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Prosopagnosia: Cos’è? Congenita, Acquisita, Test e Trattamento

Indice

Prosopagnosia deriva dal greco “prosopon” (faccia) e “a-gnosis” (senza conoscenza). La prosopagnosia è un deficit neurologico, che rende l’individuo incapace di riconoscere facce familiari. Talvolta, può accadere di non riconoscere il proprio volto nello specchio. Per le sue caratteristiche, la prosopagnosia è tanto affascinante per chi la studia, quanto devastante per chi ne soffre.

Ma cerchiamo di capirne di più!

 

 

 

Prosopagnosia: Cos’è?

Il volto contiene elementi essenziali, che favoriscono la lettura delle emozioni dell’altro, attraverso la comprensione delle espressioni facciali. Provate per un attimo a visualizzare occhi, naso e bocca e a sostituirli con un’immagine sgranata e poco definita. Questo è quello che vedono le persone che soffrono di prosopagnosia.

La prosopagnosia è un sintomo che rientra nella grande famiglia delle agnosie, ossia disturbi a causa dei quali le persone che ne soffrono non riescono a percepire selettivamente delle categorie di oggetti. La prosopagnosia, dunque, impedisce il riconoscimento dei volti familiari, compreso (in alcuni casi) il proprio. La caratteristica che rende affascinante questo tipo di sintomo è la sua selettività, che si manifesta in due aspetti:

  • I prosopagnosici risalgono all’identità della persona di cui non percepiscono il volto attraverso altre modalità sensoriali, per esempio attraverso la voce.
  • La difficoltà che i prosopagnosici hanno nel riconoscere i volti NON si riscontra per altre categorie di oggetti.

Curiosità

Sapevi che anche Brad Pitt ha la prosopagnosia?Nessuno mi crede, ma per me è un vero problema! Voglio incontrare un’altra persona che ne soffre”. La sua è una testimonianza molto importante, che potrebbe convincere chi pensa di avere la prosopagnosia, a rivolgersi ad uno specialista ed eseguire dei test diagnostici.

Cause

Tra le cause della prosopagnosia acquisita (vedi  differenza tra prosopagnosia congenita ed acquisita) le più frequenti sono l’ictus ischemico e l’ictus emorragico. In altri casi è dovuta all’avvelenamento da monossido di carbonio o a traumi cranici legati ad incidenti stradali o sportivi.

Anche a seguito di lobectomie finalizzate ad asportazione di focolai epilettogeni in pazienti con epilessia, se esportate determinate aree (prima fra tutti la zona del giro fusiforme), una conseguenza potrebbe essere la perdita dell’abilità di riconoscimento dei volti familiari.

È opportuno ricordare che in tutti questi casi, a seguito dell’evento scatenante, la prosopagnosia può: o essere l’unico sintomo neurologico manifesto, oppure presentarsi insieme ad alterazioni di altre funzioni cognitive, come le funzioni esecutive, la memoria, l’attenzione, e le prassie.

Il medesimo principio si applica anche quando l’eziologia del sintomo è di tipo neurodegenerativo. Nello stadio avanzato dell’Alzheimer, ad esempio, la persona potrebbe non solo non ricordare un episodio trascorso con il proprio caro, ma anche non riuscire a rievocarne il volto.

Approfondimento

L’elaborazione dei volti a livello cognitivo richiede una serie di passaggi (vedi il modello di Bruce e Young per approfondire), ai quali corrisponderebbe l’attivazione di aree cerebrali specifiche. Le ricerche scientifiche degli ultimi vent’anni hanno dimostrato che almeno quattro aree cerebrali sono coinvolte nel processamento delle facce intese come stimoli visivi:

  1. Fusifor Face Area (FFA): localizzata nel giro fusiforme, quest’area funzionale risponde maggiormente a volti presentati in orientamento canonico rispetto a facce sottosopra;
  2. Occipital Face Area (OFA): si attiverebbe in presenza di singole componenti facciali;
  3. Superior Temporal Sulcus (STS): analizzerebbe gli aspetti “variabili” dei volti, per esempio, l’espressione emotiva;
  4. Anterior Temporal Face Patch (ATFP): medierebbe l’identificazione di volti familiari.

Sembra che la OFA rivesta un ruolo decisivo nell’analisi di singole componenti della configurazione globale, mentre alla FFA spetterebbe un posto privilegiato come sede dei meccanismi olistici, che ci permettono di percepire i volti come Gestalt. Gli studi dimostrano che nei soggetti prosopagnosici, l’attività metabolica della FFA, misurata con tecniche di neuroimaging, è notevolmente inferiore rispetto ai soggetti “sani”.

Prosopagnosia: Congenita e Acquisita

Prosopagnosici si nasce o si diventa? Attorno a questo dibattito, i neuropsicologi e i neuroscienziati hanno costruito la principale dicotomia legata alla prosopagnosia, ed hanno portato nel corso del tempo numerose evidenze scientifiche a supporto dell’esistenza di entrambe le manifestazioni sintomatologiche. Quindi, la risposta al quesito iniziale è: si può sia nascere che diventare prosopagnosici.

Prosopagnosia congenita

Si stima che la prevalenza della prosopagnosia congenita sia del 2,5% nella popolazione mondiale. La prosopagnosia congenita consiste nell’incapacità innata di riconoscere i volti. Spesso queste persone non si rendono conto della loro difficoltà perché per loro non hanno mai sperimentato altri modi di percepire ed identificare le facce conosciute. (Vedi anche pareidolia come possibile marker).

Riescono a risalire all’identità dell’altro o attraverso indizi visivi NON riguardanti il volto (capelli, camminata, modo di vestirsi) o tramite indizi non visivi (suono della voce, profumo indossato). Sicuramente sono poco consapevoli perché riescono a mascherare bene la lacuna, colmandola con le strategie appena menzionate.

D’altra parte, però, rispetto a chi soffre di prosopagnosia acquisita, non hanno un metro di paragone tra un prima (riuscire normalmente a identificare le facce conosciute) e un dopo (incapacità di riconoscere volti).

Prosopagnosia acquisita

Aver acquisito la prosopagnosia vuol dire aver perso, a seguito di un evento critico, la capacità di riconoscere volti, precedentemente posseduta. Questo comporta anche una diversa gestione delle emozioni relative ad un’abilità che è venuta meno. La perdita può essere graduale oppure improvvisa.

Nel primo caso la progressione del sintomo è lenta ed ingravescente perché rientra nel quadro delle patologie neurodegenerative. È il caso prototipico del paziente con Alzheimer che nelle fasi più avanzate della malattia non ricorda più i volti dei parenti e di chi si prende cura di lui. Se, invece, la causa scatenante è un ictus, la persona perde la capacità di ricordare volti subito dopo l’evento traumatico.

Tornando agli aspetti emotivi, è l’impatto con questo nuovo modo di vedere il mondo che potrebbe far insorgere problematiche di natura ansiosa e depressiva, soprattutto nei casi in cui l’ictus colpisca persone attive dal punto di vista lavorativo e sociale.

Curiosità

Nel 2017 il cantante Caparezza pubblicò la canzona Prosopagnosia, contenuta nell’album Prisoner 709. Citando la prosopagnosia, ha valuto paragonarla all’incapacità di avere un approccio empatico con il prossimo: una sorta di cecità nei confronti delle emozioni altrui!

Prosopagnosia: Test

Ma quindi, come si valuta la presenza di prosopagnosia? Esistono due tipi di misurazione: oggettiva e soggettiva. Con la valutazione oggettiva, l’intento è quello di collezionare dei dati che rappresentino in modo fedele il livello di abilità posseduto dalla persona nell’esatto momento in cui esegue una prova cognitiva. Nella valutazione soggettiva, invece, lo scopo è quello di indagare come la persona percepisce la propria abilità, soprattutto in termini di consapevolezza.

Analizziamo nel dettaglio i due tipi di valutazione!

Valutazione oggettiva

Test standardizzati da eseguire al PC (in ambito sperimentale) o carta e matita (in ambito clinico) consentono di tradurre in termini quantitativi l’abilità di riconoscimento volti. Il test più utilizzato è il Cambridge Face Memory Test (CFMT; Duchaine & Nakayama, 2006).

Il CFMT è un test costituito da volti target di uomini tra i 20 e i 30 anni, ognuno dei quali è stato fotografato nelle stesse pose e condizioni di illuminazione. Nella fase di memorizzazione, la persona deve guardare 6 volti proposti e cercare di ricordarne i tratti salienti. Questo perché in seguito, nella fase di riconoscimento, appaiono sullo schermo 3 volti. A questo punto viene richiesto di riconoscere tra le 3 facce, quella memorizzata in precedenza. Il completamento del test richiede circa 20-25 minuti.

Valutazione soggettiva

Interviste e questionari permettono di individuare l’aspetto qualitativo della prosopagnosia, rispondendo alla domanda: quanto sono abile nel riconoscere i volti? Gli items del Prosopagnosia Index 20 (PI-20; Shah, 2015) sono posti in modo tale che la persona possa ripensare a come abitualmente vede i volti nella vita quotidiana, per individuare difficoltà ed, eventualmente, proseguire il percorso diagnostico svolgendo i test obbiettivi.

Sia la misurazione oggettiva che la misurazione soggettiva concorrono alla formulazione della diagnosi di prosopagnosia, sia nella sua forma congenita che nella manifestazione acquisita. Quindi, una metodologia non è migliore dell’altra: vanno integrate per fornire una visione complessiva del profilo cognitivo, anche in vista del potenziamento cognitivo o della riabilitazione neuropsicologica successiva alla fase di valutazione!

Prosopagnosia: Trattamento

Attualmente, non è possibile intervenire chirurgicamente per “guarire” dalla prosopagnosia, e non sono ancora in commercio farmaci mirati a tale scopo. Si può sicuramente agire sul versante cognitivo, sia attraverso training specifici, sia agendo sui movimenti oculari durante l’analisi dei volti.

Generalmente, infatti, le persone con prosopagnosia tendono a focalizzarsi su elementi esterni del volto (capelli, fronte, orecchie), trascurando l’asse centrale della faccia, in particolare gli occhi. Una scansione del volto mirata a focalizzarsi sulla regione degli occhi migliorerebbe la capacità di riconoscere le facce.

Sul versante clinico, invece, si può lavorare adottando un approccio cognitivo comportamentale per affrontare le difficoltà legate alla sfera emotiva e al vissuto quotidianamente esperito da chi non ha mai potuto o non può più riconoscere i volti!

Ricerche attuali e sviluppi futuri

Sono ancora pochi in Italia i Dipartimenti Universitari che si occupano di studiare questa particolare condizione. Il Laboratorio dell’Università di Bari Aldo Moro ha direzionato il suo focus di ricerca proprio sulla prosopagnosia intesa come l’estremo inferiore lungo un continuum che va da soggetti sorprendentemente bravi nel riconoscere i volti (super-recognisers) ai prosopagnosici.

Uno studio, in particolare, ha coinvolto circa 500 persone. I partecipanti si sono sottoposti in modo volontario al CFMT e al PI-20. La seconda fase della ricerca consisterà nell’individuare, a partire dai risultati ottenuti nel primo step, i potenziali prosopagnosici e proporre loro una batteria di test e di analisi più specifiche per escludere diagnosi differenziali (ad esempio, un disturbo dello spettro dell’autismo).

Sicuramente una conoscenza più approfondita del fenomeno potrà aiutare a diffondere una maggiore sensibilità verso la prosopagnosia e a vincere lo stigma sociale che spesso la accompagna.

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