Jung e la Psicologia Analitica

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In uno dei precedenti articoli pubblicati qui, sul portale di Psicocultura, abbiamo parlato di Freud e della psicoanalisi sottolineando le differenze tra psicologia in genere e psicoanalisi nello specifico. Molti, infatti, tendono a confondere la psicoanalisi con la psicologia e a definire, erroneamente, Freud come padre della psicologia mentre, invece, lui ha fondato la psicoanalisi. Oltre a fare queste confusioni rispetto a Freud, spesso ci si confonde anche rispetto all’approccio junghiano.

Adesso ci occuperemo, quindi, di fare chiarezza proprio su Jung e in merito al metodo da lui fondato e sviluppato che prende il nome di psicologia analitica. Vedremo quale posizione ha assunto Jung tra i vari studiosi nel campo della salute mentale, con quali altri colleghi ha instaurato significativi rapporti e confronti e quali teorie innovative ha ‘scovato’ e diffuso fornendo un inestimabile contributo nel campo riguardante la mente umana.

C’era una volta Jung…

Tra gli autori più nominati nella cultura di massa e ricollegabili al settore psicologico troviamo Carl Gustav Jung. Jung nasce nel 1875 a Kesswil, in Svizzera. È stato uno psichiatra, psicoanalista, antropologo e filosofo. La tecnica da lui messa a punto è denominata “psicologia analitica”.

Nel 1895 si iscrisse alla facoltà di Basilea e si laureò in Medicina e Chirurgia con una tesi dal titolo Psicologia e patologia dei cosiddetti fenomeni occulti (cfr. https://it.wikipedia.org/wiki/Carl_Gustav_Jung#Biografia).

Nel 1900 iniziò a lavorare presso l’istituto psichiatrico di Zurigo, il Burghölzli, sotto la direzione dello psichiatra svizzero Eugen Bleuler e negli anni successivi si approcciò agli insegnamenti del neurologo, psicologo, filosofo e psichiatra francese Pierre Janet, a Parigi.

Nel 1903 sposò Emma Rauschenbach con la quale ebbe cinque figli e con cui restò sposato fino alla morte. Due incontri per lui sicuramente decisivi, sia da un punto di vista personale che lavorativo, furono quelli con Freud e Sabina Spielrein. Scopriamo qualche dettaglio in più sui loro rapporti nei prossimi paragrafi.

Jung e Freud

Anche se molti danno per scontato che Jung sia stato uno ‘studente’ di Freud e che poi si sia distaccato dal suo ‘maestro’ dopo un disguido, in realtà la sua carriera professionale si era andata sviluppando e affermando ancora prima di conoscerlo. Addirittura, si potrebbe forse dire che è vero il contrario, nel senso che Jung era già ben inserito e rispettato all’interno della comunità scientifica prima ancora che Freud ricevesse consenso sulle sue teorie e fu proprio Jung a “sostenerlo” cercando di “condividere” la sua stessa credibilità nel settore con Sigmund.

Vero è però che Jung si sia per un certo periodo avvicinato alla comunità psicoanalitica. Infatti, essendo Jung interessato ai fenomeni psichici, si ritrovò a interfacciarsi con le interpretazioni di Freud e concordarne con lui, iniziando un fitto scambio di lettere che portò a un primo incontro tra Jung e Freud nel 1907, a Vienna. Poco dopo, scrissero anche un libro insieme consolidando il loro accordo sulle teorie. E, allora, com’è accaduto che due colleghi e amici così affiatati possano poi aver interrotto così drasticamente il loro sodalizio? Vediamolo insieme…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La separazione da Freud

Nel 1909, Jung  andò in viaggio con Freud e Sándor Ferenczi (Miskolc, 7 luglio 1873 – Budapest, 22 maggio 1933, è stato uno psicoanalista e psichiatra ungherese), con l’obiettivo di assistere a un ciclo di conferenze alla Clark University di Worcester (Massachusetts), negli Stati Uniti. Proprio qui iniziarono le prime avvisaglie che poi portarono alla conclusiva rottura ormai ben nota a tutti.

Recuperando le testimonianze su questo periodo, pare che Jung fosse rimasto offeso dalla voglia di Freud di mantenere intaccata la propria autorità eludendo alcuni dettagli personali dal racconto di un sogno. Essendo che i due stavano raccontandosi a vicenda i rispettivi sogni e che lo scopo era proprio quello di interpretarsi a vicenda, Carl si offese per la mancata confidenza da parte di Sigmund, iniziando a mettere in discussione la stima che fino a quel momento aveva avuto per l’amico.

Nel 1910, Jung venne poi nominato presidente dell’Associazione psicoanalitica internazionale e direttore dello “Jahrbuch”, rivista ufficiale della medesima società. La comunità scientifica dava per scontato che sarebbe stato l’‘erede’ di Freud alla guida della società psicoanalitica ma, invece, Jung finì per prendere tutt’altra posizione.

Infatti, a partire dal 1912, con la pubblicazione di uno dei suoi testi ancora oggi considerati come fondamentali, cioè La libido: simboli e trasformazioni (o Simboli della trasformazione), Jung iniziò a mettere per iscritto le sue divergenze teoriche con il pensiero freudiano. Poi le sviluppò ulteriormente continuando a portarle avanti nel corso di conferenze e molteplici altre occasioni.

L’aspetto che più spinse Jung a differenziare il proprio approccio teorico da quello della psicoanalisi freudiana riguardava in primis le differenti concezioni di “libido”. Freud dava un’importanza centrale alla pulsionalità sessuale mentre Jung proponeva di estendere le teorie riguardanti la libido aggiungendone ulteriori aspetti costitutivi oltre, appunto, l’aspetto relativo alla sessualità. Per Jung, la sessualità è parte importante e integrante della vita umana ma non l’unica parte esclusiva.

Furono molti altri gli aspetti teorici da cui Jung si distaccò nel corso degli anni successivi, portandolo anche a sviluppare interessanti definizioni e teorie riguardanti termini come “simbolo”, “trasformazioni”, “individuazione” e molto altro.

Le tensioni e le divergenze continuarono a crescere fino alla rottura definitiva e ufficiale nel 1913, quando Jung si dimise dalla carica di direttore dello “Jahrbuch”. Ad aprile 1914, lasciò anche il ruolo di presidente dell’Associazione, decretando definitivamente il suo allontanamento dal movimento psicoanalitico.

Jung e Sabina (e Freud)

 

 

 

 

 

 

 

Altra parentesi interessante che segnò gli incontri di Jung fu quella con Sabina, inizialmente sua paziente e poi divenuta collega stimata. I due sembrarono instaurare un peculiare rapporto che spinge, oggi, diversi autori a supporre che ci fosse una relazione romantica tra i due.

Questo legame ha fornito agli studiosi una incredibile mole di materiale su cui studiare e riflettere, sia perché Sabina è stata una collega brillante e stimolante dalla quale Jung ha potuto trarre ispirazione e aiuto concreto, sia perché la loro storia in quanto paziente/terapeuta che poi si è trasformata in collega/collega e forse anche in amante/amante, è finita tra i casi storici studiati dagli addetti ai lavori.

Questo caso storico è stato utile per capire quanto pericolosi possano essere gli invischiamenti professionali tra paziente e professionista, andando a creare delle dinamiche complesse e spesso incontrollabili che finiscono per danneggiare l’equilibrio del rapporto ma anche l’equilibrio personale di entrambe le parti coinvolte.

Infatti, nel testo Violazioni del setting scritto da Glen O. Gabbard, troviamo un paragrafo dedicato proprio al trio Freud, Jung e Sabina. Le evoluzioni del rapporto tra Jung e Sabina, con finale rottura tempestosa e sui generis, visti tutti gli invischiamenti terapeutici e sentimentali, delle quali Freud veniva informato da entrambi, spinsero Sigmund per primo a individuare e sviluppare interessanti riflessioni sul transfert (abbiamo approfondito il concetto di trasnfert in questo articolo).

Inoltre, quando Jung aveva tentato di chiudere la relazione con Sabina, lei reagì con aggressività permettendo poi di descrivere, nella sua reazione, quello che viene definito “trauma da cessazione”. Si tratta di un trauma che si sviluppa “normalmente” di fronte a una simile violazione dei confini tra paziente e analista.

Usando le parole di Gabbard, ricordiamo come sia essenziale tenere a mente che, «sebbene il trattamento si fosse ufficialmente concluso, le dimensioni del transfert e del controtransfert continuarono una vita propria anche al di fuori dei confini formali del trattamento».

Dalla documentazione a noi pervenuta non possiamo dimostrare con certezza che ci fu una vera e propria relazione sessuale tra Carl e Sabina, ma ciò non toglie che la loro relazione successiva agli anni dell’analisi era ampiamente priva dei confini tipici del rapporto analitico stesso.

Così Gabbard descrive la relazione tra i due importanti personaggi del campo psicodinamico:

«In quanto prima paziente di Jung, Spielrein era estremamente speciale. Infatuata di Jung, proseguì frequentando la facoltà di medicina e passò al ruolo di studentessa e amica. I due cominciarono a considerarsi anime gemelle, legate da vincoli mistici e telepatici.

Jung, che era soggetto all’interesse per l’occulto e la parapsicologia, cominciò a convincersi che lui e Spielrein potevano sapere cosa pensava l’altro senza verbalizzare i propri pensieri» (Glen O. Gabbard, Violazioni del setting, Seconda edizione, Raffaello Cortina Editore, Milano 2017).

Questa relazione fu molto “pericolosa”, quasi distrusse la carriera di Jung e spinse Spielrein verso la disperazione. Jung, alla fine, richiese l’aiuto di Freud per riuscire a districarsi da tutte queste complicazioni. Tutt’oggi casi come quelli che hanno coinvolto il triangolo tra Freud, Jung e Sabina vengono studiati col fine di sottolineare le terribili complicazioni a cui potrebbero portare la trasgressione di confini sessuali e non all’interno della relazione terapeutica.

Questi e tanti altri possibili scenari complicatissimi rappresentano il motivo per cui persone del settore con cui intrattenete delle relazioni personali si rifiutano di farvi da psicologi/analisti/ecc. Ci sono dei dettagli e delle dinamiche che, forse, sono difficili da individuare e percepire da chi non è addetto ai lavori.

Fidatevi, però, di tutti gli studiosi – come, per esempio, Gabbard che abbiamo citato poco più su – che hanno attenzionato le relazioni invischiate e hanno caldamente sottolineato quanto sia importante non mischiare l’aspetto personale con quello professionale nel caso in cui si svolgano professioni di questo tipo. I limiti sono importanti e, forse, rappresentano la parte essenziale per la creazione di un buon rapporto terapeutico che metta al centro di tutto la salute e gli interessi del paziente.

Film su Jung, Sabina e Freud

Viste le incredibili e travagliate vicende – sia professionali che personali – che hanno coinvolto i personaggi storici di Jung, Sabina e Freud, sembra doveroso citare al lettore alcuni titoli cinematografici che potrebbero saziare la curiosità che, si immagina, sarà stata stimolata dalla lettura di questo articolo e dalla veloce rassegna delle peculiari vicende fin qui esposte.

Nel repertorio cinematografico, troviamo film come “Prendimi l’anima”, regia di Roberto Faenza (2002),  e “A Dangerous Method”, regia di David Cronenberg (2011). “Prendimi l’anima” è un film biografico ispirato nello specifico alla figura della psicoanalista russa Sabina Spielrein e al suo rapporto sia professionale che personale con Jung.  “A Dangerous Method”, invece, mette più in generale in scena i rapporti turbolenti tra Jung, Freud, Sabina Spielrein e il loro collega Otto Gross.

Consigli di lettura

Come abbiamo appena visto, le vicende che hanno reso unica e piena la vita di Jung sono state tantissime sia dal punto di vista personale che professionale. Inevitabilmente, per una mente brillante quale è stata quella del nostro protagonista di oggi, le teorie, le considerazioni e le conclusioni riguardanti il campo della mente umana sono state tantissime e lungimiranti. Tra i concetti più interessanti citiamo quelli di inconscio collettivo, complesso, archetipi, complesso di Elettra, tipi psicologici e sincronicità.

Come per ogni studioso che ha lasciato una traccia indelebile nel nostro repertorio scientifico. Infatti, è impossibile riuscire a mostrare la bellezza e la profondità del pensiero junghiano se non accedendovi direttamente, attraverso le sue stesse opere.

Per approfondire il pensiero di Jung vi consigliamo quindi testi come L’Io e l’inconscio, in OC 7, Bollati Boringhieri, Torino 1980; Gli archetipi e l’inconscio collettivo, in OC 91, Boringhieri, Torino 1980; Realtà dell’anima, Boringhieri, Torino 1970; L’uomo e i suoi simboli, Longanesi, Milano 1991; Mysterium Coniunctionis, Bollati Boringhieri, Torino 1989; Simboli della trasformazione, Bollati Boringhieri, Torino 2012; Ricordi, sogni, riflessioni, Fabbri editore, Milano 2007; Sincronicità come principio di connessioni acausali, a cura di L. Guerrisi, tr.it. di V. Cicero, ELS La Scuola, Brescia 2018.

Un’opera complicata ma altrettanto affascinante è Il Libro Rosso che un vero curioso del pensiero junghiano non si lascerà scappare. Si tratta di un libro unico nel suo genere sia per i contenuti che per i dettagli grafici disegnati a mano dallo stesso Jung. Per provare ad alleggerirne la lettura, corposa e complessa e non del tutto immediata per un non esperto, è disponibile il lavoro di Vincenzo Cicero, Leggere il Libro rosso di Jung.

Edito da Editrice Morcelliana nel 2017, si presta come un aiuto valoroso ai fini della comprensione del viaggio di Jung «all’altro polo di Dio» narrato, appunto, tra le pagine del Libro rosso.

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