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Autoefficacia o autostima? Si può alle volte non notare la differenza tra questi due aspetti che si riferiscono entrambi a percezioni riguardanti la propria persona. In effetti, nella maggior parte dei casi vanno di pari passo: questi due concetti sono fortemente connessi e si influenzano a vicenda, ma non sono esattamente la stessa cosa.
All’autostima è già stato dedicato un articolo, che vi invitiamo a consultare qualora voleste approfondire l’argomento. Pertanto, di seguito, verrà data particolare attenzione al costrutto di autoefficacia, così come lo definì per primo Albert Bandura nel 1986. Siete un po’ curiosi?
Autoefficacia, Significato
Autoefficacia è un termine che si riferisce alla convinzione di essere capaci di organizzare e realizzare azioni per affrontare in modo efficace le situazioni della vita e raggiungere risultati sperati (vedi anche: empowerment). In altre parole, riguarda la percezione di avere delle capacità personali finalizzate al raggiungimento dei propri obiettivi. La scelta di partecipare ad una determinata competizione, di affrontare un discorso in pubblico o di sottoporsi ad una qualsiasi prova dipende in larga parte dalla fiducia che riponiamo nelle nostre capacità. Difficilmente ci prefiggeremo obiettivi che consideriamo al di fuori della nostra portata.
Per riuscire a cogliere realmente qual è il nostro livello di competenza in un determinato ambito, occorre un certo grado di consapevolezza di sé e delle proprie abilità. L’autoefficacia si basa su un insieme di convinzioni e credenze su sé stessi che si sviluppano nel corso del tempo. Eventi e circostanze di vita ci restituiscono continuamente un feedback su come abbiamo “funzionato” in quel determinato contesto. C’è sempre un riscontro che ci indica se siamo andati bene o male, se abbiamo utilizzato al meglio le nostre capacità o meno oppure se quelle abilità sono carenti o totalmente assenti.
Ti interessa approfondire il discorso sul feedback e sulla comunicazione? Ecco gli articoli correlati:
L’autoefficacia è dunque il frutto di processa di ragionamento riflessivo e di metacognizione: si forma attraverso l’elaborazione cognitiva delle informazioni che ci riguardano. Vedi anche: Dominio cognitivo.
Teoria di Bandura
Il primo a parlare di autoefficacia è stato Bandura negli anni ’80. Quest’autore è infatti estremamente famoso nel panorama psicologico per gli importanti contributi apportati alla comunità scientifica. Tra questi, viene in particolare ricordato per la sua teoria sull’apprendimento sociale, o del modellamento, e per il concetto di autoefficacia (self-efficacy). Con lo stesso obiettivo, nascono anche i programmi di parent training rivolti ai genitori.
Secondo Bandura, il senso di autoefficacia si costruisce in particolare su quattro fonti attraverso cui ricaviamo i feedback (di cui abbiamo già parlato) sulle proprie capacità. Tali informazioni, vengono in seguito elaborate cognitivamente.
Genesi dell’Aspettativa di Autoefficacia
Le quattro fonti su cui si struttura la percezione di essere più o meno capaci sono: l’esperienza personale e vicaria, la persuasione (verbale e sociale) e la presenza di stati emotivi fisiologici. Vediamoli insieme brevemente.
Esperienze Personali
Ci percepiamo in grado di gestire una determinata situazione quando la affrontiamo e ne usciamo vincitori. Sono le esperienze dirette di gestione efficace (“mastery”) le principali responsabili della costruzione del senso di autoefficacia. Perseverare e riuscire in una certa azione è estremamente gratificante, non trovate? In particolare, è la percezione della propria prestazione ad influire in tal senso, più che la strategia adottata per fronteggiare quella circostanza. Partecipano all’idea che abbiamo delle nostre capacità fattori quali:
- Convinzioni di base sulle proprie capacità: tutti noi, prima di affrontare una prova, abbiamo delle credenze circa le nostre risorse. Il bagaglio di conoscenze, competenze e abilità che abbiamo costruito fino a quel momento è la base da cui valutiamo se siamo in grado o meno di superare un determinato ostacolo (vedi anche: soft skills).
- Difficoltà del compito: se si tratta di una prova troppo semplice, non percepiremo noi stessi in quando capaci, ma la prova come eccessivamente banale. Il mutismo selettivo è un quadro clinico connesso all’ansia sociale secondo l’ultimo DSM, che influenza negativamente l’autoefficacia.
- Quantità di impegno posto nel risolvere la situazione e di aiuto ricevuto: non ci restiamo troppo male quando falliamo nel fronteggiare una situazione se non ci siamo impegnati molto nel farlo. Ben diverso è, invece, quando i nostri sforzi risultano essere infruttuosi. Inoltre, essere sostenuti da altri tende a farci percepire meno competenti e quindi più dipendenti dall’aiuto esterno.
- Linea temporale di successi e fallimenti: il numero di volte in cui abbiamo dimostrato a noi stessi di essere “capaci” e il numero di insuccessi è fondamentale nella costruzione del senso di autoefficacia. Anche l’ordine in cui tali avvenimenti si sono verificati è determinate in questo senso. Questi principi del comportamento sono alla base del metodo ABA.
Esperienza Vicaria
L’esperienza vicaria consiste, in sostanza, nel vedere quali risultati ottengono gli altri quando mettono in atto certe azioni. Se il loro comportamento conduce ad esito positivo, allora tenderemo a proporlo anche noi: Bandura ne parla in termini di “rinforzo vicario“. Il passaggio successivo è quello del confronto tra gli obiettivi raggiunti da noi e dagli altri, nonché delle differenze tra le azioni effettuate. Questa forma di apprendimento prende il nome di modeling.
Per una sua applicazione, vedi anche: mentoring.
Persuasione
La persuasione è uno strumento che consolida a livello cognitivo la convinzione di possedere ciò che serve per raggiungere i propri obiettivi. Se ci percepiamo abili a sufficienza per affrontare una certa situazione e uscirne vincitori, allora lo faremo. Viceversa, desisteremo dall’intraprendere un’azione che si prevede infruttuosa. La persuasione, come sanno bene i leader, si basa su rinforzi positivi di tipo verbale e non verbale che arricchiscono la persona di informazioni positive e realistiche circa le sue capacità.
Stati Emotivi Fisiologici
Quando ci troviamo in situazioni che ci mettono alla prova, tendiamo a sperimentare uno stato di attivazione fisiologica. Ciò è normale in quanto il corpo si prepara all’azione: l’attenzione diventa selettiva, ovvero si fissa sul compito, e si verificano cambiamenti fisici e psicologici correlati all’ansia (come tachicardia, sudorazione, difficoltà di concentrazione e così via). Tutto ciò, però, viene interpretato come segno di vulnerabilità dalla persona che in quel momento sta svolgendo la performance: il sentirsi tesi tende ad influire negativamente sul senso di autoefficacia.
Processi Attivati dal Senso di Autoefficacia
Una volta apprese le informazioni circa le nostre performance, queste vengono elaborate cognitivamente, andando a consolidare o smentire il nostro senso di autoefficacia. Tale dinamica è regolata da quattro principali processi:
- Aspetti cognitivi: il senso di autoefficacia è mediato dall‘immagine che si ha di sé, in quanto perdente o vincente, e dalle capacità di problem solving che si sono acquisite nel corso del tempo.
- Processi motivazionali: la motivazione è inevitabilmente collegata alla percezione di autoefficacia. Sulla base dei risultati che ci aspettiamo di ottenere, scegliamo i nostri obiettivi e ci impregniamo per raggiungerli. Inoltre, una forte autoefficacia porta ad attribuire i successi alle proprie capacità e i fallimenti alle circostanze esterne sfavorevoli. Al contrario, ad un basso senso di autoefficacia corrisponde la tendenza ad assegnare gli insuccessi a scarse capacità personali (vedi anche: procrastinazione).
- Processi affettivi: sempre in relazione al concetto di attivazione fisiologica di cui parlavamo prima, la percezione di poter controllare in qualche modo i fattori esterni che ci preoccupano è fondamentale per contenere l’ansia. Se gli eventi sono fuori dal nostro controllo, vengono percepiti come pericolosi e ciò genera pensieri catastrofizzanti.
- Scelte: a monte di qualsiasi prova da affrontare, vi è la scelta dell’ambito in cui cimentarsi. Una persona può scegliere un contesto piuttosto che un altro sulla base delle possibilità ambientali piuttosto che del suo livello di interesse.
Se vi interessa approfondire il costrutto di autoefficacia, ecco il libro che fa al caso vostro: Autoefficacia: Teoria e Applicazioni. Ovviamente di Bandura (2000), pubblicazione Erikson.
Autoefficacia, Test
Esiste un test psicologico per misurare l’autoefficacia? Ebbene, si. Ci sono alcuni strumenti validati che permettono di calcolare il livello di efficacia percepita, tuttavia bisogna dire che individuare con esattezza il grado di autoefficacia è molto difficile, soprattutto perché stiamo parlando di una variabile estremamente soggettiva. Inoltre, ogni strumento prende in esame un dominio specifico di funzionamento, poiché una persona può sentirsi capace in certi ambiti, ma non in altri: le nostre competenze sono settoriali!
Eccone alcune:
- La Scala dell’Autoefficacia Fisica (SAF) valuta la fiducia in sé stessi in relazione a determinate peculiarità fisiche, come il tono muscolare o capacità atletiche.
- La Scala di Autoefficacia Percepita nella Gestione dei Problemi Complessi rileva la percezione di essere capaci nel fronteggiare situazioni di vita problematiche. Tra i vari aspetti, valuta la capacità di adattamento al contesto, di porsi obiettivi raggiungibili e le reazioni in momenti di stress. Vedi anche: Stress Genitoriale e Disabilità
- Infine, la Scala di Autoefficacia Scolastica Percepita è utilizzata per valutare le convinzioni dei ragazzi circa le proprie capacità nelle materie di studio e nell’autoregolazione dell’apprendimento. Si tratta di un test utile in ambito accademico per indagare la percezione di essere “studenti efficaci” e il loro metodo di studio.
“Credere in noi stessi non ci assicura il successo, ma non credere ci assicura il fallimento”
Albert Bandura
Autoefficacia a Scuola
Un ambito in cui il senso di autoefficacia riveste un ruolo fondamentale è di sicuro quello scolastico. Nela fase evolutiva la scuola è il principale luogo in cui i ragazzi sviluppano la propria personalità e si preparano per il loro futuro. Senza un adeguato modello di apprendimento, si rischia di affossarne il senso di autoefficacia, limitando la riuscita scolastica e, quindi, influendo negativamente sia sull’autostima che sui progetti di carriera. Per questo motivo Bandura si è occupato anche di fornire alcune indicazioni utili affinché i percorsi educativi e formativi siano funzionali per la costruzione di un alto senso di autoefficacia. Vediamo insieme i principali.
Percorsi Individualizzati e Feedback Positivi
- Insegnamento individualizzato, in modo che ogni studente abbia i propri standard di riferimento e possa essere valutato in base ai successi ottenuti rispetto ad esso.
- Favorire la cooperazione riducendo al contempo la competizione. Nel primo caso, infatti, l’apprendimento è più efficace, soprattutto se il gruppo è eterogeneo. L’atteggiamento competitivo, invece, porta i ragazzi a confrontare i propri risultati personali con standard diversi dai propri: ciò risulta essere fortemente disfunzionale in termini di autoefficacia.
- Tutoring, ovvero attività di tutoraggio in cui gli studenti più grandi o più competenti in quella determinata materia rivestono il ruolo di insegnante. Ciò è particolarmente utile per due aspetti: i tutor si pongono come modelli di comportamento da imitare, rafforzando i rapporti sociali tra ragazzi, ed essi stessi migliorano le proprie conoscenze attraverso lo svolgimento dell’attività. Inoltre, il tutoring favorisce l’acquisizione di metodi di studio differenti. Vedi anche: Metodo OCME.
- Suddividere l’attività in sotto-obiettivi. Quando l’obiettivo finale è lontano nel tempo e decisamente troppo impegnativo, è opportuno individuare degli obiettivi intermedi che, per essere raggiunti, richiedono capacità leggermente al di sopra di quelle possedute dal ragazzo. In questo modo si stimola il potenziamento di quella specifica competenza e si evitano possibili fallimenti (che inficiano sul senso di autoefficacia).
- Insegnare ai ragazzi a darsi autoistruzioni verbali durante lo svolgimento delle verifiche in modo da trovare da soli la soluzione al compito.
- Fornire feedback positivi nel momento in cui lo studente ha eseguito bene un compito, dimostrando di aver incrementato le proprie competenze rispetto allo standard personale.
Tutti questi consigli possono essere proposti anche per il sostegno allo studio per i DSA, i bambini con Disturbi Specifici dell’Apprendimento. Per saperne di più ecco gli articoli dedicati:
Autostima e Autoefficacia
L’autoefficacia è dunque un costrutto che riguarda la percezione delle proprie capacità in uno specifico ambito. Può essere basso o alto e ciò influenza gli obiettivi che ci prefiggiamo e l’impegno con cui li portiamo a termine. E l’autostima?
L’autostima è un concetto ben più ampio che si collega alla nostra identità in senso più globale. In altre parole, riguarda il nostro valore in quanto persona. Non è settoriale: è una sintesi di tutto ciò che siamo e che percepiamo di essere. Si esprime lungo un continuum da basso ad alto, spostandosi anche repentinamente da un estremo all’altro sulla base delle singole circostanze che ci troviamo a fronteggiare.
Inevitabilmente i successi e i fallimenti che viviamo influenzano il nostro percepirci “abili” e possono mettere in discussione o confermare l’immagine che abbiamo di noi. In conclusione, autoefficacia e autostima, per quanto differenti se considerate a livello concettuale, sono due facce della stessa medaglia.