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Defusing e debriefing: cosa sono, psicologia dell’emergenza, eventi traumatici

Indice

Defusing e debriefing, tecniche di psicologia dell’emergenza sviluppate negli anni ’80 come parte integrante del protocollo Critical Incident Stress Management, sono costantemente utilizzate nella gestione di gruppi di persone accumunate dall’aver vissuto un episodio particolarmente stressante. Queste tecniche sono riconosciute a livello nazionale ed internazionale.
Ma cerchiamo di capire meglio come si articola un intervento di defusing e debriefing e, più in generale, approfondiamo insieme la psicologia dell’emergenza!

Linee guida e suggerimenti per la stesura di un piano di emergenza

Defusing e debriefing: cosa sono

Il defusing e il debriefing sono due tecniche utilizzate in psicologia dell’emergenza che hanno lo scopo di “disinnescare” (traduzione di defusing) le reazioni emotive conseguenti a disastri (come quello della recente alluvione in Emilia-Romagna). Lo scopo primario di questi interventi è abbassare i livelli di ansia e stress che stravolgono la vita delle persone coinvolte.
La normalizzazione consente una percezione della situazione non come distante da sé (sintomo tipico della dissociazione post traumatica) ma vicina a sé, reale. Ecco perché è fondamentale un intervento precoce, caratteristica propria del defusing e del debriefing.
Come accennato, queste tecniche rientrano nel protocollo CISM, che prevede le seguenti fasi:

  1. Fase pre-critica: sono Interventi Preventivi, incentrati sulla formazione in relazione alle reazioni traumatiche.
  2. Fase peri-critica: includono il Primo soccorso psicologico (supporto immediato e diretto sulla scena dell’evento) Defusing, Debriefing
  3. Fase post-critica: prevede Debriefing (multipli), consulenza di sostegno individuale e famigliare, follow-up, eventuale presa in carico psicotraumatologica di gruppo o individuale.

Defusing

Pur condividendo le finalità generali dell’intervento, defusing e debriefing hanno caratteristiche peculiari. In particolar modo il defusing:

  • Prevede la presenza di un gruppo di 6-8 persone;
  • Inizia entro le prime 12 ore successive all’evento;
  • Prevede la presenza di conduttori, che gestiscono il gruppo portando avanti l’incontro seguendo delle fasi:
  1. I conduttori dell’intervento si presentano, rendono esplicite le regole di condotta, il rispetto della privacy e gli obbiettivi dell’incontro.
  2. I conduttori chiedono ai partecipanti di descrivere esclusivamente i fatti, così come sono accaduti.
  3. I conduttori insegnano strategie di riduzione dello stress da applicare in futuri simili scenari.

Debriefing

Rispetto al defusing, il debriefing è un intervento più strutturato. Nello specifico:

  • Prevede la presenza di un gruppo di 8-10 persone tra vittime dirette e soccorritori.
  • Ci sono due figure (leader e co-leader) professioniste della salute mentale che guidano i processi di elaborazione, intercettano eventuali segni di disagio del gruppo, dirigono le 7 fasi del debriefing, che sono:
  1. Fase introduttiva: i conduttori spiegano le regole basilari del gruppo, c’è un momento di presentazione reciproca e di chiarificazione dello scopo dell’incontro.
  2. Fase dei fatti: i partecipanti descrivono l’evento accaduto a livello strettamente fattuale, escludendo gli aspetti emotivi.
  3. Fase dei pensieri: i partecipanti rievocano i pensieri, i ragionamenti rispetto a quel che è stato vissuto.
  4. Fase delle reazioni: solo a questo punto le persone possono esprimere le sensazioni e i sentimenti provati durante e dopo l’evento. Vengono identificate la parte peggiore dell’evento e le reazioni emotive (rabbia, paura, tristezza ecc…), ma le emozioni non vengono indagate approfonditamente.
  5. Fase dei sintomi: il conduttore chiede di descrivere i sintomi (emotivi, cognitivi e fisici) che i partecipanti hanno sperimentato in vari momenti dell’accaduto: durante il verificarsi dell’evento, alla sua conclusione, quando hanno fatto ritorno a casa, durante i giorni successivi all’evento stesso e nel momento attuale.
  6. Fase della formazione: la psicoeduzione nella quale il conduttore illustra le strategie di coping adattive. Ci si confronta e si riflette su modalità alternative di fronteggiamento allo stimolo stressante.
  7. Fase del reinserimento: viene fornita una breve conclusione, sottolineando le risorse personali e sociali dei partecipanti.

Psicologia dell’emergenza

Più volte è stata citata la psicologia dell’emergenza come cornice teorica di riferimento per il defusing ed il debriefing. Ma cos’è la psicologia dell’emergenza? È una disciplina psicologica che si occupa di prevenzione, monitoraggio ed intervento psico-sociale su individui o gruppi di persone che hanno in comune l’aver vissuto una situazione emergenziale. La defusione in questo aiuta.

Nel complesso, sono diverse le caratteristiche che distinguono la psicologia dell’emergenza dalla psicologia clinica:

  1. In psicologia dell’emergenza non c’è un’utenza volontaria: nel contesto clinico, ci si rivolge al professionista per affrontare nuclei tematici che emergono nella quotidianità. In psicologia dell’emergenza, invece, non c’è la motivazione ad intraprendere un percorso, in quanto è l’evento avverso ad aver causato la necessità dell’intervento.
  2. In psicologia dell’emergenza manca l’asimmetria tipicamente presente tra paziente e clinico.
  3. In psicologia dell’emergenza manca il setting formale della stanza del clinico. In emergenza anche la tenda del campo degli sfollati può diventare luogo prezioso nel quale analizzare quel che è accaduto.

Essendo una branca della psicologia relativamente recente, i percorsi di formazione in psicologia dell’emergenza fanno riferimento alla formazione post-universitaria, ed hanno come fondamenta due filoni molto più antichi e consolidati, tra cui emergono le teorie delle emozioni, in particolare la teoria polivagale.

nervo vago

La teoria polivagale

La teoria polivagale è uno dei contributi scientifici più recenti nell’ambito delle teorie dell’emozione. È un modello applicabile in modo eterogeneo alla salute, al fine di spiegare i meccanismi neurofisiologici sottostanti all’interazione tra la mente ed il corpo.
Porges, colui che ha postulato la teoria polivagale, parla di quattro possibili tipologie di attivazioni fisiologiche interne in risposta ad eventi traumatici e stressanti:

  1. Attenuazione del sistema del coinvolgimento sociale: bassa reattività, espressione piatta, elevata sensibilità ai suoni.
  2. Elevata reattività e mobilitazione: passaggio rapido da calma a ipervigilanza e reattività, tipicamente presenti nei disturbi d’ansia.
  3. Vulnerabilità al collasso e alla dissociazione: restringimento dello stato di coscienza, problemi intestinali, ipotensione.
  4. Dissociazione: collassamento cronico, tipico delle vittime di violenza e, nel regno animale, delle prede. Ci si finge morti per evitare l’attacco dell’assalitore.
Approfondimento

Protezione Civile. La Protezione Civile ha notevolmente contribuito alla missione della psicologia dell’emergenza nel contribuire all’informazione e alla formazione rivolta alla popolazione su cosa fare in caso di catastrofi quali alluvioni o terremoti. Il termine fa riferimento ad un insieme di forze messe in campo per contrastare l’emergenza in atto. Il Servizio della Protezione Civile è chiamato, essenzialmente, a svolgere attività di:

previsione: individuazione delle situazioni di rischio;

prevenzione: iniziative finalizzate all’eliminazione e dei rischi;

soccorso: interventi di prima assistenza per la popolazione colpita da calamità;

superamento dell’emergenza: assunzione dei primi provvedimenti per il ripristino della normalità.

Protezione civile

Defusing e debriefing: eventi traumatici

Si definiscono stressanti tutti quegli eventi di vita che comportano un’alterazione rispetto allo stato attuale delle cose, uno scostamento dallo status quo. Le caratteristiche che distinguono gli eventi traumatici e stressanti da quelli ordinari sono essenzialmente due.

In primo luogo, l’evento traumatico non è prevedibile. Esso alterna l’ordine delle cose, impattando sulla percezione che l’individuo ha di sé, dell’evento e del mondo circostante. Anche la memoria prospettica e la capacità di pianificazione risultano alterate, in assenza di certezza.

Connesso a questo aspetto c’è anche il tema della pervasività. Anche se il trauma riguarda solo un aspetto della vita della persona, il suo effetto si riversa a valanga ance negli altri ambiti di vita. Se, per esempio, una persona subisce violenza sul posto di lavoro, l’impatto scatenerà una serie di conseguenze anche nella sfera relazionale, per esempio con il partner.

Risulta, quindi, di vitale importanza mettere in atto le tecniche di defusing e debriefing, in quanto hanno il ruolo di contenere in prima istanza l’enorme portata emotiva dell’evento traumatico.

young woman comforting a member of her support group

Eventi naturali ed antropici

In psicologia dell’emergenza, generalmente, si parla di due tipi di eventi: naturali ed antropici. Di seguito degli esempi di fenomeni appartenenti all’una e all’altra categoria.

Eventi naturali:

  1. Sismico
  2. Vulcanico
  3. Da maremoto
  4. Idraulico
  5. Idrogeologico
  6. Da fenomeni meteorologici avversi
  7. Da deficit idrico
  8. Da incendi boschivi

Eventi antropici:

  1. Chimico
  2. Nucleare
  3. Radiologico
  4. Tecnologico
  5. Industriale
  6. Da trasporti
  7. Ambientale
  8. Igienico-sanitario
  9. Da rientro incontrollato di oggetti e detriti spaziali
Curiosità

Flashbulb memories. Solitamente, i processi mnesici sono ricostruttivi: non rispecchiano, cioè, esattamente i contenuti e le tonalità emotive della situazione esperita la prima volta. L’eccezione a questa regola sono le flashbulb memories. In questo tipo di memorie, gli individui conservano dettagliatamente e a lungo, non solo il ricordo dell’evento in sé, ma anche la circostanza in cui hanno appreso la notizia, l’attività in corso di svolgimento, la fonte della notizia, la reazione emotiva vissuta al momento, gli altri presenti e le loro reazione emotive. Caso prototipico è la caduta delle torri gemelle nel 2001.

Un drammatico momento degli attacchi terroristici della mattina dell'11 settembre 2001 a New York

“Il trauma è personale. Anche se viene negato, esso non scompare. Quando è ignorato o negato, le grida silenziose continuano interiormente e vengono sentite solo da chi ne è prigioniero. Quando qualcuno entra in quel dolore e sente le urla, la guarigione può iniziare” (Danielle Bernock)

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