’operato teorico lacaniano è rappresentata dagli Scritti suddivisi in due volumi e pubblicati, tra gli altri, da Fabbri Editore.