Indice
Pareidolia: solo un’illusione percettiva? La pareidolia è sempre più studiata in ambito clinico e di ricerca. Se quando guardi il cielo vedi una nuvola e pensi che rappresenti un oggetto che usi quotidianamente, non sei solo bravo a catturare i dettagli ma stai anche sperimentando una pareidolia. Con questo termine, infatti, ci si riferisce a quel fenomeno per il quale tutti noi siamo portati a classificare una forma vaga ed imprecisa come familiare e chiaramente distinguibile dallo sfondo.
Alcune immagini relative alla pareidolia fanno parte della storia.
Era il 25 Luglio del 1976, quando la NASA scattò un’impressionante fotografia: un volto su Marte! Questa immagine, presente tutt’oggi su Google Earth, ha fatto il giro del Dal 1976, fotografi di tutto il modno hanno collezionato numerosi scatti di volti avvistati sul pianeta rosso, e altrettante sono state le ipotesi che si sono susseguite nel tempo.
Nella storia d’arte, se aguzziamo la vista, possiamo scorgere visi all’interno di nuvole o in alimenti. Una recente scoperta riguarda il profilo di un demone nell’affresco di Giotto dedicato alla morte di San Francesco. Più noto è il quadro dell’Arcimboldo in cui sulla tela vari ortaggi sono disposti in modo da costituire un volto ben visibile.
Se non hai mai sentito parlare di pareidolia e vuoi sapere di più, continua a leggere l’articolo!
Pareidolia: Definizione
Il termine pareidolia deriva dal greco “para-“ (sbagliato), ed “eidolon” (immagine). Consiste in un’illusione percettiva che porta a interpretare uno stimolo privo di senso come chiaro e riconoscibile. Sperimentiamo quotidianamente la pareidolia, anche se ne siamo poco consapevoli.
Quanti tipi di pareidolia?
La più comune forma di pareidolia è quella visiva. Sicuramente è anche quella più studiata, e sulla quale sono stati scritti la maggior parte dei paper scientifici. Suscitano curiosità anche altre forme di pareidolia, in particolare quella uditiva.
Sarà capitato a tutti di canticchiare una canzone inglese aggiungendo delle parole completamente inventate solo per riuscire a completare il testo e non lasciare dei vuoti. Ebbene, anche questa è una forma di pareidolia. Anche se non conosciamo le parole a memoria, le abbiniamo a quelle già presenti per avere una percezione di completezza della canzone.
Ma non finisce qui!
Suggestionabilità?
Nell’ambito della pareidolia uditiva, alcune ricerche suggeriscono che le persone che credono nel paranormale siano suggestionabili. Secondo Houran e Lange, (1996), i fattori contestuali (tra cui la suggestionabilità) porterebbero le persone a misinterpretare gli stimoli ambigui. Nel momento in cui si etichetta un contesto come “paranormale”, si innesca un circolo vizioso che porta a considerare gli stimoli/eventi ambigui come effettivamente paranormali.
Non sono da trascurare i rumori bianchi (audio senza suoni). I ricercatori hanno dimostrato che anche se i file sono privi di suoni, i partecipanti sono convinti di aver udito voci umane, rumori meccanici, o toni. Risulta fondamentale l’effetto priming.
Nella fase pre-test dello studio, ai partecipanti veniva fatto ascoltare un suono, mentre nella fase sperimentale dovevano ascoltare un nuovo suono e dire di che tipo fosse. Se il primo suono ascoltato era una voce umana, era probabile che la persona percepisse lo stesso tipo di suono nel secondo audio (anche se in realtà conteneva un rumore bianco). In sintesi, il risultato fu che: “è possibile indurre un ascoltatore a riferire di aver sentito un particolare tipo di suono, basta fargliene ascoltare un esempio poco prima”. Emerge l’esigenza di dar forma a ciò che si percepisce come indefinito!
Ci sono alcuni stimoli target che sono più soggetti al fenomeno della pareidolia. Parlando della modalità visiva, uno degli oggetti maggiormente visibile in tutti i luoghi è il volto! Siamo particolarmente suscettibili alle facce, anche quando sono rappresentate da due puntini (come occhi) e una linea (come bocca). Questo tipo di pattern è stato usato in molte ricerche sui bambini, per dimostrare che siamo naturalmente predisposti al riconoscimento dei volti (anche se illusori). L’errata percezione del volto in un bambino potrebbe, in futuro, diventare un marker per la diagnosi di prosopagnosia congenita.
Pareidolia: Gestalt
Abbiamo visto come sia comune l’illusione percettiva della pareidolia. Il nostro sistema visivo viene “ingannato” perché i nostri processi percettivi sottostanno a delle leggi, di cui gli psicologi si sono occupati sin dai primi studi scientifici.
Gli psicologi della Gestalt (termine tedesco che vuol dire “forma”) più noti sono: Max Wertheimer, Wolfgang Köhler e Kurt Koffka. Sebbene abbiano sviluppato le loro teorie in modo indipendente, l’assunto di base da cui sono partiti è che “il tutto è più della somma delle singole parti”.
Attualmente, la teoria della Gestalt (nata in Germania agli inizi del 1900) è usata nell’ambito clinico, soprattutto per i disturbi legata alla sfera percettiva. Molti dei test psicometrici che valutazione la percezione, infatti, sono stati costruiti pensando alla forma come globalità che include componenti isolabili.
Per il neglect, ad esempio, è usato il Bender Visual Motor Gestalt Test, composto da 9 figure contenenti immagini diverse che il paziente deve riprodurre al fine di misurare il livello della sua abilità visuo-motoria.
Percezione
La percezione rappresenta una funzione cognitiva di base (insieme ad altre come memoria, attenzione, apprendimento) che ha il compito di organizzare e dare ordine alle informazioni che viaggiano dall’esterno ai nostri organi sensoriali. L’informazione sensoriale viene rielaborata e le viene attribuito un senso anche grazie a delle leggi.
La psicologia della Gestalt ha sintetizzato il nostro sistema percettivo in 7 principi che ne regolano il funzionamento:
- Vicinanza: uniamo gli elementi del campo percettivo in forme con tanta maggiore coesione quanto minore è la distanza tra di loro.
- Somiglianza: uniamo gli elementi in forme con tanta maggior coesione quanto maggiore è la loro somiglianza.
- Continuità di direzione: percepiamo come unica linea, i tratti che vanno nella stessa direzione, piuttosto che quelli che vanno in direzione opposta.
- Figura-sfondo: è rilevante in base a quello che viene percepito come sfondo o come figura principale.
- Buona forma: quanto più le immagini sono regolari, simmetriche, coesive, omogenee, tanto maggiore è la probabilità che hanno d’imporsi alla nostra percezione.
- Chiusura: i margini chiusi o che tendono ad unirsi si impongono come unità figurale su quelli aperti.
- Esperienza passata: elementi che per la nostra esperienza passata sono abitualmente associati tra di loro tendono ad essere uniti in forme.
Nell’articolo Seeing Jesus in toast: Neural and behavioral correlates of face pareidolia, gli autori spiegano come sia possibile che i partecipanti ad un esperimento vedano il volto di Gesù su una fetta di pane! Durante la presentazione delle immagini noise (prive di significato), i ricercatori dicevano ai partecipanti che nel 50% dei casi erano nascoste delle facce o delle lettere. Quando le persone credevano di vedere una faccia (che non c’era), la Fusiform Face Area (FFA) del loro cervello si attivava. Quindi, la FFA “vede” volti di chiunque e ovunque, anche Gesù in un toast.
Pareidolia: Aspetti clinici
Finora abbiamo fatto riferimento a studi condotti con persone senza patologie neurologiche o psichiatriche conclamate. La pareidolia, però, è un fenomeno che si manifesta anche in popolazioni affette da queste patologie. Di seguito, alcuni esempi in cui la pareidolia si manifesta con particolari caratteristiche.
Disturbi del neurosviluppo
Tra i disturbi del neurosviluppo, i Disturbi dello Spettro dell’Autismo hanno una particolare relazione con la pareidolia. Sembra che bambini e adolescenti autistici, rispetto ai pari con sviluppo normotipico, identificano un numero significativamente minore di facce-pareidolia durante la presentazione di stimoli ambigui.
La spiegazione più plausibile per questo dato è quella secondo la quale il processamento di codifica per le facce dei bambini autistici sembrerebbe essere atipico. Di conseguenza, ciò si riflette anche nella percezione di stimoli ambigui che, quindi, farebbero fatica ad etichettare come volti umani.
Inoltre, è nota la difficoltà di comunicazione presente in questi bimbi, che rappresenterebbe un’ulteriore prova a supporto dell’ipotesi dei processi atipici durante la percezione visiva dei volti.
Patologie neurodegenerative
Le patologie neurodegenerative sono caratterizzate da sintomi eterogenei, che variano da disturbo a disturbo. La pareidolia accumuna Demenza da Alzheimer (AD), Demenza da Corpi di Lewy (LBD) e Demenza da Parkinson (PD).
- Nei pazienti con AD, la pareidolia si colloca come una forma “minore” di allucinazione e si dimostra essere un valido strumento per registrare l’esistenza delle allucinazioni visive, soprattutto nelle ultime fasi di malattia.
- Nei pazienti con LBD, la pareidolia viene sottostimata, sia dai pazienti che dai caregivers formali ed informali. I pazienti con LBD percepiscono più frequentemente i volti illusioni non come parte come centrale dell’immagine, ma in quanto dettagli o parti dello sfondo. Questo risultato rimanda al dato qualitativo secondo cui i pazienti con DLB affermano di vedere “figure umane agli angoli delle stanze”.
- Nei pazienti con PD, la pareidolia sembra essere presente, sebbene in quantità minore rispetto ai pazienti con LBD.
Test
Le potenzialità dello studio della pareidolia dal punto di vista clinico sono molteplici, soprattutto se consideriamo che esistono specifici test costruiti proprio per valutare la percezione illusoria di volti in popolazioni cliniche. Il Noise Test (Mamiya et al., 2016), ad esempio, nasce con l’intendo di studiare la pareidolia in popolazione affette da PD. Lo strumento consiste nella presentazione di diverse categorie di stimoli:
- Pure noise: immagine formata da macchie nere variamente disposte in un rettangolo bianco; definita anche “rumore di fondo”.
- Upright: stimoli ritraenti, in una porzione dell’immagine, volti stilizzati e decentrati con orientamento canonico.
- Inverted: stimoli ritraenti, in una porzione dell’immagine, volti stilizzati e decentrati con orientamento non canonico (capovolti).
In task come questi, il compito dei soggetti (richiesto tramite istruzioni sia scritte che orali) è quello di riconoscere la presenza o meno di un volto nello stimolo premendo un tasto (Z o M: in base al gruppo assegnato, Z corrisponde alla presenza del volto e M alla sua assenza o viceversa) quanto più velocemente possibile.
Pareidolia visiva, uditiva, test, e aspetti clinici. La pareidolia è questo ma anche molto altro. Restando nell’ambito dei già citati processi che regolano la percezione, è interessante far cenno a nuove frontiere della tecnologia. Deep dream, per esempio, è un software sviluppato da Google in grado riconoscere patterns all’interno di immagini e modificarle quel tanto che basta per “far emergere” un pattern specifico e renderlo visibile all’occhio umano.
La maggior parte delle immagini modificate dall’intelligenza artificiale di Google presenta occhi di animali o volti umani, in quanto i programmatori hanno fatto in modo che il software “imparasse” a riconoscere questi elementi nelle immagini da trasformare.
Insomma, la realtà che viviamo sembra non essere quella che percepiamo!