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Gamification: Significato, nel Marketing, a Scuola e in Azienda

Indice

Gamification è un termine che sta diventando sempre più pop, attirando l’attenzione di diversi professionisti che hanno riscoperto le potenzialità della dimensione ludica, applicandola ai più disparati contesti. Questa riscoperta è stata trainata inevitabilmente dall’industria dei videogame, che con un giro d’affari di quasi 2 miliardi e 200 milioni di euro, li ha normalizzati (nelle sue diverse forme) nella società contemporanea. Se dunque (video)giocare piace così tanto, come applicare il divertimento che ne deriva in contesti diversi? È quello che prova a fare la gamification. Scopriamo come.

Curiosità

Secondo il report del 2020 di IIDEA (Italian Interactive Digital Entertainment Association), in Italia:

  • Il 38% della popolazione (16,7 milioni) ha videogiocato nel 2020;
  • Il 44% dei gamer sono donne.

Inoltre, l’età media dei videogiocatori è di 34 anni. Altro che adolescenti!

gamification smartphone millennials

Gamification: Cos’è

L’utilizzo del termine gamification è abbastanza recente e prende piede e si consolida durante gli anni Dieci del 2000, quindi parliamo di un concetto relativamente “giovane”. Perché sottolinearlo? Perché capita frequentemente che concetti “nuovi” richiedano tempo per essere formalizzati. Detto altrimenti, è difficile trovare una definizione condivisa di gamification. Possiamo però far riferimento a una delle definizioni più diffuse, quella apparsa nel 2011 in due pubblicazioni di Deterding e colleghi:

«La “gamification” è l’uso di elementi di game design in contesti non ludici».

Come avviene tutto ciò? Attraverso l’esportazione di alcune meccaniche di gioco, quali:

  • Proprietà (ownership). L’utente possiede elementi quali punti, gettoni, badge, ecc. (vedi anche: Token economy).
  • Risultati (achievements). L’utente può ottenere il riconoscimento di aver raggiunto un determinato traguardo (da solo o in gruppo).
  • Status. Il calcolo di un certo livello/grado del giocatore, visibile dagli altri, che dà vita a un sistema di reputazione.
  • Collaborazione in comunità e missioni (community collaboration and quests). Sfide a tempo o competitive, da superare da soli o collaborando con altri giocatori.

Cosa Non è

Per capire cosa sia la gamification risulta utile chiarire cosa non sia. Per capirlo, può aiutarci concordare su cosa sia un gioco. Un gioco possiede delle regole e ha lo scopo di raggiungere determinati obiettivi da parte dei partecipanti. Sebbene oggigiorno una vastissima quota di giochi sia digitali, queste caratteristiche contraddistinguono anche i giochi analogici.

Tuttavia, non bisogna confondere i giochi (game) con i giocattoli (toys), in quanto questi ultimi non hanno un insieme di regole né a un certo punto informano chi gioca che “ha vinto”: per utilizzare un trenino giocattolo non servono particolari regole.

Inoltre, la gamification va distinta dal playful design, cioè dall’introduzione di elementi estetici o ludici ridotti al minimo che caratterizzano alcune interfacce (avete presente cosa accade quando Google Chrome va offline?).

Infine, la gamification può utilizzare solo alcune delle meccaniche di gioco per i suoi scopi, al contrario dei serious game, che invece sono giochi veri e propri – seppur utilizzati anch’essi in contesti non ludici come avviene per la gamification (basti pensare alle soluzioni Nintendo come WiiFit o il più recente Ring Fit Adventure per Switch).

In ogni caso, queste distinzioni non vanno intese in modo rigido, perché i confini tra di loro sono abbastanza sfumati.

Perché Funziona? La Teoria dell’Autodeterminazione

Lo scopo di implementare interventi di gamification è quello di aumentare l’engagement dei destinatari di questi interventi. Ci si aspetta, cioè, un certo cambiamento nelle abitudini e nei comportamenti delle persone. Alti livelli di engagement promuovono il benessere e in generale una vita felice.

L’aumento di engagement porta all’attivazione del cosiddetto stato di flow, cioè quell’esperienza intrinsecamente soddisfacente e auto-motivante, che ci spinge ad andare avanti in un compito facendoci perdere la cognizione del tempo e ignorando la fatica che ne deriva.

Infatti, tutto ciò sarebbe possibile perché la gamification sembra avere degli effetti a livello motivazionale. Per spiegare cosa avviene, prendiamo come riferimento una delle principali teorie motivazionali più diffuse in Psicologia del lavoro, la self-determination theory (SDT) di Deci e Ryan.

Sembrerebbe infatti che la gamification aumenti la motivazione soddisfacendo i tre bisogni di base individuati dalla SDT:

  1. Competenza – sentirsi di fare e aver fatto un buon lavoro, che le proprie azioni abbiano avuto gli effetti desiderati;
  2. Relazione – desiderio di avere delle interazioni significative con le altre persone;
  3. Autonomia – sentire di svolgere in maniera volontaria una certa attività, sentendo di avere il controllo su ciò che facciamo.

Non sorprende, dunque, che l’autodeterminazione possa influenzare il processo di empowerment.

Curiosità

La SDT è utile per spiegare diversi altri fenomeni, tra cui la procrastinazione e la motivazione di un workaholic.

Esempi di Gamification

Come abbiamo accennato, i campi di applicazione della gamification sono i più disparati: dai banchi di scuola, ai contesti di selezione del personale, al marketing, ma anche la promozione della salute, il turismo, la formazione e altro ancora. Due esempi concreti sono dati dal sistema di punteggi di TripAdvisor, in cui a ogni recensione scritta corrisponde un punteggio che permette l’avanzamento di livello. Analogamente, rispondendo ad alcune domande sui luoghi che visitiamo, anche Google Maps dispone di un sistema di punteggi e livelli. Ora entriamo nel dettaglio di alcune di queste applicazioni.

gamification videogame

Gamification e Marketing

Gli esperti di marketing hanno intuito rapidamente il vantaggio che l’applicazione della gamification poteva dare ai propri brand: non solo promuove la lealtà verso un marchio, ma rende visibile, quantificabile e monitorabile tale adesione. L’utilizzo di un certo prodotto non è più confinato a un’azione momentanea, ma diventa una narrazione da esporre pubblicamente.

Le potenzialità della gamification per il marketing sono estremamente evidenti se pensiamo alla diffusione dei dispostivi smart e in particolare tra i Millennials (nati tra il 1981 e il 1996): queste persone sono infatti massicci consumatori di tecnologie di gaming e smart (smartphone/tablet, principalmente). Infatti, la gamification applicata al mondo mobile può avere diversi vantaggi quali l’intrattenimento del consumatore, una maggiore rapidità delle decisioni di acquisto e altro ancora.

Inoltre, rispetto a strumenti tradizionali di marketing come gli spot pubblicitari, l’interattività che le meccaniche di gioco garantiscono, facendo vivere al consumatore diverse emozioni, finisce per influenzare la valutazione che si ha di un determinato brand, rendendo più facile ricordarsene, aumentandone potenzialmente il senso di appartenenza e identificazione.

Un classico esempio di gamification in ambito marketing è la raccolta punti dei supermercati: lo scopo è quello di sfruttare questa tendenza all’avanzamento verso un obiettivo e la promessa di una ricompensa per creare valore nel servirsi più volte della stessa catena di supermercati. Non importa, infatti, che la ricompensa sia piccola o grande, tangibile o virtuale: le persone trovano piacevole il senso di sfida, la competizione e la vittoria che il gioco porta con sé.

In definitiva, i vantaggi della gamification per il marketing sembrano essere diversi e applicabili trasversalmente a diversi suoi settori quali il service marketing, l’e-marketing e il mobile marketing.

Gamification a Scuola

La motivazione è fondamentale per l’apprendimento. Il potenziamento cognitivo, in alcuni casi, può essere un valido alleato. Non sorprende che non sia sempre possibile motivare intrinsecamente gli studenti, perché alcuni compiti possono risultare non particolarmente interessanti. In questi casi non rimane che lavorare con la motivazione estrinseca, la quale è un concetto sfaccettato. Secondo la SDT, la motivazione estrinseca sarebbe divisibile in:

  1. Regolazione esterna. La persona, spinta da contingenze esterne, vuole solo ottenere un premio o evitare una punizione (studiare per evitare di essere sgridati dai genitori);
  2. Introiezione. La persona è spinta da pressioni interne che causano un conflitto interiore (come orgoglio o vergogna).
  3. Identificazione. Il conflitto interno diminuisce perché la persona accetta il valore sottostante un determinato comportamento, che è tuttavia ancora svolto per il vantaggio derivante dal raggiungimento di un obiettivo, che dunque non genera ancora soddisfazione (andare a correre per mantenersi in forma e godere di una salute migliore).
  4. Integrazione. Non c’è più conflitto interno, tanto che si parla di motivazione estrinseca auto-determinata.

Alla luce di quanto detto, la gamification permetterebbe di posizionarsi tra l’introiezione e l’identificazione, evitando la debole regolazione esterna. Secondo alcune ricerche, questo aumento di motivazione porterebbe anche ad un aumento delle prestazioni degli studenti (vedi anche: Studio universitario). Un esempio è rappresentato da uno studio condotto su studenti dislessici, tra l’altro con risultati soddisfacenti, suggerendone l’adozione anche per altri casi di Bisogni Educativi Speciali (vedi anche: Disturbi Specifici di Apprendimento).

Curiosità

In ambito scolastico, sta acquistando sempre più popolarità la piattaforma Kahoot!, che consente ai docenti di creare test interattivi per i propri alunni, assegnando punteggi, tempi e modalità di risposte diverse per ogni singola domanda posta. Gli alunni potranno rispondere tramite l’app sul proprio smartphone o tramite un qualunque browser presente su un computer.

Vedi anche: Internet e ragazzi

Azienda e Gamification

In considerazione dei bassi valori di engagement nei contesti lavorativi, l’utilizzo di strategie di gamification sta diventando quasi indispensabile. Questo perché l’engagement è fortemente legato alla performance lavorativa, a prescindere dal tipo di azienda o nazione in cui si lavora. Si punta dunque ad aumentare questi livelli rendendo più interessanti i processi aziendali, rendendo la gamification un’interessante opportunità per i professionisti che operano nelle Risorse Umane e nella Psicologia del lavoro.

Curiosità

Sai quali sono alcuni degli ambiti di intervento della Psicologia del lavoro?

Tra questi processi, ricordiamo la formazione e il processo di ricerca e selezione del personale.

Formazione

Il vantaggio competitivo fornito da un costante aggiornamento professionale penso non abbia bisogno di spiegazioni. Tuttavia, come avviene con la formazione scolastica, il problema motivazionale non può essere ignorato.

Fortunatamente, la gamification consente di dare una rinnovata a certi sistemi formativi, rendendoli più interessanti e facilitando l’apprendimento dei contenuti. Non a caso, il gioco è anche usato nel trattamento della discalculia. Giocare permette di apprendere migliorando, per esempio, la memoria, le funzioni cognitive o la capacità di collaborare con gli altri. Per poter giocare, è necessario richiamare conoscenze precedenti e utilizzare in contesti nuovi, mettendo alla prova le capacità di problem solving dei discenti. Inoltre, in contesti di gruppo, le persone apportano la propria expertise assieme a quella altrui per raggiungere un obiettivo comune, favorendo socializzazione tra colleghi, di cui si riconosce il valore dimostrato.

Un esempio di gamification sono le piattaforme di e-learning che permettono una formazione “spacchettata”, in cui magari uno dei pacchetti richiede il completamento di altri pacchetti formativi (dinamica familiare a molti videogiocatori), il tutto arricchito da una percentuale di avanzamento, da checklist che mostrano quali attività sono state completate e badge da riscattare una volta concluso il corso e superato un esame, magari da mostrare su altre piattaforme tramite condivisione.

Recruitment

L’incontro tra domanda e offerta di lavoro può rivelarsi un processo significativamente faticoso.

Da un lato, i candidati spesso dovranno caricare un CV, inserire manualmente varie informazioni tramite form interminabili e a volte riscrivere in formato “leggibile” il proprio CV su un editor di testo. Ora, immaginate (se non avete già sperimentato questa sensazione) di ripetere questo processo per ogni candidatura effettuata. E siamo solo all’inizio del processo. Suona noioso e frustrante? Perché lo è.

Dall’altro lato abbiamo recruiter intasati di profili inidonei, incompleti o realizzati svogliatamente, rendendo lo screening più faticoso di quello che potrebbe essere.

gamification recruitment

Qui entrano in gioco le potenzialità della gamification, i cui vantaggi possono essere così riassunti:

  • Aumenta l’engagement dei potenziali candidati;
  • Facilita l’ottenimento di informazioni sul candidato;
  • Facilita la scoperta di talenti (vedi anche: work life balance);
  • Rende lo screening delle candidature meno soggetto a potenziali bias derivanti da una scrematura effettuata tramite analisi del curriculum (in termini di pari opportunità o prime esperienze, in cui un CV può dire poco);
  • Riduce stress e ansia tipici di questa attività;
  • Migliora l’employer brand, specialmente in considerazione dell’attrattività che può esercitare sui Millennial (i quali rappresenteranno entro il 2025 il 75% della forza lavoro).
Curiosità

Sai quali sono alcune tra le competenze trasversali più ricercate dai recruiter?

Un esempio è la Code Jam di Google, in cui migliaia di programmatori si sfideranno per rientrare (dopo diversi round) nei top 25 che vinceranno un premio di 15.000 $ – mentre Google scopre talentuosi sviluppatori.

Ovviamente la gamification non è una panacea (vale la pena sottolineare i costi economici e di gestione di un processo simile), per cui non significa abbandonare un approccio più tradizionale, quanto semmai integrarlo per renderlo più efficace e più efficiente.

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