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Tecniche di neuroimaging, ne avete mai sentito parlare? Con questo termine, ci riferiamo alle tecniche utili alla mappatura diretta o indiretta della struttura e della funzione del sistema nervoso. Le neuroscienze, infatti, sono un insieme di discipline scientifiche che si occupano dello studio della relazione tra mente e cervello. Il neuroscienziato può analizzare il funzionamento sia del cervello “sano” che del cervello compromesso da condizioni cliniche. Il primo caso rientra nelle neuroscienze cognitive, mentre il secondo si riferisce alle neuroscienze cliniche.
Le tecniche di neuroimaging vengono utilizzate in entrambe le situazioni. Ma, nel dettaglio, cosa sono le tecniche di neuroimaging?
Ognuno di noi ha un cervello diverso da tutti gli altri che non ha nulla a che vedere con le classiche ‘fotografie’ dei manuali
Stephanie Forkel
Tecniche di Neuroimaging: Cosa Sono?
Letteralmente la parola neuroimaging è composta da “neuro” ed “imaging”; quindi è come se, con questi strumenti, il cervello venisse immortalato da varie prospettive e con vari scopi. Precisamente, le tecniche di neuroimaging sono un insieme di strumenti che consentono di indagare il funzionamento del nostro cervello, prendendone in esame o gli aspetti strutturali (anatomici) o gli aspetti funzionali (di “cooperazione” tra le diverse parti del cervello). Queste tecniche sono il prodotto dell’era moderna, ed hanno permesso di studiare la mente umana in modo dettagliato e, soprattutto, il cervello di persone IN VITA.
In passato, in assenza delle moderne tecniche di neuroimmagine, gli scienziati potevano studiare il cervello umano solo post-mortem, ossia su cervelli di persone defunte. In alternativa venivano usati su pazienti vivi metodi altamente invasivi, come la stimolazione elettrica intracranica (vedi gli esperimenti di Penfield).
Occhio alla fonte!
A volte capita di imbattersi in notizie come “la risonanza al cervello illumina le aree dell’amore”, “individuata l’area della bugia nel cervello”. Bisogna fare molta attenzione a questi titoli perché, pur essendo vero che certe zone cerebrali sono più attive rispetto ad altre in alcune circostanze, bisogna anche scegliere con accuratezza le fonti. La letteratura scientifica resta il miglior punto di informazione, perché non spettacolarizza le scoperte scientifiche ed utilizza un linguaggio tecnico. Ma ora, fatta questa premessa, cerchiamo di scoprire di più sulle tipologie di tecniche!
Tecniche di neuroimaging: Tipologie
Come anticipato, le tecniche di neuroimaging si differenziano in base allo scopo per cui sono state progettate. Una prima grande distinzione è tra:
- Tecniche strutturali: indagano la struttura del Sistema Nervoso Centrale (SNC) e permettono la diagnosi di malattie come tumori e lesioni cerebrali.
- Tecniche funzionali: vengono utilizzate per diagnosticare patologie neurodegenerative (Alzheimer, Parkinson, Sclerosi Multipla) e consentono uno studio dettagliato del funzionamento del cervello, ossia di come aree corticali e/o sottocorticali entrano in relazione tra loro durante le normali attività di vita quotidiana o a riposo (Vedi anche questo articolo sulla memoria autobiografica per capire come queste tecniche possono aiutare nello studio dei processi cognitivi di base).
Entrambe le tipologie hanno diversi vantaggi e svantaggi. È importante, quindi, confrontarle per capire le potenzialità e, soprattutto, conoscerne gli specifici utilizzi.
Tecniche strutturali
La Tomografia Assiale Computerizzata (TAC) è una tecnica strutturale che consente di ottenere immagini bidimensionali del cervello. È particolarmente indicata a seguito di ictus emorragico, in quanto tra i vantaggi nel suo utilizzo spicca la buona visualizzazione della lesione.
A seguito di un ictus ischemico (non emorragico) è possibile che l’area lesa e quella immediatamente vicina si confondano a causa dell’Effetto Fogging. Generalmente, i medici eseguono una TAC non prima di 48 ore dall’insorgenza dell’ictus ischemico.
La TAC è sicuramente meno costosa della Risonanza Magnetica (RM), può essere usata con pazienti claustrofobici (più in generale per le persone che soffrono di disturbi d’ansia) o che non possono essere sottoposti a campi magnetici (ad esempio, i portatori di pacemaker). Se con la TAC è possibile individuare lesioni a livello cerebrale, con la RM si arriva a studiare piccolissime aree, non accessibili alla TAC.
La RM non sfrutta raggi X (come la TAC), ma campi magnetici grazie ai quali, in modo del tutto non invasivo, si può ottenere una ricostruzione tridimensionale, altamente fedele del cervello!
Cosa accadrebbe ad una persona se indossasse oggetti metallici durante una RM? Gli oggetti di materiale metallico in un campo magnetico intenso come quello della RM potrebbero essere spostati con una forza tale da provocare conseguenze molto pericolose per la persona che si sottopone all’esame. Anche quando devono essere eseguite delle risonanze urgenti, come subito dopo un incidente stradale, il tecnico deve essere cauto perché nel caso di schegge vicine a vasi sanguigni, queste potrebbero provocare danni ai tessuti.
Tecniche funzionali
Oltre la RM strutturale, esiste anche la Risonanza Magnetica Funzionale (fMRI), che si basa sugli stessi principi della RM. Rileva cambiamenti nella quantità di ossigeno nel sangue, tramite un confronto tra l’emoglobina ossigenata e l’emoglobina deossigenata. Grazie alla sua ottima risoluzione spaziale, è la metodologia più utilizzata nell’ambito clinico e di ricerca, in quanto risponde perfettamente alla domanda: “dov’è la lesione/dov’è l’area che mi interessa analizzare?”. Permette, infatti, di indagare su quesiti affascinanti ed attuali, che ben si sposano sulle recenti innovazioni in ambito di Intelligenza Artificiale (IA).
La Locked-in syndrome è una sindrome in cui il paziente è consapevole dell’ambiente circostante, ma non è in grado di interagire con esso. Sono frequenti i casi clinici in cui nei pazienti in stato vegetativo a cui viene dato il compito di immaginare di giocare a tennis mentre stanno eseguendo una fMRI, si registra un’attivazione dell’Area Supplementare Motoria (SMA). Sorprendentemente, quel che si riscontra è una quasi totale sovrapposizione tra la SMA attiva nei pazienti in stato vegetativo con locked-in syndrome e la SMA di persone “sane” che non hanno la patologia. Risultati del genere sono molto interessanti perché in futuro si potrà pensare di utilizzare nuovi canali per riuscire a comunicare con pazienti che, apparentemente, non percepiscono i segnali che provengono dallo spazio circostante.
L’Elettroencefalogramma (EEG) ha proprietà opposte rispetto alla fMRI: eccellente risoluzione temporale ma scarsa risoluzione spaziale. In altre parole, con questa tecnica si può rispondere alla domanda “quanto tempo fa il cervello ha ricevuto lo stimolo per far partire il comando?”. Già, è come se il cervello fosse una grande macchina, composta da tanti piccoli ingranaggi che occupano spazio ed emettono suoni. Proprio a causa di questa “confusione” i tracciati dell’EEG potrebbero non registrare con precisione la fonte dell’impulso nervoso!
Dal punto di vista sperimentale, l’EEG è da sempre adoperato per studiare bizzarri fenomeni percettivi e relativi all’attenzione, tra cui l’Effetto Cockatil Party. Quante volte ci è capitato di trovarci in una stanza affollata ed ascoltare una conversazione particolarmente interessante che si svolge dall’altra parte della stanza? Per percepire meglio il suono che proviene da lontano vengono persino attenuate le voci dei vicini. Anche se può sembrare assurdo, per averne una prova oggettiva basta affidarsi ai tracciati dell’EEG, che registrano le variazioni dell’attività elettrica in relazione ai diversi stimoli!
Tecniche di neuroimaging: Ambiti Applicativi
A grandi linee abbiamo stabilito come possibili ambiti applicativi delle tecniche di neuroimaging sia lo studio del cervello con patologia, che del cervello sano. Per questa seconda casistica, si può agire a diversi livelli:
- Prevenzione: patologie come la demenza, riconducibili a causa di natura medica, possono essere precocemente identificate grazie ad esami specifici.
- Monitoraggio in itinere: se si sospetta un declino cognitivo, può essere controllato nel corso dei mesi per contrastarne l’avanzamento.
- Valutazione di efficacia: quando si esegue un programma di potenziamento cognitivo, è possibile misurarne gli effetti con delle indagini di neuroimaging.
La ricerca scientifica consente di migliorare continuamente queste tecniche. Dunque, la ricerca stessa è un ambito applicativo sempre in aggiornamento. Esistono alcune metodiche meno conosciute rispetto a quelle citate finora. È proprio su queste che la ricerca si sta concentrando: le Non-Invasive Brain Stimulation (NIBS), tra cui la Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS) e la Stimolazione Elettrica Transcranica (t-ES).
Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS)
La caratteristica principale della TMS è la capacità di creare lesioni virtuali, che simulano una reale lesione tramite l’interruzione temporanea della normale attività cerebrale. Tramite un coil si possono, così, indurre dei campi magnetici che vanno a ricreare le medesime condizioni di sintomi come neglect, afasia, amnesia o aprassia.
L’induzione elettromagnetica genera sullo scalpo risposte di due tipi:
- Attivazione: induzione dell’attività elettrica di un’area che altrimenti sarebbe poco attiva.
- Inibizione: riduzione dell’attività elettrica di una certa area cerebrale.
Stimolazione Elettrica Transcranica (t-ES)
Se la TMS è una metodica di neurostimolazione, la t-ES comprende tecniche di neuromodulazione, che si basano sul concetto di neuroplasticità: capacità del SNC di produrre nuove cellule e nuove connessioni durante tutto il corso della vita.
La tES prevede l’erogazione di una corrente elettrica a bassissima intensità sullo scalpo, mediante uno stimolatore alimentato a batterie e due elettrodi. A seconda del tipo di corrente erogata, si parla di Stimolazione Elettrica a Corrente Continua (tDCS), a Corrente Alternata (tACS) o Random Noise (tRNS). Modificando alcuni parametri, la t-ES mostra un grande potenziale terapeutico trattamento dei disordini neurologici e psichiatrici, come la depressione.
Il mondo delle neuroscienze è certamente affascinante. L’aspetto più interessante è il fatto che questi ausili tecnologici non esisterebbero senza l’uomo, che lavora spinto dalla curiosità di capire i meccanismi governano in nostro funzionamento!
Le neuroscienze cercano di semplificare le cose ascrivendo l’intero comportamento umano al cervello
Deepak Chopra