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Ipersessualità o dipendenza sessuale? Il dibattito è ancora aperto, ma per poco (pare). Per molto tempo, la ricerca compulsiva della sessualità è sembrata rientrare nella categoria delle dipendenze, al pari di sostanze, farmaci o comportamenti patologici da addiction. Ad oggi è maggiormente condivisa l’idea che le caratteristiche dell’ipersessualità la rendano più simile ad una difficoltà nel controllo degli impulsi. Vale a dire che si manifesterebbe, con più probabilità, come una mancata regolazione di emozioni e comportamenti legati al sesso. Sarà vero? Bando agli indugi, esploriamo l’argomento!
Rocco Siffredi, famosissimo attore di pellicole per adulti, si è dichiarato qualche tempo fa “sesso-dipendente”. Ha raccontato la sua storia in un documentario diretto da Thierry Demaizière e Alban Teurlai nel 2016: “Rocco”. Nulla di pornografico, si limita all’intreccio tra la sua vita privata e quella lavorativa.
Ipersessualità, Criteri Diagnostici
L’ipersessualità è proposta in modo diverso nei due principali manuali diagnostici delle problematiche psicologiche: l’ICD e il DSM.
L’ICD (International Classification of Diseases) è la classificazione internazionale proposta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Non è specifica per i disturbi mentali, a cui è dedicata solo una sezione: racchiude i criteri diagnostici per tutte le possibili patologie organiche.
Il DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) è la proposta dal gruppo dell’American Psychiatric Association ed, attualmente, la classificazione più utilizzata nel nostro Paese. È dedicata interamente alle psicopatologie.
Solitamente i due sistemi di classificazione si equivalgono: la diagnosi di un disturbo psicologico può essere formulata, infatti, sulla base dei criteri proposti sia dall’uno che dall’altro manuale. Non è il caso, tuttavia, dell’ipersessualità. Ciò riflette la difficoltà che gli esperti hanno avuto nel comprendere e catalogare questa problematica.
L’ipersessualità, in realtà, non è ancora ufficialmente presente in nessuno dei due manuali. È in programma la sua comparsa nella prossima versione dell’ICD, l’11esima, che entrerà in vigore nel 2022, come il nome di “Disturbo da Comportamento Sessuale Compulsivo”. Dal DSM 5 (2013), la versione attualmente in uso, si è cominciato a parlare di ipersessualità, senza tuttavia includerla all’interno di nessuna categoria diagnostica (è presente unicamente come approfondimento).
Non vi sono attualmente dati certi sul livello di diffusione dell’ipersessualità. Non essendo attualmente diagnosticabile, infatti, non sono stati svolti abbastanza studi sul fenomeno. Sembra, tuttavia, che la diffusione sia prevalente nel genere maschile rispetto al femminile, probabilmente a causa di fattori ormonali legati alla sessualità.
Disturbo di Ipersessualità
Ecco, dunque, quali sono i criteri diagnostici avanzati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità in tema di ipersessualità.
A. Per un periodo di almeno sei mesi, ricorrenti e intense fantasie sessuali, impulsi sessuali o comportamenti sessuali in associazione a 3 o più dei seguenti:
- Tempo speso in fantasie sessuali, impulsi o comportamenti ripetitivi che interferiscono con altri importanti obiettivi, attività, obblighi (non sessuali);
- Impegno ripetitivo in fantasie sessuali, impulsi o comportamenti in risposta a stati d’umore disforici (per esempio ansia, depressione, noia o irritabilità);
- Occupazione ripetitiva in fantasie sessuali, impulsi o comportamenti in risposta a eventi di vita stressanti;
- Sforzi ripetitivi ma infruttuosi per controllare o ridurre significativamente tali fantasie, impulsi o comportamenti;
- Impegno ripetitivo in comportamenti sessuali, trascurando il rischio di danno fisico o emotivo per sé e per gli altri.
B. Vi è disagio personale clinicamente significativo o compromissione dell’area sociale, lavorativa o di altre importanti aree associati alla frequenza e all’intensità di queste fantasie sessuali, impulsi o comportamenti.
C. Queste fantasie sessuali, impulsi o comportamenti non sono conseguenza diretta di condizioni mediche, o dell’assunzione di sostanze (per esempio, una sostanza di abuso o un farmaco).
L’ipersessualità può essere anche l’effetto collaterale di alcuni farmaci (come la Levodopa) utilizzati per trattare problematiche come il Parkinson e il disturbo bipolare. Può essere, inoltre, provocata da tumori o lesioni neurologiche che intaccano aree cerebrali deputate all’inibizione sessuale.
Ninfomania e Satiriasi
Di comportamenti sessuali compulsivi se n’è sempre parlato. Il sesso è probabilmente l’argomento di maggior interesse e su cui, tabù a parte, si disquisisce con più facilità. Prima di essere chiamata “dipendenza sessuale”, l’ipersessualità era nota con i nomi di ninfomania e satiriasi. Perché due nomi (e non uno solo) e come mai proprio questi?
Secondo la mitologia greca, le ninfe erano splendide e giovani fanciulle la cui bellezza attirava il desiderio di molti uomini. Erano loro, in realtà, le prime ad utilizzare l’arte della seduzione per procurarsi continuamente nuovi partner sessuali. Le ninfe, al pari delle sirene, nascondevano un lato oscuro: la loro compagnia sembrava essere tanto piacevole quanto mortale. Spesso cadevano prede dei satiri, esseri barbuti metà uomini e metà animali (capra o cavallo), dediti ad una vita lussuriosa ed inclini a violenze selvagge. Le danze dei satiri e delle ninfe sono rappresentate in opere molto famose, che colgono la peculiarità e la complementarietà dei loro comportamenti sessuali.
Ninfomania e satiriasi sono, dunque, l’equivalente femminile e maschile dell’attuale ipersessualità che, in passato, veniva considerata un’accentuazione morbosa degli impulsi sessuali.
Satiriasi non è sinonimo di priapismo, anche se spesso in passato venivano considerati due termini interscambiabili. Il priapismo è, infatti, una condizione patologica (e il più delle volte anche dolorosa) di erezione persistente non accompagnata da eccitazione o desiderio sessuale.
Modelli teorici dell’Ipersessualità
Tirando le somme, che cos’è l’ipersessualità? In internet, se cercate questo termine, lo troverete quasi sempre affianco all’appellativo di “disturbo” proprio perché l’unica papabile diagnosi dell’ICD lo denomina in questo modo. In realtà questa è (apparentemente) una piccola imprecisione che comporta delle implicazioni rilevanti. “Disturbo” è, infatti, sinonimo di “malattia”…
Come abbiamo visto nella sezione precedente sulla diagnostica, l’ipersessualità è un quadro caratterizzato dalla presenza di fantasie e pensieri ricorrenti e intrusivi, di comportamenti sessuali eccessivi e di incapacità nel controllare la propria sessualità nonostante le conseguenze negative che da essa derivano.
Non si configura come parafilia, benché siano presenti fantasie, desideri e comportamenti intesi o ricorrenti per almeno 6 mesi, in quanto le preferenze sessuali non sono necessariamente anomale.
Non è nemmeno una disfunzione sessuale, anche se alle volte può nascondere problemi legati all’orgasmo, come eiaculazione precoce o anorgasmia, e di erezione.
L’ipersessualità è un fenomeno difficile da comprendere e, quindi, da inquadrare, perché si compone di tratti che caratterizzano almeno altre tre problematiche. Sulla base del peso che può essere dato all’uno o all’altro, è possibile collocare l’ipersessualità in modo diverso secondo tre modelli teorici.
L’opposto dell’ipersessuale? Asessuale. Per saperne di più vedi l’articolo dedicato.
Modello Compulsivo
Nel modello compulsivo l’ipersessualità è paragonata, per certi aspetti, al disturbo ossessivo compulsivo. Come per il DOC, infatti, sarebbe da considerarsi tratto distintivo la presenza di ossessioni e compulsioni.
Le ossessioni si manifesterebbero, nel caso dell’ipersessualità, come fantasie sessuali ricorrenti e intense che interferiscono con lo svolgimento delle normali attività quotidiane. Le compulsioni, invece, si potrebbero configurare come comportamenti sessuali molto difficili da contrastare e che occupano molto del tempo a disposizione della persona. Inoltre, l’atto sessuale, che sia masturbatorio o mediante rapporto con un partner, è visto come un meccanismo di rilascio dell’impulso libidico che aumenta in relazione a momenti di forte stress.
Tuttavia, a differenza del DOC, i pensieri e i comportamenti legati alla sessualità sono egosintonici, ovvero coerenti con il proprio sé. Non creano disagio alla persona, anzi: sono considerati naturali e privi di qualsivoglia aspetto problematico. Chi soffre di disturbo ossessivo compulsivo, invece, percepisce le ossessioni come fortemente intrusive. L’ipersessualità non può, quindi, far parte della categoria del “Disturbo ossessivo compulsivo e correlati”.
Modello Impulsivo
Il modello impulsivo è quello seguito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. La sessualità è vista come un disturbo da discontrollo degli impulsi. Alla base vi è l’idea che la persona ipersessuale non sia capace di gestire adeguatamente i propri impulsi sessuali: li agirebbe, senza modularli, nel momento in cui li avverte. Ciò presuppone una tensione sessuale non procrastinabile prima dell’atto e la sua liberazione durante l’agito, a cui farebbe seguito il senso di colpa. La mancanza di inibizione a causa di un malfunzionamento del lobo frontale (vedi anche: funzioni esecutive).
Tutto molto lineare, se non fosse che l’ipersessuale nella maggior parte dei casi pianifica le proprie attività per essere sicuro di avere un certo numero di rapporti, e di partner, praticamente ogni giorno.
Inoltre, la categoria dei disturbi da discontrollo degli impulsi nell’attuale versione del DSM non esiste nemmeno più. È stata sostituita con un gruppo eterogeneo di problematiche che hanno in comune comportamenti che violano i diritti degli altri e/o che cozzano con il rispetto dell’autorità o con le norme sociali in uso.
La categoria del DSM 5 dei Disturbi da comportamento dirompente, del controllo degli impulsi e della condotta comprende:
- Disturbo oppositivo provocatorio
- Disturbo esplosivo intermittente
- Piromania
- Disturbo della condotta
- Disturbo antisociale di personalità (vedi anche: disturbi di personalità)
- Cleptomania
Modello di Addiction
Infine, il modello di addiction. Gli aspetti che correlano l’ipersessualità alle dipendenze sono quelle che saltano maggiormente all’occhio e che, ad un primo impatto, ci porterebbero a collocarla del vasto dominio dei disturbi da addiction.
Vedi anche: Tossicodipendenza
Tra gli aspetti peculiari delle dipendenze, emergono:
- La tendenza alla tolleranza dell’attività sessuale (i rapporti sessuali sono sempre meno soddisfacenti).
- La comparsa di sintomi di astinenza in assenza di attività sessuale, quali: ruminazione, ansia, senso di colpa..
- La difficoltà nel ridurre, o comunque nel controllare, i comportamenti.
- L’impiego di tempo sempre più considerevole volto alla ricerca di partner.
- La riduzione del tempo dedicato ad altre attività (sparisce la socialità in favore dell’attività sessuale).
- L’agito è perpetrato nonostante comporti delle conseguenze negative più o meno importanti, come vedremo tra poco.
Quindi è corretto parlare di sex addiction, dipendenza sessuale? Beh, no. Il problema fondamentale nel catalogare l’ipersessualità come una forma dipendenza è il rischio di patologizzare un fenomeno che disturbo non è.
Se vi state chiedendo come sia possibile che l’ipersessualità non sia un fenomeno patologico, significa che non state considerando le variabili della sessualità non normativa, quella che caratterizza le minoranze sessuali. Ecco alcuni esempi di comportamenti ipersessuali che ricadono in queste dimensioni:
- Masturbazione compulsiva;
- Ricorso ad uso massiccio della pornografia (vedi anche: Sexting)
- Utilizzo massivo di sex toys;
- Pratica del cybersex (sesso via webcam);
- Rapporti sessuali con partner sconosciuti o da “una sola notte”;
- Relazioni sessuali multiple, ovvero in contemporanea
- Attività sessuale con sex workers (è reato perseguibile solo lo sfruttamento della prostituzione);
- Praticare sesso non sicuro (vedi anche: Contraccezione);
- Esibizionismo e voyeurismo (mostrare i genitali o strofinarli su sconosciuti) o, comunque, comportamenti che violano le norme.
Dipendenze Comportamentali
Chi propone l’ipersessualità come una dipendenza, la fa rientrare nella cosiddetta categoria delle “dipendenze comportamentali“. Le sostanze che creano dipendenza, di per sé, si chiamano in questo modo perché producono l’attivazione, a livello cerebrale, di sistemi di ricompensa. Tali sistemi, a base di dopamina, inducono una continua ricerca di ciò che li ha stimolati, provocando ogni volta una sensazione di piacere e benessere nell’organismo.
Negli ultimi anni il fenomeno è stato allargato anche a comportamenti che, al pari delle sostante, producono le stesse reazioni nel cervello. L’unico attualmente riconosciuto come disturbo da addiction è il gioco d’azzardo patologico. Gli altri sono ancora in sospeso per la mancanza di adeguata ricerca che li identifichi come vere e proprie problematiche mentali. Le altre forme di dipendenza sono legate all’uso patologico di internet, dell’esercizio fisico (vedi anche: vigoressia) e dello shopping.
Ipersessualità, Cause
I sostenitori del modello di sex addiction hanno dalla loro parte delle iniziale evidenze scientifiche che sono state ricavate dagli studi sui correlati neurofisiologici dell’ipersessualità. Le tecniche di neuroimaging hanno rivelato una disfunzione nel sistema dopaminergico e in quello serotoninergico, quadri tipici delle dipendenze. Dopamina e serotonina sono due importanti neurotrasmettitori implicati, tra le altre cose, nella ricerca e nella soddisfazione sessuale. Un loro squilibrio, indotto da un alterato meccanismo di controllo di regolazione neuroendocrina, provoca la mancanza di adeguata inibizione sessuale.
In generale, comunque, le cause dell’ipersessualità sono ancora sconosciute. Esistono alcuni fattori di rischio che potrebbero innescare la disfunzione neurobiologica, tra cui:
- Abusi o traumi (fisici, emotivi o sessuali), soprattutto se si sono verificati in età infantile.
- Un attaccamento di tipo insicuro.
- Una bassa autostima, che porta a cercare costantemente l’affermazione del proprio sé anche attraverso la sessualità.
- L’esposizione alla pornografia, che può indurre una forma di apprendimento sociale, ovvero mediante osservazione del fenomeno.
L’attività sessuale può essere usata, al pari di una strategia di coping, per contrastare la sintomatologia prodotta da disturbi come la depressione, il disturbo borderline di personalità o situazioni stressanti di vita (vedi anche: aborto e lutto). Se impiegata in maniera eccessiva, può trasformarsi in ipersessualità.
Conseguenze dell’Ipersessualità
Viste le caratteristiche dell’ipersessualità, non c’è da sorprendersi di quante possano essere le conseguenze negative di tali comportamenti sulla vita di un individuo.
Tanto per iniziare la promiscuità sessuale è con più probabilità legata a sesso non sicuro e, quindi, a malattie sessualmente trasmesse . Una sessualità eccessiva può portare ad alterazioni del ritmo circadiano e quindi, a problemi del sonno, oltre che a stanchezza cronica.
Economicamente, l’acquisto di grandi quantità di materiale erotico e di prestazioni sessuali a pagamento può essere una bella salassata. Per non parlare delle eventuali pratiche di divorzio o della perdita del lavoro. Si, perché le conseguenze più importanti si verificano nella dimensione relazionale.
L’ipersessualità toglie tempo alla coppia, agli amici, al lavoro e a qualunque altra attività che non sia quella sessuale. Si può tradire il partner, rovinando la fiducia alla base della relazione, come anche assentarsi dal luogo di lavoro per motivi non prettamente di “salute”.
Tutto ciò si può ripercuotere a livello psicologico. Ansia, depressione, senso di colpa o di inadeguatezza, vergogna e aggressività sono solo alcune delle conseguenze psicologiche ed emotive causate da una sessualità eccessiva.
Dobbiamo infine considerare che, nonostante l’ipersessualità non sia patologica di per sé, rende comunque più probabile la messa in atto di crimini sessuali, come abusi e molestie sessuali.
I criminali sessuali sono i sex offender. Per saperne di più leggi anche l’articolo: Sex Offender
Ipersessualità, Terapia
Non esistono dei protocolli evidence based per il trattamento dell’ipersessualità poiché non si tratta di un disturbo attualmente diagnosticabile. È possibile sceglie, dunque, tra diverse opzioni terapeutiche a seconda della cornice teorica a cui si fa riferimento, vale a dire il modello compulsivo, impulsivo e da addiction. Risultano essere particolarmente utili le terapie di approccio cognitivo, le cognitivo-comportamentali e le sistemico-relazionali per il trattamento, rispettivamente, delle cause profonde del problema, del controllo comportamentale e della risoluzione dei conflitti generati in ambito familiare.
Ad ogni modo, a meno che non vengano commessi reati sessuali, è la persona a chiedere aiuto volontariamente (o con una piccola spinta di amici o familiari) in seguito al verificarsi di eventi negativi di vita. Inizialmente, infatti, l’ipersessualità è egosintonica. Proprio perché il problema diventa tale solo quando la persona percepisce di averlo, l’ipersessualità dovrebbe essere considerata semplicemente l’insieme dei comportamenti sessuali fuori controllo.
L’obiettivo dell’intervento è quello di aiutare la persona a ripristinare una buona condizione di salute sessuale, basata su rapporti sessuali sani (senza rischi di contrarre malattie), onesti, consensuali, dediti al piacere reciproco e in assenza di qualsiasi forma di sfruttamento.
Solo esperti in questo settore hanno gli strumenti necessari per guidare la persona verso la risoluzione del proprio malessere. La terapia individuale, in cui si affronta il problema riportato singolarmente dalla persona, può essere affiancata da interventi di gruppo, che permettono la condivisione del vissuto emotivo. La terapia farmacologica, infine, può essere utile principalmente per ridurre i comportamenti compulsivi di masturbazione e il desiderio sessuale.