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Cattiveria, ciò che la storia ci ha lasciato in eredità e ci permette di ricordare, per non dimenticare, in occasione della Giornata della Memoria. Ogni anno, il 27 gennaio viene celebrata la commemorazione dell’Olocausto. Ciascuno di noi, quando pensa alle vittime ebree della Seconda Guerra Mondiale, di certo si chiede come possa essere possibile che nell’uomo sovvenga tanta cattiveria, odio e violenza.
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Che cuore avevano quei soldati nazisti? Come è possibile che così tante persone abbiano aderito alla politica di sterminio di Adolf Hitler? E soprattutto: erano comuni e “normali” persone come noi, come i nostri vicini, come i nostri amici? Oppure si trattava di persone affette da problematiche mentali, come ad esempio il disturbo antisociale o altri disturbi di personalità?
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Il tentativo di risposta a questi interrogativi riflette un pensiero comune e largamente depositato nella coscienza di ciascuno. I torturatori e gli assassini di quegli anni avevano del marcio dentro.
Le stesse domande sono state oggetto di considerazione e studio da parte di studiosi esperti di Psicologia Sociale, tra i quali spicca il nome di Stanley Milgram.
Nelle corso delle prossime righe di lettura, approfondiamo insieme il tema della cattiveria, dal punto di vista sperimentale.
Cattiveria, Esperimento di Milgram
Nel 1961, tre mesi dopo l’inizio del processo contro il criminale di guerra nazista Adolf Eichmann, il ricercatore Milgram concepì un esperimento. Esso è conosciuto semplicemente con il nome di “Esperimento di Milgram”.
Quale obiettivo sottendeva l’esperimento di Milgram? Principalmente quello di capire se l’imputato e i milioni di suoi complici stessero semplicemente obbedendo a degli ordini, oppure la loro cattiveria nel reiterare sofferenza fisica fosse di propria iniziativa.
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Paradigma Sperimentale
Ognuno dei 40 soggetti dello studio, tutti maschi tra i 20 e i 50 anni, aveva il compito di “insegnante”. Doveva somministrare delle prove di memoria (vedi anche memoria di lavoro) allo “studente”, ovvero un complice della sperimentazione. Chiaramente, una condizione di partenza di stress.
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Quest’ultimo, legato a una finta sedia elettrica, rispondeva con attenzione alle domande postegli e recitava chiari e sempre maggiori segnali di sofferenza. Perché? Avendo dato la risposta sbagliata, l’insegnante gli avrebbe somministrato una scossa elettrica (strumento indice di cattiveria). Tale scossa aumentava di intensità man a mano che si andava avanti con il test, fino a raggiungere i 330V: una scossa mortalmente pericolosa.
E’bene chiarire che era l’insegnante stesso a premere il pulsante della scarica elettrica, e nessun altro.
Insieme a lui vi era l’“autorità”, ovvero una persona che rappresentava il clinico responsabile dell’esperimento. Egli aveva il compito di esortare l’insegnante a continuare e perpetuare quell’atto pieno di cattiveria, anche quando lo studente avesse dato chiari segni di malessere (es. grida, richieste di sospensione dell’esperimento, dichiarazioni di battito cardiaco accelerato, ecc…) E infine, dopo tutto ciò, il silenzio durante le scosse più potenti.
Risultati
I risultati furono chiari. Siete curiosi?
Nonostante gli “insegnanti” avessero dichiarato, prima dell’inizio dell’esperimento, che non avrebbero mai esposto lo “studente” a scosse elettriche superiori ai 135V, più della metà dei soggetti (26 su 40) andò avanti durante l’esperimento, fino all’ultima scossa. Sebbene apparissero visivamente tesi e protestassero verbalmente.
Gli “studenti”, prima delle scosse finali, recitavano urlando e supplicando di placare tanta cattiveria a loro rivolta, fingendo malessere fisico. Nonostante tutto, per l’insegnante l’ ”autorità” sembrava avere la precedenza nel prendere la decisione (decision making) di premere il pulsante della scossa. Che fine ha fatto dunque l’empatia umana?
Di fatti, a esperimento finito, tutti si giustificarono dichiarando di aver dovuto obbedire a ciò che il clinico diceva. I soggetti dell’esperimento non si sono perciò sentiti moralmente responsabili delle loro azioni, ma esecutori dei voleri di un potere esterno.
Milgram, Esperimento e Fattori
Milgram notò, a proposito della cattiveria testata sperimentalmente, che esistono alcuni fattori particolari.
Tali fattori fanno sì che un individuo, posto di fronte a un’autorità, non si senta più libero di intraprendere condotte autonome. Di quali fattori si tratta? Vediamolo più nello specifico?
- Percezione della legittimità dell’autorità. Il clinico dell’esperimento incarnava la scienza e la medicina.
- Adesione al sistema di autorità. Tutti veniamo educati a obbedire nel processo di socializzazione.
- Pressioni sociali. Disobbedire significherebbe mettere in discussione le qualità dell’autorità o rompere l’accordo fatto.
- Distanza. In questo caso fisica sia tra “insegnante” e “studente” sia tra “insegnante” e “autortà”.
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Gradi di Distanza
Nello specifico, Milgram sperimentò quattro diversi gradi di distanza tra insegnante e studente.
- Primo, l’insegnante non poteva né vedere né sentire lo studente.
- Secondo, poteva solo ascoltarlo.
- Terzo, poteva sia vederlo che ascoltarlo.
- Quarto, doveva somministrare le scosse premendo egli stesso la piastra sul braccio dello studente, invece che premere a distanza un pulsante come nei tre casi precedenti.
Le seguenti sono le percentuali di insegnanti che sono arrivati fino all’ultima scossa in ogni tipo di situazione: nel primo, il 65%; nel secondo, il 62,5%; nel terzo, il 40%; infine nel quarto, il 30%.
Obbedienza e Cattiveria
All’interno di questo paradigma sperimentale sulla cattiveria umana, Milgram dimostrò che l’obbedienza ha una variabile situazionale. Dipende cioè dal contesto in cui un individuo si trova, e risponde a una ridefinizione del significato della situazione. Infatti, ogni situazione è caratterizzata da una sua ideologia che definisce e spiega il significato degli eventi che vi accadono. Questo ridefinisce i princìpi per cui un individuo acquista coerenza in ogni diverso contesto.
Nel caso dell’esperimento di Milgram, i soggetti hanno accettato la definizione della situazione proposta dall’autorità. Essa li esortava a continuare con frasi come “l’esperimento richiede che lei continui”, “è assolutamente indispensabile che lei continui”, “non ha altra scelta, deve proseguire”. Questo ha permesso che gli insegnanti ridefinissero una situazione moralmente incoerente con ciò che avevano precedentemente dichiarato. Non solo, anche distruttiva.
Tale ridefinizione del significato della situazione fa sì che l’individuo si attribuisca il ruolo di “agente” della volontà di qualcun altro, per cui la responsabilità delle sue azioni non viene percepita come propria, bensì attribuita al di fuori di sé, all’autorità.
Esperimento di Milgram ed Errori di Sperimentazione
Alcuni autori e gli stessi familiari degli “insegnanti” denunciarono alcuni errori nella sperimentazione di Milgram.
Vedi anche: bias.
Sostennero che lo sperimentatore che rivestiva i panni dell’”autorità” avesse forzato i soggetti contro il proprio volere, fino a causarne un’alterazione del sé, stati di ansia e confusione.
Vedi anche:
In realtà queste opposizioni possono non essere considerate, non essendo stati gli insegnanti privati della loro libertà di scelta.
Sicuramente vi erano delle condizioni precise. Appunto la presenza di un’autorità, un contratto firmato che però permetteva ai soggetti di tirarsi fuori dall’esperimento in qualsiasi momento, una retribuzione e le condizioni precedentemente elencate. Per cui gli insegnanti sono di certo stati influenzati in qualche modo.
Ma la domanda che ci si pone è la seguente. Esiste forse una situazione, nella nostra vita, in cui non entra in gioco alcun tipo di influenza, neppure sulla cattiveria?
Cattiveria, Conclusioni Espermento di Milgram
Ovviamente Milgram non ha voluto giustificare le azioni di Adolf Eichmann, successivamente condannato a morte per genocidio e crimini di guerra.
Questo esperimento, le sue riproduzioni, gli esperimenti ad esso simili, come l’Esperimento carcerario di Stanford di cui parleremo in un successivo articolo dedicato al tema della cattiveria, hanno voluto far luce su una questione importante.
Quanto l’essere umano possa involontariamente, ciecamente, quasi irrazionalmente trasformarsi in una creatura che, oggettivamente, ognuno di noi definirebbe disumana e piena di cattiveria!
Tutti gli esperimenti poco sopra elencati hanno replicato i risultati dell’Esperimento di Milgram.
Potrei diventare anch’io cattivo?
“La cattiveria è degli sciocchi, di quelli che non hanno ancora capito che non vivremo in eterno.”
(Alda Merini)