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Turnover: Significato, Traduzione, Aziendale

Indice

Turnover è un termine che indica la sostituzione di parte del proprio personale con altri lavoratori. Sebbene in parte inevitabile, quando assume proporzioni eccessive, diventa un problema da non sottovalutare. La sua importanza ha dunque spinto ricercatori in Psicologia del Lavoro e in ambito organizzativo a cercarne le cause ed eventuali rimedi. Scopriamo ne dettaglio di che si tratta.

Traduzione di Turnover

Letteralmente, turnover può essere tradotto come “avvicendamento” o “ricambio” e ha perfettamente senso nel momento in cui stiamo parlando di staff/employee turnover, che dunque fa riferimento al ricambio del personale.

Questa traduzione, seppur corretta, sembra non attecchire particolarmente nel contesto italiano, dove (ancora una volta) il termine originale in lingua inglese viene preferito a eventuali traduzioni. Anche in questo articolo verrà utilizzato il termine turnover.

Visto il loro legame, è meglio accennare adesso anche alla traduzione di retention, termine che indica letteralmente l’opposto del turnover, e che dunque possiamo rendere con “mantenimento” o “conservazione” della medesima forza lavoro. Tuttavia i termini non vanno confusi, perché come sottolineano Mitchell e colleghi, la psicologia del rimanere è diversa dalla psicologia dell’andarsene.

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Carta foto creata da rawpixel.com – it.freepik.com

Turnover: Significato

Per capire il significato di turnover, possiamo utilizzare le definizioni presenti nel Dizionario di Psicologia dell’American Psychological Association (APA).

La prima lo descrive così:

in contesti industriali e organizzativi, il numero di dipendenti che lasciano il posto di lavoro durante un determinato periodo. Si distingue generalmente tra turnover controllabile, come per licenziamento o dimissioni volontarie, e turnover non controllabile, come per pensionamento o esuberi.

Dopodiché, l’APA fa una distinzione in base alla volontarietà del turnover, distinguendo tra:

  • Turnover involontario, il quale può essere non controllabile (morte, pensionamento, ecc.) o controllabile (infortuni, violazioni disciplinari, ecc.). Un alto tasso di turnover involontario controllabile è quasi sempre indice di gravi problemi organizzativi.
  • Turnover volontario, che si verifica solitamente quando si va in un’altra azienda. Un alto tasso di turnover volontario può essere un indicatore di scarsa soddisfazione sul lavoro.
Curiosità

In Italia, il pensionamento è forzato al raggiungimento di determinati limiti di età (differenti per dipendenti pubblici e privati) stabiliti dalla riforma Fornero.

Come vediamo, ci sono motivazioni concrete per ritenere il turnover un serio motivo di preoccupazione per le aziende. Cerchiamo di capire cosa caratterizza questo problema.

Calcolo del Turnover

Il tasso di turnover è calcolato dividendo il turnover controllabile per il numero di dipendenti nell’organizzazione o unità durante questo periodo. Chiaramente il valore ottenuto va contestualizzato in base al settore in cui l’azienda opera, dalle dimensioni dell’azienda e da altri fattori ancora.

Per ottenere le informazioni necessarie al calcolo è dunque bene fare attenzioni alle fonti (in modo da distinguere il tipo di turnover). Per esempio, se usiamo i commenti dei manager o le exit interview (colloqui di fine rapporto in cui si cercano di indagare i motivi che hanno spinto la persona a uscire dall’azienda), dobbiamo fare attenzione a potenziali bias (vedi anche: effetto Dunning-Kruger). Infatti, chi rassegna le dimissioni potrebbe non essere sincero per evitare di tagliare i ponti/farsi terra bruciata attorno. Per questo, è auspicabile effettuare un ulteriore colloquio condotto da terze parti a distanza di tempo.

Curiosità

Dal calcolo del turnover emerge che nella tua azienda vanno via molte donne o persone appartenenti a minoranze etniche? Allora potrebbe esserci un problema di sessismo e pregiudizio (vedi anche: omofobia).

Turnover Aziendale

Il turnover aziendale è dunque qualcosa di decisamente complesso: riguarda infatti tanto quanto l’azienda quanto i lavoratori; ha sia effetti negativi che positivi; è importante che non raggiunga livelli molto alti ma non è nemmeno ineliminabile né sarebbe auspicabile che lo fosse. Cerchiamo di capire perché.

Conseguenze per i Lavoratori e l’Azienda

Hom e colleghi hanno recentemente sintetizzato le principali conseguenze del turnover, seguendo il modello di Mobley, che distingue tra conseguenze per i lavoratori e per l’azienda.

Conseguenze per i Lavoratori

Gli aspetti positivi del turnover per i lavoratori si verificano chiaramente nel caso in cui si abbandoni l’attuale compagnia alla ricerca di qualcosa di meglio (lavoro più gratificante, meglio pagato, migliore work-life balance, ecc.) o per sfuggire a situazioni lavorative deleterie (stress lavoro correlato, mobbing, burnout, diventare workaholic, ecc.).

Le conseguenze negative possono riguardare la perdita di seniority, dei benefit, lo stress di iniziare un nuovo lavoro (che potrebbe rivelarsi deludente), il dover eventualmente ricominciare tutto in un’altra città (costo della vita più alto, costo del trasferimento, riduzione della rete sociale di contatti, ecc.), tensioni con il partner (interruzione della carriera, distanza, istruzione dei figli, ecc.).

Curiosità

Boswell e colleghi parlano di effetto luna di miele-postumi della sbornia (honeymoon-hangover effect) per descrivere l’immediato aumento di soddisfazione lavorativa quando si cambia lavoro, a cui segue un’evidente diminuzione dopo che ci si ambienta al nuovo contesto.

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Ufficio vettore creata da storyset – it.freepik.com

Conseguenze per l’Azienda

Per l’azienda, tali conseguenze dipendono dalla qualità della forza lavoro che abbandona l’azienda.

È chiaro che se a lasciare la compagnia sono i cosiddetti high performer (colore che mostrano prestazioni lavorative elevate) o i talenti, diventa difficile rimpiazzarli, a causa della rarità del loro insieme di competenze hard e soft. Quindi vanno sommati una serie di costi, come quelli di selezione del personale, onboarding e formazione di una nuova risorsa, perdita di produttività (specialmente nel caso di perdita di figure critiche), del portafoglio clienti, effetti sul team e sul morale dei dipendenti – in sintesi, turnover disfunzionale.

Se ad andarsene sono invece i poor (o low) performer, sebbene inizialmente spiazzante, potrebbe non essere qualcosa di così negativo. Infatti, sostituire queste persone con high performer, potrebbe non solo aumentare la produttività e la qualità dei prodotti, ma anche portare una ventata di innovazione. Infine, il turnover volontario può favorire le aziende che avevamo comunque bisogno di ridurre l’organico, rappresentando una soluzione meno costosa di un licenziamento – in sintesi, turnover funzionale.

Quali Sono le Cause?

Avendo fatto una panoramica sulle tipologie di turnover e sulle sue conseguenze, diventa importante capire a cosa è dovuto, così da poterlo prevenire.

Quindi quali sono queste cause di cui parliamo?

Aspetti Psicologici

Sembrerebbe che la coscienziosità, la stabilità emotiva e l’apertura all’esperienza (vedi anche: personalità), così come la motivazione intrinseca, l’engagement e in particolare le proprie capacità di coping possano facilitare la stabilità lavorativa delle persone.

Vedi anche: procrastinazione ed empowerment.

Caratteristiche del Lavoro

Se le aspettative sul lavoro non combaciano con la realtà, questo disallineamento finirà per diminuire il livello di soddisfazione (job satisfaction), che a sua volta aumenterà la probabilità di spingere a cambiare lavoro.

Inoltre, buoni rapporti tra lavoratore e leader e lavoratore e colleghi rappresenterebbe un incentivo a rimanere in azienda. Non sorprende dunque che in tal senso possa contribuire anche un buon clima aziendale.

Anche le caratteristiche del proprio ruolo possono influire sull’abbandono o meno dell’azienda: sovraccarichi, conflitti e ambiguità di ruolo possono spingere il lavoratore ad andarsene (al contrario di un ruolo chiaro e ben definito).

Paghe e Promozioni

Pensare di poter ricevere una promozione (componente affettiva), la soddisfazione per la stessa (credenza) e ancor più la promozione vera e propria (evento reale) favoriscono la retention. Anche la soddisfazione per la propria retribuzione (che deriva anche da quanto si ritiene che i salari siano distribuiti secondo il merito) ma ancor di più per le ricompense dovute a eventi specifici (come i bonus una tantum) sembrano essere un buono strumento per prevenire il turnover.

Comportamenti e Pensieri di Ritiro

Il turnover può essere inteso come un comportamento (il più forte) volto a ritirarsi da una specifica situazione lavorativa (withdrawal behaviors). Altre forme di ritiro meno d’impatto sono il ritardo e (in particolare) l’assenteismo, che infatti spesso precedono l’abbandono vero e proprio dell’azienda.

E ancor più dei comportamenti di ritiro, sono i pensieri di ritiro (withdrawal cognitions) combinati a predire efficacemente il turnover. Tali pensieri sono l’intenzione di cercare un lavoro, l’intenzione di licenziarsi e pensieri legati al licenziamento. Infatti, le persone non tendono a dimettersi impulsivamente, ma a rifletterci su considerando le possibili conseguenze delle proprie azioni. Detto altrimenti, ci si chiede:

  • anche se non mi trovo bene a lavorare qui, posso permettermi di andarmene? – per esempio, ci viene offerta o siamo sicuri di trovare una posizione migliore altrove;
  • posso minimizzare eventuali perdite? – per esempio, benefit specifici di una certa azienda a cui inevitabilmente rinunciare.
Curiosità

Sapevi che dopo la pandemia, si è diffuso un fenomeno di turnover permanente chiamato Great Resignation? Sembra si sia verificato anche in Italia.

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Best Practice per Gestire il Turnover

Hom e colleghi riepilogano le strategie migliori documentate (le cosiddette best practice o buone prassi/pratiche) utili a gestire il turnover. Vediamo insieme cosa possiamo fare per mitigare questo fenomeno. È bene sottolineare che – laddove possibile – gli accorgimenti di cui andremo a parlare sono necessari ma non sufficienti, se adottati singolarmente. Quante più strategie riusciremo ad adottare, maggiore sarà l’influenza sul sistema nel suo complesso.

Fornire un’Anteprima Realistica del Lavoro (realistic job preview; RJP)

Dare quante più informazioni reali possibili ai candidati quanto prima è utile perché:

  • se le aspettative dei candidati vengono mantenute, la probabilità che il neoassunto voglia andarsene, diminuiscono;
  • la trasparenza convince i candidati che l’azienda ci tenga davvero e che dunque sia meritevole di fiducia, portando a un certo senso di dovere verso quest’ultima;
  • ci si sente più responsabili per le proprie scelte (vedi anche: decision making), aumentando la propria adesione alla stessa, fosse anche solo per ridurre la dissonanza cognitiva che può comparire alla fine della luna di miele, evidenziando gli aspetti positivi della propria scelta e minimizzando gli aspetti negativi del nuovo lavoro;
  • chi non è interessato, si autoescluderà (facendo risparmiare tempo ed energie a entrambe le parti), lasciando unicamente i candidati con una maggiore probabilità di integrarsi al contesto aziendale;
  • aumenta la capacità di coping, in quanto si ha la possibilità di organizzarsi (per esempio riducendo l’ambiguità di ruolo).

Segnalazioni (employee referral)

Chi viene assunto tramite segnalazioni dei dipendenti, è meno probabile che vada via, perché chi viene segnalato riceve informazioni più accurate da chi lo segnala e perché chi segnala sceglie solo persone che sa potrebbero lavorare bene, visto che da questo dipende pure la sua reputazione.

Curiosità

Sapevi che è possibile legare i programmi di segnalazione dei dipendenti con strumenti di gamification?

Dati Biografici (biodata)

Hom e colleghi mettono in guardia dall’usare questi dati (perché potrebbero generare discriminazioni, violazioni della privacy e danneggiare l’immagine dell’azienda). Tuttavia, alcuni di questi sembrano essere degli indicatori validi di turnover (referenze, rilevanza delle esperienze lavorative passate e livello di istruzione).

Personalità

Abbiamo già visto la relazione tra alcuni dei Big Five e turnover. Qui fugheremo i dubbi relativi alla presunta desiderabilità sociale (presentarsi come si pensa che ci desidererebbero) messa in atto dai candidati, che pare non avere luogo (anche grazie all’implementazione delle cosiddette scale Lie all’interno degli strumenti psicometrici, che individuano proprio quanto una persona si presenti in modo falsamente positivo o negativo).

Fit Persona-Organizzazione

Si tratta del match tra caratteristiche di chi lavora e ambiente lavorativo, valutabile (per esempio) tramite strumenti che indaghino i valori, per scoprire se siano rilevanti sia per l’individuo che per l’azienda. L’idea è che maggiore sarà il fit di valori tra persone e azienda, minore sarà il turnover.

Socializzazione dei Neoassunti

L’inizio di un nuovo lavoro è un momento delicato contraddistinto da incertezza e ambiguità. Il neoassunto cercherà di risolverlo cercando informazioni, di socializzare, cercando di capire cosa le altre persone si aspettano che faccia, acquistando sicurezza di sé e sentendosi accettati dagli altri. Diventa dunque importante organizzare dei programmi che rispondano a queste esigenze (per esempio, tramite programmi di mentoring). Un lavoratore ben integrato, difficilmente lascerà l’azienda.

Work Design

Il work design consiste nella definizione dei contenuti e dell’organizzazione delle caratteristiche di una mansione (compiti, attività, relazioni, responsabilità, ecc.). Se viene fatto bene, il turnover diminuirà.

Secondo Hackam e Oldham, un buon work design prevede che il lavoro presupponga l’uso di abilità diverse (skill variety), che i compiti siano ben definiti (task identity), che abbia un impatto concreto sul lavoro o sulla vita altrui (task significance), che permetta una certa flessibilità nel suo svolgimento (autonomia) – vedi anche: straining – e che si ricevano delle informazioni chiare/dirette sulla propria performance (feedback).

Aspetti Retributivi

Abbiamo già visto l’impatto degli aspetti retributivi sul turnover. Alcune strategie per gestirne gli effetti sono l’equità delle procedure retributive, un ridotto gap tra i meno e i più pagati e un salario maggiormente legato alle performance (piuttosto che alla seniority). Le aspettative possono essere tenute sotto controllo pagando in relazione alle responsabilità del ruolo ed evitando che si diffonda l’idea che all’interno o all’esterno dell’azienda, la gente venga pagata di più per svolgere lo stesso ruolo.

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